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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI SECOLO
AREA: ADRIATICO
parole chiave: Uscocchi
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Abbiamo più volte incrociato tra le nostre pagine l’Adriatico, mare insidioso in cui tempeste e pirati seminavano morte e distruzione. nelle mie ricerche di storia marittima mi sono imbattuto in una popolazione balcanica, cristiano cattolica, che si affacciò sulle coste adriatiche per sfuggire all’avanzata degli Ottomani nel XVI secolo. Al loro arrivo presso Quarnaro scoprirono presto quanto fosse vantaggioso dedicarsi al saccheggio ed alla pirateria. Raccontiamo oggi la loro breve ma intensa storia. Il loro nome Uscocchi o Uskoci, in croato, può essere tradotto come quelli “che saltano dentro”, forse un richiamo alla loro abitudine del “saltare dentro” le navi, abbordandole nelle loro attività di pirateria.
I primi nuclei di quelli che sarebbero divenuti noti come Uscocchi erano composti da esuli balcanici, soprattutto Croati in fuga dall’avanzata dei Turchi del sultano Bayezid II. I coraggiosi guerrieri, guidati da Petar Kruzic, si opposero ai Turchi nella fortezza di Clissa, per sbarrare la penetrazione ottomana dall’entroterra bosniaco alle coste croate. Una lotta impari a fronte dei potenti invasori che li portò a chiedere aiuto all’Austria, riconoscendo come loro sovrano il re Ferdinando d’Asburgo (1527) in cambio di aiuto contro l’invasore turco. Un’abile mossa politica ma che non comportò l’appoggio militare che avrebbero sperato. Alla morte di Kružić, la resistenza collassò e gli Uscocchi si dovettero arrendere ai Turchi pur di avere salva la vita.
il castello di Segna, roccaforte degli Uscocchi
I pochi superstiti si ritirarono sulla costa croata, a Segna, una roccaforte naturale circondata da foreste, impervie montagne e da coste scoscese in cui sii aprivano piccole cale sul mare, navigabili solo con piccole imbarcazioni. Un ambiente perfetto per i pirati. Non ci volle quindi molto perché questi pastori si trasformassero in marinai audaci e spietati pirati, mettendo a ferro e fuoco le coste adriatiche e sconvolgendo il traffico mercantile senza farsi molti problemi sulla loro nazionalità.
modello di imbarcazione degli Uscocchi, museo della fortezza Nehaj di Senj – fotografia di Aldo Antonicelli dall’articolo “Uscocchi, pirati o corsari?”, pubblicato da Laboratorio di Storia marittima e navale
Sebbene inizialmente gli Uscocchi arrembassero le navi commerciali turche, ben presto, in virtù della loro fede cristiana cattolica (come loro si professavano) incominciarono ad accanirsi anche contro le navi di cristiani che, per motivi mercantili, si appoggiavano ad armatori, soci o mercanti ebrei; dopo il 1540, i loro interessi si “allargarono” anche verso navi che trasportavano beni per i sudditi non cattolici della Repubblica della Serenissima ovvero greci, ortodossi ed armeni. Passarono poi ad attaccare anche le navi delle potenze cattoliche che erano in buoni rapporti con la corte ottomana (per buona parte del XVI secolo Venezia e la Francia) o che avevano stretto dei rapporti di vassallaggio con la sublime porta (come Ragusa di Dalmazia). In altre parole non importava chi passava nelle loro acque, le navi erano solo prede e coloro che non professavano in assoluto la religione cattolica e facevano affari con gli infedeli (ovvero tutti gli altri) erano legittimati ad essere considerati dei nemici. Una situazione dii insicurezza marittima insostenibile per Venezia e tutte le potenze dell’epoca che transitavano con le loro merci in Adriatico. Curiosamente, come molti gruppi criminali odierni, gli Uscocchi si dipingevano paladini della causa cristiana contro i turchi ottomani e tutti gli infedeli. Spietati e sanguinari nei loro comportamenti (la misericordia non era contemplata) si professavano però adoranti delle immagini sacre e miracolose della Vergine Maria.
