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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVII SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: subacquea commerciale, acque inquinate
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“Chiare fresche e dolci acque” scriveva il Petrarca nel suo Canzoniere rimandando immagini di mari, laghi e fiumi incontaminati. Purtroppo la realtà, come spesso accade, è ben diversa dall’idealizzazione poetica. Acque che appaiono limpide e pulite possono invece ospitare una varietà di inquinanti sia biologici che chimici che pongono un serio rischio per la salute di chi vi si immerge..
I subacquei possono essere esposti a contaminanti attraverso ingestione, inalazione, assorbimento cutaneo e ferite aperte. L’impatto sulla salute dipende dal tipo di inquinante e dalla sua concentrazione. Effetti cronici si possono sviluppare anche anni dopo l’esposizione. I livelli più alti di inquinamento delle acque si possono ritrovare in aree con ridotto ricambio come ad esempio laghi, porti e baie molto protette. Sorgenti puntuali d’inquinamento, come ad esempio scarichi industriali o fognari, possono contaminare i fiumi a valle delle immissioni anche per considerevoli distanze.
Le acque dolci calde di zone sub-tropicali sono quelle a maggiore rischio per la presenza di parassiti; in genere i parassiti presenti nelle acque marine sono meno pericolosi causando principalmente eruzioni cutanee ma non è sempre così. Uno dei parassiti più pericolosi è rappresentato da un protozoo del genere Acanthamoeba che può causare la Cheratite da Acanthamoeba (CA), un’infezione della cornea rara ma severa e seriamente debilitante, causata da Acanthamoeba spp., un’ameba ubiquitario e presente nel suolo, nell’aria e nelle acque. Circa l’85% dei casi di CA si verificano in portatori di lenti a contatto, a causa di un uso improprio delle lenti, anche se la patologia può insorgere dopo un trauma corneale, specie in contesti rurali. Sebbene abbia una bassa incidenza (1 su 100.000 in Europa) è un’infezione oculare potenzialmente devastante per i pazienti, in quanto può causare intenso dolore, deterioramento della visione e, se non efficacemente trattata, enucleazione e cecità.
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Altre patologie derivanti da immersioni in acque inquinate sono dovute ai coliformi fecali che possono essere presenti in acque contaminate da scarichi fognari non trattati; il limite di concentrazione è di 200 organismi/100 ml di acqua. La loro presenza non modifica la trasparenza ed il colore delle acque. Questo significa che anche acque apparentemente pulite possono in realtà contenere livelli dannosi di questi bio inquinanti.
Diversi inquinanti chimici possono essere presenti nelle acque ed anche aree che in genere non sono inquinate lo possono divenire a seguito di piogge. Ad esempio pesticidi ed erbicidi sono trasferiti dai campi ai laghi, fiumi ed acque costiere a seguito delle piogge che ne causano il dilavamento. Particolarmente pericolosi sono due tipologie di materiali inquinanti: quelli che galleggiano e quelli che affondano. Ad esempio gli idrocarburi, possono formare un film sulla superficie del mare che si può muovere per l’azione del vento e delle correnti andando a contaminare vaste aree.
L’accumulo di inquinanti sul fondo può invece originare zone ad alta concentrazione di veleni e tossine e possono essere presenti anche in acque apparentemente non molto contaminate. In genere, alcuni inquinanti, che si distribuiscono lungo la colonna d’acqua, vengono diluiti a livelli tali che non costituiscono un pericolo immediato. Esposizioni ripetute possono invece causare effetti cronici che a lunga distanza sono forieri di malattie anche gravi. Diversi prodotti chimici, in particolare gli idrocarburi, hanno la capacità di danneggiare le componenti in gomma e lattice delle attrezzature subacquee anche se presenti in piccole concentrazioni.
I sedimenti costituiscono una delle principali zone d’accumulo degli inquinanti; per questo motivo se disturbati, come ad esempio da subacquei con un cattivo controllo dell’assetto e della pinneggiata, possono rilasciare le sostanze nocive contenute causando un brusco aumento delle concentrazioni tossiche in acqua. Altre zone di accumulo di potenziali inquinanti sono gli interni dei relitti, soprattutto quelli più recenti, dove carburante, batterie elettriche, vernici e cargo possono liberare elementi tossici che, a seguito dei ridotti movimenti dell’acqua, possono raggiungere concentrazioni elevate.
