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Teseo Tesei, il gigante dell’Elba

tempo di lettura: 10 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: PROTAGONISTI DEL MARE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MEDITERRANEO
parole chiave: Teseo Tesei, isola d’Elba, Regia Marina italiana, X Mas, S.L.C., Malta
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Quando si racconta la vita di giganti come Teseo Tesei si corre sempre il rischio di cadere nella banalità perché non esistono parole sufficienti per descriverli. Teseo Tesei fu un abile marinaio, valente ufficiale su unità subacquee e di superficie, palombaro esperto, uomo dotato di una profonda cultura ed umanità il cui esempio alberga ancora nei suoi successori.

Teseo Tesei durante il corso palombari

Teseo Tesei nasce a Marina di Campo il 3 gennaio del 1909 da Ulisse Tesei e Rosa Carassale, ultimo di otto figli. Il nonno Demetrio e poi il padre Ulisse, gestiscono una fiorente attività commerciale con il Sudamerica con una piccola flotta composta da Golette a gabbiola, Cutter e golette tradizionali, trasportando vino elbano oltre oceano. Questa attività costringe la famiglia Tesei a trasferirsi a Firenze ma, ogni estate, per sfuggire alle torridi e umide temperature del capoluogo, si trasferiscono a Marina di Campo, dove la famiglia possiede alcune proprietà. E’ proprio sulle sue spiagge che Teseo Tesei si avvicina al mare, in un attaccamento intimo, spesso in solitudine per sentirlo ancora più vicino. A soli sei anni muore la madre Rosa e dopo pochi anni, nel 1918, anche il padre Ulisse che, prima di morire, lo affida al Generale delle Armi Navali Fabio Mibelli.

Teseo Tesei in divisa da allievo I classe della Accademia Navale di Livorno da Teseo Tesei e gli assaltatori della Regia Marina di Gianni Bianchi – ediz. Locman

Dopo gli studi presso i Padri Scolopi di Firenze, Tesei nel 1925 entra all’Accademia Navale di Livorno a soli sedici anni. Tesei è al tempo un idealista i cui eroi sono Garibaldi, Galileo, Don Bosco, Livingston e Marie Curie che crede nella giustizia. Non accetta le sofferenze dei più deboli, spesso sfruttate da false demagogie solo per fini politici, e crede in uno Stato ideale che sappia garantire ordine, disciplina morale e moralità ma che consenta anche la libertà individuale, il bene più grande per l’Uomo.

In questa lotta tra due visioni antitetiche sceglie di combattere, anche fino all’estremo sacrificio, contro il malcostume, l’affarismo becero e la decadenza morale. Parole forti che scuotono ancora oggi le coscienze. Tesei è un gigante che scuote e rende liberi e questo, ad una società in cui l’ignavia e la superficialità di molti fa comodo per il puro interesse personale di pochi, lo rende un personale scomodo.

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l’allievo I classe Teseo Tesei, dal libro del suo corso – Sala Storica Accademia Navale di Livorno

Gli anni all’accademia di Livorno furono duri ma estremamente formativi per il giovane elbano che si rivelò non solo un eccellente studente ma giovane di grande coraggio, dotato di un’intelligenza brillante che lo differenziava dagli altri colleghi. In quegli anni nacquero quelle amicizie che segneranno la sua vita. L’idea di un mezzo offensivo condotto da uomini contro navi nacque a seguito di una conferenza dell’eroe della I guerra mondiale Paolucci durante la loro I classe. Tesei incomincia a sognare un mezzo insidioso dotato di un motore elettrico in grado di navigare sott’acqua fino al nemico per poi affondarlo con delle cariche esplosive. Idea che condivide nelle serate sotto il brigantino che domina il piazzale dell’Accademia con i fraterni amici Stefanini, Birindelli, Piccagli e Toschi.