Fra di essi vi furono anche alcuni sacerdoti e venturieri cattolici che si unirono ai saccheggi nel corso della seconda metà del XVI secolo, unendo la ricerca di bottino alla lotta per la salvezza della fede. Un fondamentalismo che ci dimostra che nulla di nuovo nasce su questa Terra.
modello di imbarcazione degli Uscocchi, museo della fortezza Nehaj di Senj. fotografia di Aldo Antonicelli dall’articolo “Uscocchi, pirati o corsari?”, pubblicato da Laboratorio di Storia marittima e navale
I pirati utilizzavano per le loro scorrerie delle piccole e molto manovriere imbarcazioni, in modo da che poter operare tra le isole e sotto costa. In genere erano scialuppe a remi e feluchine (a remi e vela) facilmente riparabili a terra in condizioni meteorologiche avverse o per celarsi ai loro cacciatori. Come indica una didascalia, che si trova nell’esposizione dedicata agli Uscocchi nel castello Nehaj di Senj (Segna) in Croazia, queste barche erano simili alle fuste, a remi e vela. In particolare le più usate erano le brazzere, dall’isola di Brazza – Brac, o forse perché erano spinte a braccia (brazzo); non erano trascurate anche le veloci e sottili fuste, con da 15 a 20 remi per lato e, generalmente, un solo rematore per banco. Erano dotate di un singolo albero a vela latina o una vela a polaccone a prua, ed erano armate a prora con un solo pezzo d’artiglieria. Erano così veloci che si diceva che gli Uscocchi avessero il vento, il mare e i diavoli dalla loro parte; si raccontava che fossero addirittura padroni della bora che potevano far soffiare a loro volontà: “si mettono semplicemente in disparte, accendono il fuoco e la Bora è pronta“.
Le barche erano dipinte di nero e rosso, simboli della vita e della morte, e navigavano con abilità e velocemente nei canali e negli stretti tra le isole della costa croata. Gli stessi colori erano sui loro mantelli e gilet (rossi) con vistosi berretti porpora o neri, di foggia vagamente ungherese. Non mancavano però, specie all’inizio del ‘500, armature e cotte di maglia, sia di tipo occidentale che ottomani. Non disponevano che di pochissimi pezzi d’artiglieria mentre avevano numerose armi da fuoco di piccolo calibro, anche di buona qualità (sia di provenienza occidentale e balcanica, che turca, come anche archi e frecce turchi), e armi da taglio (spade “schiavone”, alabarde) ma anche di tipo turco e balcanico.
Avevano sviluppato un proprio codice d’onore, basato sul coraggio, la fedeltà al gruppo ed ai suoi capi, alla difesa della fede cattolica e l’odio verso tutti gli “infedeli”. Questi ultimi inglobavano, per disprezzo, anche i mercanti Veneziani, Ragusani ed Anconetani che, senza nessun pregiudizio religioso ma solo per logica di guadagno, commerciavano con i mussulmani. Tra il 1500 e il 1600 la Repubblica veneta si impegnò a lungo contro di essi, con alterni risultati e con periodici blocchi delle coste e delle loro principali piazzeforti (per una ben documentata trattazione di queste operazioni si veda Guido Candiani, “Dalla galea alla nave di linea”, Città del Silenzio edizioni per la Biblioteca del Laboratorio di Storia Marittima e Navale).
