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La massima profondità operativa

tempo di lettura: 5 minuti

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livello medio
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ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: fisiologia

 

Parliamo oggi della massima profondità operativa (MPO) per un gas respirabile
Con MPO definiamo la profondità al di sotto della quale la pressione parziale dell’ossigeno (pO2) della miscela di gas supera il limite stabilito di tossicità dell’ossigeno per il sistema nervoso centrale (CNS). Ricorderete tutti la legge di Dalton che è di fondamentale importanza nell’attività subacquea.

Legge di Dalton
La Pressione totale P esercitata da una miscela ideale di gas ideali è uguale alla somma delle pressioni parziali che sarebbero esercitate dai gas se fossero presenti da soli in un eguale volume.

La pressione parziale Pi di un componente di una miscela di gas è la pressione che questo avrebbe qualora occupasse, da solo, il volume a disposizione dell’intera miscela alla medesima temperatura T. Da cui deriva che la pressione totale può essere matematicamente definita come:

Da cui deriva che la quantità di gas (principalmente azoto e ossigeno) disciolta nel sangue è proporzionale alla pressione assoluta. Ciò significa che all’aumentare della pressione (con la profondità) aumenta anche la quantità dei gas disciolti nel sangue.

La pressione parziale è quindi il fattore più importante che influenza, ad esempio, la quantità di ossigeno che passa ai vasi polmonari. Da cui aumentando la pressione con la  profondità aumenterà la quantità di ossigeno che passa ai vasi fino ad arrivare a livelli di ossigeno pericolosi che causano l’iperossia. E’ quindi importante comprendere quale sia la massima profondità operativa consigliata in relazione ai diversi tipi di gas respirabili. Questa profondità è significativa quando si pianificano immersioni utilizzando gas con diverse percentuali di ossigeno, dall’O2 puro (100%) alle miscele gassose come eliox, nitrox e trimix perché è proprio la proporzione di ossigeno nella miscela che va a determinare la profondità massima mantendosi ad un livello di rischio accettabile. Di massima, maggiore è la quantità di ossigeno e minore sarà la massima profondità operativa.

Cerchiamo di capire meglio
Come ricorderete in altri articoli precedenti, la tossicità dell’ossigeno è la condizione che risulta dagli effetti nocivi della respirazione dell’ossigeno (O2) a pressioni parziali aumentate, ovvero con l’aumento della pressione. 

Storicamente, la condizione del sistema nervoso centrale (CNS) fu chiamata effetto Paul Bert, mentre la condizione polmonare effetto Lorrain Smith, in ricordo di quei ricercatori che aprirono la strada alla fisiologia iperbarica moderna. I ricercatori scoprirono che alte percentuali di ossigeno, potevano causare danni alle cellule con effetti sul sistema nervoso centrale, nei polmoni e negli occhi.

Il corpo umano è influenzato in modo diverso a seconda del tipo di esposizione. La tossicità del sistema nervoso centrale è causata da una breve esposizione ad alte pressioni parziali di ossigeno quando sottoposti ad una pressione superiore a quella atmosferica (iperbarica).

Paul Bert

L’esposizione prolungata a livelli di ossigeno aumentati a pressione normale può provocare tossicità a livello polmonare e oculare. I sintomi possono includere disorientamento, tosse secca, difficoltà a respirare, bruciore al petto. L’esposizione prolungata a pressioni parziali di ossigeno superiori alla norma o esposizioni più brevi a pressioni parziali molto elevate può causare danni ossidativi alle membrane cellulari, collasso degli alveoli polmonari, distacco della retina e convulsioni.

In sintesi non c’è da scherzarci sopra. Come possiamo gestire la tossicità? La risposta può sembrare banale: riducendo l’esposizione a livelli di ossigeno percentualmente elevati.

Limite di sicurezza della pressione parziale di ossigeno
La tossicità acuta o del sistema nervoso centrale dell’ossigeno è una risposta variabile nel tempo, ovvero alla storia dell’esposizione parziale alla pressione del subacqueo. Essa si manifesta con alterazioni visive (in particolare la visione a tunnel), ronzio nelle orecchie (tinnito), nausea, spasmi (soprattutto del viso), cambiamenti comportamentali (irritabilità, ansia, confusione) e vertigini. E può essere seguito da una intensa contrazione muscolare per diversi secondi (fase tonica); seguito da rapidi spasmi di rilassamento e contrazione muscolare alternati che producono scatti convulsivi (fase clonica) che possono portare ad un periodo di incoscienza (stato post-critico).

Questo dipende dalla pressione parziale dell’O2 nel gas respirabile e dalla durata dell’esposizione anche se esiste un’un’ampia variazione, sia tra individui diversi, sia per la stessa persona in condizioni fisiche diverse. Sembrerebbe che l’influenza di fattori diversi come l’esposizione al freddo, la stanchezza, il tipo di immersione, assunzione di sostanze eccitanti (caffeina, teina) influisca sulla comparsa dei sintomi del CNS. La tossicità neurologica dell’ossigeno si manifesta, senza preavviso, con convulsioni, fischi nell’orecchio, nistagmo (occhio che batte di lato), visione a tunnel, irritabilità, vertigini.

Questi sintomi non compaiono con certezza appena si raggiunge un certo valore di pressione parziale dell’ossigeno ma la probabilità che accadano aumenta man mano che si supera il limite.
Non è quindi importante il tempo di esposizione, e possono accadere anche dopo una brevissima esposizione oltre i limiti massimi, con una variabilità che sembra sia legata alla ritenzione di biossido di carbonio (CO2).

In pratica, la scelta dei limiti di O2 dipende dal rischio di eventuali convulsioni che si è disposti ad accettare. Per restare in sicurezza esistono tabelle di supporto oppure è possibile calcolare la massima profondità operativa per una certa miscela (MPO) attraverso una formuletta semplicissima.

Comunque ricordatevi che è SEMPRE la miscela che va adattata all’immersione e non viceversa.  

Come calcolare la MPO
Una formula per ottenere la massima profondità operativa in funzione della miscela respirabile e dei limiti prescelti è la seguente:

MPO= (pO2/FO2) – 1
dove pO2 sarà la pressione parziale di ossigeno massima e FO2 la frazione di ossigeno nella miscela (ovvero la % di ossigeno). Ad esempio, immaginiamo di avere a disposizione una miscela nitrox al 36% (36% ossigeno 64% azoto). Se un gas contiene il 36% di ossigeno (FO2 = 0,36) e se il massimo pO2 limitante lo fissiamo a 1,4 atmosfere assolute, la massima profondità operativa sarà circa 29 metri, come ottenuto tramite la formula:

MPO (in metri) = (1,4 bar / 0,36) – 1 = 28,9 metri

da cui deriva che:
Usando ossigeno puro (O2 100%) con un pO2 di 1,6 la massima profondità consentita sarebbe di soli 6 metri. Con miscele Nitrox 32 pO2 1,6 abbiamo come massima profondità 40 metri. Con una miscela Nitrox 36 pO2 1,6 la MPO si riduce a 34 metri.

E per le miscele ternarie?
Per l’utilizzo delle miscele ternarie (“trimix”) il discorso si complica e lo affronteremo in un altro articolo. Per la Società Italiana Medicina Subacquea Iperbarica, è consigliata una pressione parziale dell’ossigeno massima di 1,2 bar.

Andrea Mucedola

 

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