Terminata l’Accademia nel 1930, l’anno successivo viene nominato Tenente e nel 1931 destinato a Napoli alla Scuola di Ingegneria Navale e Meccanica dove si laureò a pieni voti nel 1933. Nel periodo napoletano, legge i resoconti delle missioni artiche e sogna la foratura della calotta polare con un sommergibile, una spedizione subacquea che sarà realizzata trent’anni dopo dal sottomarino statunitense Nautilus.  Passa le sue licenze all’Elba, elbano fra gli elbani, avendo come compagni inseparabili il vento ed il mare. Presto una nuova passione lo attanaglia: immergersi negli abissi. Nel 1934 Tesei consegue il brevetto di Palombaro presso la Regia Scuola Palombari di S. Bartolomeo (La Spezia).

Nel 1936 viene destinato alla 1° Flottiglia Sommergibili della Spezia dove, insieme all’amico di sempre Elios Toschi, progetta un ordigno bellico innovativo, un mezzo d’assalto subacqueo per attaccare le navi avversarie, un’evoluzione della mignatta di Rossetti in grado di trasportare autonomamente dei palombari sugli obiettivi. Stava nascendo quello che sarebbe diventato il siluro a lenta corsa (S.L.C.). Tutto ebbe inizio il 10  settembre 1935, lo stesso giorno in cui la Home Fleet britannica entrava nel Mediterraneo; il capitano di fregata Catalano Gonzaga di Cirella, comandante della 1° Flottiglia Sommergibili chiamò a rapporto tutti i suoi comandanti. Da tempo il suo Comando stava sperimentando la fuoriuscita di palombari muniti di un autorespiratore autonomo dai sommergibili ideato da Angelo Belloni. Questi operatori, marciavano faticosamente sul fondo trasportando un simulacro di ordigno fino in prossimità delle carene nemiche. Uno sforzo enorme.

Lo Stato Maggiore della Regia Marina ordinò che la loro attività e quella di Tesei e Toschi procedessero in parallelo. Il primo esperimento in mare con il siluro a lenta corsa avvenne il 2 novembre 1935 all’interno di un bacino dell’arsenale della Spezia con risultati eccellenti e fu subito ordinato di costruire un secondo prototipo. A queste se ne aggiunsero altri quattro nell’aprile del 1936. I primi prototipi furono costruiti con parti di siluro di scarto in quanto c’era ancora molto poca fiducia in quegli strani mezzi cavalcati da folli che respiravano da autorespiratori ad ossigeno approssimativi impiegati per il salvataggio dai sommergibilisti. Essi derivavano dal modello di respiratore ad ossigeno inglese Davis, poco amato dagli anglosassoni per i continui malfunzionamenti. Di fatto la Commissione tecnica della Regia Marina che li testò espresse parere sfavorevole per il loro uso riscontrando la facilità con cui l’acqua penetrava  nel sacco dell’apparecchio a causa della scarsa tenuta del piegabaffi quando l’operatore rilasciava le labbra intorno al boccaglio. Inoltre, il boccaglio era in una posizione troppo bassa rispetto al sacco della valvola di sovrappressione, cosa che permetteva si formassero all’interno pressioni positive pericolose.

Ai problemi di questi primi autorespiratori ad ossigeno (ARO) lavorava il Comandante Angelo Belloni, in servizio alla Direzione dei corsi e alla consulenza tecnica della “Scuola Sommozzatori” istituita a Livorno. Belloni, con l’aiuto di Tesei, portò l’autonomia dell’ARO da 20 minuti a qualche ora e, soprattutto, lo rese più affidabile. Queste modifiche portarono, nel luglio 1936, alla consegna dei primi 30 ARO modello 49/bis.

Parallelamente erano stati studiati gli indumenti per proteggere i sommozzatori contro il freddo non solo per un maggior conforto ma per proteggere gli operatori dalle basse temperature che provocavano un maggiore consumo di ossigeno, aumentando la respirazione e generando uno stato di malessere generale. A quell’epoca i sommozzatori utilizzavano lo stesso completo di lana dei palombari con al di sopra una muta impermeabile studiata da Belloni. La tenuta era completata da un casco di tela foderata di pelliccia e da scarpe costruite per resistere all’acqua. Non c’erano ancora le pinne.

