.
livello elementare
.
.
ARGOMENTO: BIOLOGIA E ECOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: ecologia, fondi sabbiosi profondi
I fondali sabbiosi profondi sono forse l’ambiente più diffuso del sistema litorale.
Infatti, nella maggior parte dei casi, anche le scogliere si arrestano a profondità comprese tra quaranta e sessanta metri di profondità su pianure sabbiose che continuano comunque a scendere con debole pendenza fino al margine della piattaforma continentale.
fondale ricco di detriti organogeni ai piedi di una falesia sommersa photo credit andrea mucedola
Queste grandi pianure ricoperte da sabbia grossolana di natura principalmente organogena vanno a costituire quell’ambiente definito detritico costiero. Laddove si hanno condizioni ambientali caratterizzate da correnti di fondo laminari, i fondali sabbiosi profondi possono essere colonizzati da alghe calcaree libere. Queste alghe rosse, dette melobesie, possono rotolare sul fondo sabbioso, essere colonizzate da organismi tipici dei popolamenti coralligeni o addirittura fondersi tra loro e dare origine a scogliere calcaree che si sostituiscono completamente ai fondali sabbiosi originari. I fondi a melobesie non sono però presenti ovunque; la loro formazione e il loro mantenimento sono legati al raggiungimento di un equilibrio tra i fattori che concorrono al loro accrescimento, come la giusta quantità di luce, correnti costanti e caratteristiche idonee dei sedimenti, e fattori che portano alla disgregazione, in particolar modo l’azione di organismi scavatori.
alghe rosse e spugne su substrato roccioso, photo credit andrea mucedola
.
A tutto ciò si unisce l’azione umana che in modo diretto, attraverso la pesca a strascico, o indiretto, attraverso le varie forme di inquinamento, può causare la distruzione di tali fondali. Il pericolo maggiore è rappresentato dall’infangamento. L’incremento di sedimenti fini è purtroppo un processo comune a tutto il Mediterraneo che, in maniera lenta ma inesorabile, porta a modificare la granulometria dei fondali detritici e a soffocare quegli organismi adattati ad acque limpide, pressoché prive di sedimento in sospensione. La lenta azione di accrescimento, che richiede periodi lunghissimi anche in condizioni favorevoli, può essere vanificata da una veloce distruzione. I fondi a melobesie rischiano di scomparire da molte aree del Mediterraneo senza che nessuno se ne renda conto e con essi il fantastico mondo vivente che si sviluppa loro attorno. Attorno alle isole toscane si trovano ancora alcuni popolamenti rigogliosi di alghe calcaree libere; tra i più conosciuti ricordiamo quelli al largo di Montecristo e nella parte occidentale di Gorgona. Ampie aree a melobesie si trovano anche nelle Bocche di Bonifacio, tra la Corsica e le isole dell’Arcipelago di La Maddalena.
Questi ecosistemi sono tra i meno studiati dell’ambiente marino e vengono pochissimo considerati. Al contrario, rappresentano, da un punto di vista ecologico, delle vere perle, che dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione e inserite nei piani di studio e gestione.
biodiversità sui fondi duri, photo credit andrea mucedola
Veleni in mare
La produzione di sostanze velenose è una caratteristica comune a molti organismi marini, dalle alghe unicellulari ai pesci più evoluti. Sebbene gli organismi attualmente presenti nel Mediterraneo sono meno pericolosi di quelli tropicali, l’invasione di nuove specie aliene potrebbe portare animali molto pericolosi per l’Uomo.
Rao, Morotai, Indonesia – Greater blue-ringed octopus (Hapalochlaena lunulata), un piccolo polpo non più grande di 20 cm, e tondeggiante. Può pesare tra i 10 e i 100 grammi. Normalmente ha un colore marrone-dorato, ma quando è in pericolo mostra i brillanti e bellissimi anelli blu elettrico da cui prende il nome, su fondo che può virare al giallo intenso come al bianco. È dotato di un piccolo becco estremamente affilato. Il suo veleno contenuto nelle ghiandole velenifere è sufficiente per uccidere 26 uomini adulti. La potenza di questo veleno è cento volte quello di un cobra, un cocktail di neurotossine che include la tetrodotossina TTX (la stessa del Conus geographicus e del pesce palla), il cui effetto principale è il blocco dei canali di sodio nei neuroni e nei muscoli scheletrici, portando all’arresto respiratorio. Tra le altre sostanze che potenziano e amplificano l’efficienza del veleno, vi sono l’istamina, la taurina e la dopamina – autore foto Rickard Zerpe Greater blue-ringed octopus (Hapalochlaena lunulata) (48272090161).jpg – Wikimedia Commons
Queste sostanze, dette biotossine in quanto prodotte da organismi viventi, possono essere utilizzate sia per difendersi dai predatori che per catturare le prede. In base alla sostanza attiva principale, le biotossine possono agire sul sistema nervoso (neurotossine), sul cuore (cardiotossine) o avere effetti emolitici (emotossine). Il loro effetto dipende naturalmente dalla quantità inoculata e dalle dimensioni della vittima; la stessa quantità di tossina che ha effetto paralizzante o letale per un invertebrato o per un piccolo pesce, può causare in un uomo solo effetti locali e transitori, anche se fastidiosi. ma non bisogna trascurare i sintomi e agire rapidamente, trasportando l’infortunato presso un presidio medico, assicurandogli sempre la capacità respiratoria.