in alto a sinistra cinque barche degli uscocchi che, al largo dell’isola di Pago (attuale Pag), fuggono davanti ad una galea che li insegue cannoneggiandole con il cannone di corsia, probabilmente per distoglierne l’attenzione da un altro gruppo di barche, in basso a sinistra, che assale un grosso mercantile a vele latine, da “Viaggio da Venezia a Costantinopoli” del medico, storico e cartografo friulano Giuseppe Rosaccio (ca 1530-1621), 1598. dall’articolo di Aldo Antonicelli “Uscocchi, pirati o corsari?”, pubblicato da Laboratorio di Storia marittima e navale
La situazione divenne così delicata che, nel 1540, Venezia iniziò a fornire una scorta armata anche ai mercantili turchi in Adriatico. Per risposta gli Uscocchi saccheggiarono le isole adriatiche controllate dai Veneziani tra cui Veglia, Arbe e Pago. La contromossa fu un tentativo di accordo tra la Serenissima e l’Austria, nominalmente ancora sovrana degli Uscocchi che tollerava questa attività corsara. Fu immediatamente chiaro che gli Asburgo erano troppo interessati a mantenere l’appoggio dei pirati adriatici per la lotta contro Istanbul per cui, nel 1577, Venezia intensificò le sue operazioni di polizia marittima in Adriatico con reparti di fanteria, reclutati in Albania, al posto degli equipaggi originari dalmati.
il sultano Ahmed I
Mancanza di fiducia?
La situazione era complessa ed entravano in gioco lotte etniche e rivalità. Nel 1592 un esercito turco, al comando del sultano Telli Hasan Pasha attaccò la Croazia distruggendo diversi insediamenti Uscocchi. Solo dopo la battaglia di Sisak, che diede inizio alla guerra tra gli Asburgici e gli Ottomani, questi ultimi distolsero le loro attenzioni dai pirati per concentrarsi sugli Austriaci. Nella Historia degli Uscocchi, Minucio Minuci vescovo di Zara, scrisse che la lotta tra Venezia e gli Uscocchi è come la lotta tra il leone e la zanzara espresse giudizi fortemente negativi nei confronti di questi corsari degli Asburgo che nelle loro scorrerie non facevano distinzione tra navi Ottomane o della Serenissima. Nel 1602, gli Uscocchi saccheggiarono l’Istria scatenando l’ira di Venezia (e forse anche degli Asburgo che inviarono delle truppe contro Segna senza però ottenere risultati tangibili). Le loro razzie continuarono e Venezia, non riconoscendo un effettivo impegno austriaco, entrò in guerra contro gli Asburgici.
la tragica cattura di Cristoforo Venier
Le violenze continuarono, con episodi dai toni raccapriccianti come l’assalto alla galea veneziana di Cristoforo Venier nel porto di Mandre, nell’isola di Pago avvenuto il 12 maggio 1613. Risparmiato il solo Venier, giunti presso Segna, i pirati Uscocchi “fecero smontare lui e gli troncarono il capo con la manara e spogliato il corpo lo gettarono in mare e apparecchiato il desinare posero il capo dell’infelice sopra la mensa dove stette mentre durò il servizio“. Forse consumarono anche il suo cuore nel lauto pasto.
Quattro barche degli Uscocchi che inseguono una nave nel canale tra la città di Segna e l’isola di Arbe (l’attuale Rab); in basso a destra vi è una grossa galera veneziana, da “Viaggio da Venezia a Costantinopoli” del medico, storico e cartografo friulano Giuseppe Rosaccio (ca 1530-1621), 1598. dall’articolo di Aldo Antonicelli “Uscocchi, pirati o corsari?”, pubblicato da Laboratorio di Storia marittima e navale
La guerra dei Veneziani contro gli Asburgici durò poco più di un anno e, a seguito del trattato di Madrid del 1617, gli Uscocchi furono abbandonati al loro destino. Massacrati nei loro villaggi, incominciarono una fuga disordinata nell’interno e le poche famiglie superstiti vennero deportate al confine tra la Croazia e la Carniola mentre le loro navi, che avevano terrorizzato il mar Adriatico, bruciarono sulle sue sponde. Terminava cosi la loro epoca, e la loro storia divenne leggenda con i racconti intorno al fuoco tramandati dei loro vecchi.
Con un ristabilito potere marittimo, il mare Adriatico tornava nuovamente sicuro per la prosperità di tutti.
Aldo Antonicelli
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