Il siluro a lenta corsa di Tesei e Toschi fu dotato per la navigazione di una bussola Lazzarini che si dimostrò affidabile e stabile. Gli operatori furono dotati anche di un orologio a radiomir da polso poi prodotto da Panerai che si dimostrò ottimo durante i test in mare.

I primi allenamenti in mare si svolsero a Porto Santo Stefano ed a La Spezia. Fu infine designata Bocca di Serchio, nella tenuta Salviati che, essendo appartata e confinante con la tenuta reale di San Rossore, offriva condizioni di segretezza adeguate per le sperimentazioni. Furono selezionati tredici ufficiali ma solo tre ultimarono il corso: il Tenente di vascello Carlo Alberto Teppati, il tenente del Genio navale Teseo Tesei e il Sottotenente di vascello Franco Costa. Come secondi piloti (chiamati in gergo “secondo uomo”) furono designati undici sottufficiali palombari. Le attività perdurarono fino all’agosto del 1936 quando, a seguito delle vittoriose operazioni in Africa orientale, lo sviluppo di questi mezzi fu accantonato. Nello stesso anno, 1936, Tesei venne imbarcato come Direttore di macchina sul Regio Sommergibile Ialea, dove ottenne due Croci di Guerra ed una Medaglia di Benemerenza per le azioni effettuate.

in piedi da sinistra Tesei, Toschi, il duca di Spoleto, Franzini, Birindelli in ginocchio i loro secondi uomini – presso la tenuta Salviati – da Teseo Tesei e gli assaltatori della Regia Marina di Gianni Bianchi – ediz. Locman

I venti di guerra incominciarono a soffiare impetuosi e l’Italia impreparata si trovò ad entrare in guerra. Teseo Tesei come molti ufficiali si rendono conto della situazione e non mancano critiche. Ma la situazione diventa sempre più seria e Tesei propone l’impiego dell’arma insidiosa realizzata da lui e da Toschi contro il preponderante naviglio nemico. Un’arma mirata ad immobilizzare le navi nemiche guidata da pochi uomini. Ma, come spesso accade, mancano gli investimenti per coprire le spese necessarie per effettuare i collaudi di affidabilità, indispensabili per questa nuovissima arma subacquea. Gli inconvenienti sono all’ordine del giorno ed i sviluppatori sono costretti ad inventarsi modifiche continue. L’andamento della guerra accelera l’impiego del mezzo ed i primi risultati non sono esaltanti, legati principalmente alla poca affidabilità dei primi prototipi.

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Durante la prima sfortunata missione per violare la base britannica di Alessandria d’Egitto, Tesei partecipa con gli altri suoi compagni al recupero dei marinai rimasti intrappolati nello scafo del sommergibile Iride, salvandone otto dopo lunghissime ore di ripetute immersioni. Viene promosso Maggiore ed insignito di medaglia d’argento al Valor Militare. I nuovi tentativi sugli obbiettivi di Alessandria e Gibilterra non danno i risultati sperati ma servono a perfezionare ulteriormente quel mezzo subacqueo ingombrante e poco manovriero che, scherzosamente, viene chiamato maiale. L’impegno alla fine premia ed un primo risultato positivo si ha con l’attacco alla Baia di Suda; a questo punto l’obiettivo principale diviene quello di colpire la forza inglese nelle sue basi principali di Gibilterra e Malta.

Tesei, come sempre, ci mette il cuore e nel giugno del 1941 viene insignito della Medaglia d’Oro di 1° Cl. per ”Lavori Utili alla Regia Marina”. Ma Tesei non si accontenta; abile sommozzatore ricerca l’azione con lo spirito indomabile della sua terra che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita. Riesce ad inserirsi nella pianificazione della missione Malta 2 (25 e il 26 luglio 1941) che prevede l’attacco combinato di due S.L.C., come apripista per i barchini esplosivi (MTM), mezzi di superficie carichi di esplosivo che vengono lanciati verso le navi nemiche. Tesei guiderà uno dei due maiali insieme al suo secondo uomo, Alcide Pedretti. Il loro compito è di far saltare le reti metalliche poste sul viadotto S. Elmo per aprire l’accesso al porto dove sono ormeggiate le navi nemiche.