Per ridurre il rischio i subacquei dovrebbero seguire un’opportuna profilassi vaccinale. In particolare, l’operatore subacqueo che opera in acque inquinate dovrebbe mantenere attive le vaccinazioni di tetano, epatite, difterite e febbre tifoidea. Queste profilassi sanitarie, vanno ovviamente rinnovate periodicamente seguendo cicli vaccinali ben precisi e sono particolarmente importanti per quei subacquei che si immergono in aree con rischio di inquinamento. Un taglio o l’ingestione anche minima può avere gravi conseguenze. A questa categoria appartengono i subacquei professionisti, come militari, forze dell’ordine, Vigili del Fuoco ed OTS, che per lavoro sono esposti ad ambienti potenzialmente inquinati.
Dal punto di vista dell’attrezzatura subacquea il livello di protezione varia molto in funzione della tipologia di sistemi adottati. La normale configurazione scuba non offre alcun grado di protezione; il subacqueo infatti può inalare ed ingerire inquinanti attraverso le molecole d’acqua che entrano nel boccaglio dell’erogatore e può assorbire contaminanti attraverso la pelle. Di fatto l’uso della muta umida amplifica l’impatto degli inquinanti che rimangono intrappolati tra il neoprene e la pelle del subacqueo.
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Una muta stagna abbinata a guanti stagni e ad unamaschera gran facciale può essere utilizzata in acque moderatamente inquinate dove le conseguenze, in caso di esposizione, non causino danni gravi o permanenti. Per una maggiore protezione il subacqueo deve quindi essere totalmente isolato dall’ambiente esterno. In questo caso bisogna usare una muta stagna abbinata a guanti stagni ed ad un casco con miscela respiratoria fornita dalla superficie mediante un ombelicale. Un tipico esempio sono le tenute da palombaro leggero usate dagli OTS. Occorre comunque sempre valutare con attenzione le caratteristiche degli inquinanti; diversi prodotti chimici infatti possono penetrare e deteriorare rapidamente il materiale che compone la muta o l’ombelicale.
Al termine dell’immersione il subacqueo dovrà essere opportunamente decontaminato seguendo specifiche procedure ed utilizzando specifici prodotti in funzione della tipologia di inquinanti presenti nell’acqua. In generale la prima fase prevede il risciacquo con abbondante acqua pulita del subacqueo ancora vestito; successivamente si procederà ad usare saponi e soluzioni sterilizzanti.
Il subacqueo quindi rimuoverà la muta e il casco evitando accuratamente di contaminarne l’interno. La fase terminale di decontaminazione prevede una o più docce ed un adeguato controllo medico-sanitario. Durante le operazioni di decontaminazione anche il personale di supporto dovrà usare apposite protezioni individuali per evitare di entrare in contatto con le sostanze inquinanti.
A seconda delle situazioni ambientali si dovrà anche considerare la necessità di raccogliere a posteriori i reflui della decontaminazione, per il loro successivo smaltimento come rifiuti speciali a norma di legge. In sintesi, si tratta di immersioni professionali che richiedono, secondo l’ARPAT (Agenzia Regionale Per Protezione Ambientale della Regione della regione Toscana) un addestramento specifico, preferibilmente un brevetto da ricercatore subacqueo scientifico. Tale brevetto prevede la formazione e un aggiornamento tecnico professionale periodico al fine di conseguire le fondamentali nozioni per operare nel monitoraggio subacqueo dei parametri ambientali biologici, chimici e fisici. Oltre a il subacqueo scientifico deve conoscere le principali tecniche fotografiche e videografiche e di analisi delle immagini. Tale figura professionale, necessaria per operare in ambienti estremi, però non è ancora stata istituzionalmente riconosciuta e sono in corso iniziative al fine di regolamentare il lavoro di questi professionisti. Un Ente che rilascia tale brevetto (Scientific Diving) è l’I.S.S.D. (International School for Scientific Diving).
Le immersioni in acque inquinate espongono il subacqueo ad elevati rischi per la salute e vanno quindi lasciate a quei professionisti che possono contare su un’adeguata formazione, attrezzatura di protezione, supporto logistico ed esperienza.
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Giorgio Caramanna
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geologo (PhD) ed oceanografo, ha fondato la società di consulenza GeoAqua nel 2015 anche al fine di condividere la sua esperienza di ricercatore e subacqueo scientifico, sensibilizzando l’opinione pubblica sui principali problemi ambientali. In possesso di una notevole esperienza in idrogeologia e geochimica ed oltre quindici anni di esperienza come subacqueo scientifico in una varietà di ambienti ha condotto diverse attività di ricerca ed è sttao delegato del gruppo europeo di immersioni scientifiche. Ha lavorato come ricercatore presso molte istituzioni internazionali operando in ambienti multidisciplinari con diverse università. È autore di più di cinquanta articoli ed è revisore di riviste internazionali. Attualmente lavora negli Stati Uniti collaborando come consulente al Woods Hole Oceanographic Institution. Nel 2018 ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche subacquee. Non ultimo è main reporter di OCEAN4FUTURE dagli Stati Uniti
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