scorfano rosso, Scorpaena scrofa, è un pesce velenoso appartenente alla famiglia degli Scorpaenidae. La sua puntura, anche se la quantità di veleno iniettata è minima rispetto ad altre specie, è molto dolorosa, photo credit andrea mucedola
Gli organismi marini più pericolosi si trovano principalmente in acque tropicali, come i pesci pietra (Synanceia spp.), il polpo dagli anelli (Hapatochlaena spp.) o alcuni serpenti di mare (generi Laticauda, Aipysurus, Emydocephalus, etc). Anche in Mediterraneo si trovano molti gli organismi marini dotati di biotossine appartenenti agli Scorpenidae, ma, per fortuna, difficilmente letali per l’uomo. Inoltre, la maggior parte delle biotossine hanno natura proteica, quindi sono soggette a denaturazione se sottoposte a temperature elevate.
Pelagia noctiluca, medusa spesso citata dai media per la sua abbondanza nei nostri mari e per le dolorose irritazioni che provoca se sfiorata. Malta, photo credit andrea mucedola
Le meduse e i polipi sono provvisti di particolari cellule, dette nematocisti, contenenti una tossina che, se sollecitata dal contatto, viene inoculata alle prede o a eventuali predatori mediante una specie di piccolo stiletto. I cefalopodi secernono un veleno che viene inoculato alle prede mediante il morso.
Tra i pesci cartilaginei, i trigoni e le aquile di mare sono dotati di un dardo velenifero situato sul peduncolo caudale, mentre alcuni pesci ossei, come tracine e scorfani hanno le pinne dorsali collegate ad un apparato velenifero. Anche alcuni vegetali possono produrre tossine. In Mediterraneo, sono soprattutto specie introdotte a presentare tali caratteristiche.
Caulerpa cylindracea, Giannutri, photo credit andrea mucedola
Le caulerpe (Caulerpa taxifolia, C. Cylindracea e C. racemosa) producono la caulerpenina, una sostanza tossica che può creare problemi se ingerita, mentre l’alga unicellulare Ostropsis ovata produce tossine che nei momenti di fioritura dell’alga possono causare la moria di invertebrati bentonici, quali ricci e stelle di mare, o, se inalate attraverso l’aerosol marino, dare disturbi anche a persone che si trovano lungo la costa.
Luigi Piazzi
ricercatore e docente Università di Sassari
Nota della redazione:
L’Ostropsis ovata è una specie tipica dei climi caldi e tropicali, negli ultimi anni presente anche sulle coste italiane. La sua fioritura è stata segnalata nelle acque del litorale di Genova ma anche già osservata in numerose occasioni in Toscana, estate 1998, e Puglia nell’estate 2003-2004. Nel 2005 viene colpita la Liguria e, nell’estate 2006, viene interessata la costa di Fregene. Nell’ottobre 2006, invece, viene scoperta nel Golfo di Trieste da parte del laboratorio ARPA del dipartimento di Gorizia. A partire dall’agosto del 2008 è stata riscontrata anche lungo le coste abruzzesi con una fioritura eccezionale nelle Marche, a settembre, tra il Passetto di Ancona e Sirolo, con la necessaria chiusura della balneazione nelle spiagge comprese in tale tratto. Dall’ottobre 2009 è presente nelle coste del Friuli-Venezia Giulia. Nel 2006 e nel 2012 è stata segnalata anche nelle coste siciliane di Palermo e Catania e nell’arcipelago toscano a sud dell’Argentario.
Alcune delle foto presenti in questo blog sono prese dal web, pur rispettando la netiquette, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o chiedere di rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
.
PAGINA PRINCIPALE - HOME PAGE
.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.