La sfortuna si accanisce: il primo mezzo condotto dal TV Costa va in avaria e Tesei e Pedretti proseguono da soli, raggiungono il ponte e spolettano al minimo per far esplodere la carica alle 04:30, ora prevista di attacco da parte degli MTM.  Quello che avviene nei minuti successivi non lo sapremo mai. L’attacco inizia sotto il fuoco incrociato delle difese inglesi, allertate dai sistemi radar. Intervengono anche gli aerei che mitragliano le acque per fermare i barchini. I barchini esplosivi cercano un varco inutilmente. L’MTM di Carabelli tenta l’impossibile e si lancia sulle ostruzioni senza abbandonare il mezzo fino all’urto. E’ notte e le nebbie artificiali mascherano completamente la visione di cosa sta succedendo.

il secondo operatore, 2 Capo Alcide Pedretti, che condivise la tragica fine con Tesei

La terribile esplosione del maiale di Tesei e Pedretti causa il crollo della campata metallica e, ironia della sorte, va ad ostruire definitivamente il transito dei barchini. Si scatena l’inferno e sotto il tremendo fuoco delle postazioni nemiche, quasi tutti gli assaltatori perderanno la vita. Il bilancio complessivo per la Regia Marina è di 15 morti, 18 prigionieri e la perdita di due MAS, due SLC, otto MTM e un MTL. L’attacco viene seguito anche da una battaglia aerea in cui due soli aerei italiani si battono contro 30 aerei britannici prima di essere abbattuti. Dei diretti partecipanti solo undici naufraghi del MAS 452, trasbordati sul MTSM che stavano rimorchiando, riescono a raggiungere l’Avviso Diana, che li aspetta al largo di Capo Passero, e raggiungono Augusta.

Nonostante l’insuccesso, l’attacco scalfisce duramente la fiducia degli Inglesi nella loro inviolabilità. Il vicegovernatore di Malta, sir Edward Jackson, nell’ottobre 1941 scrisse sul Daily Mail: “Nel luglio scorso gli italiani hanno condotto un attacco con grande decisione per penetrare nel porto, impiegando MAS e “siluri umani” armati da “squadre suicide” (…). Questa impresa ha richiesto le più alte doti di coraggio personale.”

Ipotesi sulla sua morte
Joseph Caruana ipotizzò che Tesei e Pedretti furono uccisi da un colpo di cannone e vennero sbalzati dal loro mezzo che sprofondò sul fondo del mare dove venne ritrovato 25 anni dopo. Questa affermazione è in contrasto con altre testimonianze che  videro le ombre dei due assaltatori sotto il ponte prima di una grande esplosione.

Qualunque sia la verità poco importa, Teseo Tesei e Alcide Pedretti morirono eroicamente in quella fatale alba del 26 luglio 1941. Per l’azione di Malta la Regia Marina conferirà a questi valorosi la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.

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Una missione non di successo che non scoraggiò gli assaltatori ed aprì la strada a missioni successive come quella di Alessandria d’Egitto quando tre maiali causarono l’affondamento di due grandi navi da battaglia inglesi, riscattando la perdita di quei valorosissimi uomini. I siluri umani, ideati da Teseo Tesei, condurranno con successo le loro missioni in numerosi porti nemici del Mediterraneo fino alla fine della guerra cambiando le regole della guerra in mare … ma questa è un’altra storia. Di fatto lo spirito di Tesei continuò ad aleggiare nei suoi successori. Voglio infine riportare le sue ultime parole scritte all’amico Piccagli: “Ricorda che lo spirito non muore con la morte. Solo la meschinità o il materialismo possono uccidere lo spirito“. Un monito ancora valido in un mondo che ha fatto del consumismo e materialismo la sua decadenza.

Andrea Mucedola
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