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Miti e leggende: Leviatano, mostro degli abissi

tempo di lettura: 8 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: MITI E LEGGENDE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: mostri marini
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Forse il mostro marino più famoso è il Leviatano, una creatura con la forma di un serpente di mare la cui leggenda sembra risalire al credo ebraico se non a culture ancora più antiche. 

 

Draghi e serpenti terrestri e marini si ritrovano in tutte le mitologie, forse frutto di reminiscenze di antichi animali poi estintisi ma restati nella memoria di popoli. Una cosa curiosa è che questi mostri marini, ma non solo, sono ricordati in tutte le culture antiche.

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affresco di mostro marino, Leonessa – photo credit andrea mucedola

Possiamo ricordare la raffigurazione di Ra, protetto dal serpente Mehen, protetto dal suo malefico nemico, il serpente Apophis,  o il mito di Indra, un re guerriero indù, che uccide Vrtra, il mostro stritolatore. Che dire poi di Cariddi, che nella mitologia greca ha l’aspetto di un orribile serpente marino, con una bocca dotata di denti acuminati, che crea vortici potenti che risucchiano le navi che transitano nello stretto di Messina. 

Quando Ra attraversa la notte nell’Universo Inferiore (l’aldilà) a bordo della barca solare Mesketet, il serpente Mehen si attorciglia saldamente attorno alla sua cabina, per proteggerlo dal suo grande e malefico nemico, il serpente Apophis.

Leggende analoghe si trovano anche nella mitologia nordica con il dio Thor, figlio di Odino,  che combatte più volte contro Jörmungandr, un enorme e mostruoso serpente. Come tutti gli esseri generati dal malvagio Loki, è ritenuto pericoloso e Odino, padre degli dei stabilisce che venga scagliato nel profondo delle acque.

Azione tutt’altro che semplice che riuscirà solo a Thor, il più forte tra gli dei, che ne diviene il nemico giurato. Col passare del tempo Jörmungandr cresce tanto che “se si stendesse diritto potrebbe abbracciare il mondo e infine mordersi la coda“. Durante una battuta di pesca con il gigante Hymir, Thor, usando come esca la testa di un bue, cattura all’amo il grande serpente, riuscendo a tirarlo su dagli abissi marini. Mentre Thor si prepara a vibrare col suo martello un colpo mortale, Hymir recide la lenza col suo coltello suscitando l’ira del figlio di Odino. Continua così una lotta senza fine tra Thor e il serpente marino che, nella mitologia norrena, avrà culmine solo nel giorno della fine del mondo, il Ragnarok, quando Thor lo potrà finalmente uccidere, anche se a costo della sua vita. E’ interessante notare come nel libro della Rivelazione di San Giovanni (Apocalisse) si parli della venuta di una Bestia del mare. Il passo biblico descrive il mostro come un drago marino:
«Aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi, e su ciascuna testa un titolo blasfemo. […] era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande».

Perché dal mare?
Forse perché nella versione della Bibbia in lingua greca, il termine thalassa (mare) viene spesso usato per tradurre l’ebraico yām che, nei miti cananei, era una divinità in continuo conflitto con Baal, dio della tempesta e della fertilità. Allo stesso modo, nell’Antico Testamento, il mare diventa un avversario di Dio e quindi viene associato alla bestia, come simbolo di caos e ribellione (da Il Nuovo Testamento, Lettere e Apocalisse 1998, Paoline Editoriale Libri, a cura di Giuliano Vigini, Milano, p. 458). Un altra interpretazione, forse più comprensibile, è che dal mare provenivano i pericoli maggiori per gli Ebrei, non ultimi i Romani, visti come il male assoluto. 

Il Leviatano biblico
In effetti, questo mostro di gigantesche dimensioni, figura nella bibbia ebraica come metafora di un potente nemico, in particolare Babilonia (Isaia 27: 1). Il suo nome sembra derivare da una radice ebraica per “ghirlanda”, identificando quindi un qualcosa di contorto e attorcigliato come un serpente o come un tentacolo. Probabilmente potrebbe essere derivato dalla figura mitologica babilonese del mostro marino a sette teste Lôtān, uno dei servitori del dio marino Yammu che venne poi sconfitto da Hadad nel ciclo di Baal.

I mostri marini sembrano essere in primo piano nella mitologia del Vicino Oriente antico. Si ritrovano già dal III millennio a.C. nell’iconografia sumera raffigurante il dio Ninurta che combatte e sconfigge un terribile serpente ancora a sette teste. E’ interessante notare che nelle religioni orientali si ritrova sempre una battaglia finale che vede coinvolto un eroe/dio creatore che combatte contro un mostro marino che rappresenta le forze del caos.

Marduk e la dea serpente Tiamat – New York Library 

Ad esempio nel mito della creazione babilonese viene descritta la battaglia di Marduk e la dea serpente Tiamat, il cui corpo verrà poi usato per creare i cieli e la terra. Quindi un mostro ma anche un simbolo di fecondità e rinascita. Il Leviatano è menzionato ben cinque volte nella bibbia ebraica, soprattutto nel libro di Giobbe, e si riferisce ad una Dea del mare. In Isaia il Leviatano viene chiamato il “serpente tortuoso” che verrà ucciso alla fine dei tempi. Curiosamente, i mostri marini, chiamati Tannin, citati sia nella Genesi che nel libro dei Salmi, non sono  descritti come dannosi ma come creature oceaniche che fanno parte della creazione di Dio.

Sette teste
Interessante notare come questo animale mitologico venga a volte raffigurato con sette teste. Una spiegazione potrebbe venire dal fatto che il numero sette, che ricorre in tutti i testi sacri, nell’antichità era considerato il numero perfetto, la mediazione tra umano e divino. Basti pensare che il sette era legato sin dall’antichità al compiersi del ciclo lunare, al numero delle stelle delle costellazioni maggiori, ai colori visibili dell’arcobaleno, all’insieme di due numeri considerati sacri ovvero il tre ed il quattro. I giorni multipli di sette erano considerati sacri dai Babilonesi e questo concetto numerologico si trasmise agli Ebrei (numero sacro perché è il simbolo di Dio che indica il sabato, cioè il settimo giorno quando Dio riposò dopo i sei giorni della creazione), ai Greci che lo consideravano un numero venerabile (Platone lo definiva anima mundi) e dagli Egizi in cui simboleggiava la vita. Anche il mare sembrava subirne l’influenza, dimostrata dall’innalzamento ed abbassamento delle sue acque, a causa delle maree dovute all’influenza delle fasi della luna. 

Reminiscenze di antichi animali?
Il Leviatano viene rappresentato a volte con altri due mostri: Behemoth, terrestre, e Ziz, una specie di drago volante. Nel Libro di Enoch (60: 7–9) il Leviatano viene descritto come un mostro femmina che abita negli abissi, mentre Behemoth è un mostro maschio e vive nel deserto.

Behemot e il Leviatano di William Blake da a più voci: febbraio 2010 (apiuvoci2.blogspot.com)

Anche nel Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo, il Leviatano viene descritto come un drago gigantesco che vive nelle sorgenti del Profondo e che, insieme a Behemoth, verrà servito per pranzo ai giusti alla fine dei tempi. L’enorme dimensione del Leviatano è descritta anche dal rabbino Johanna Nappaha, vissuto in Galilea fra il III e il IV secolo:
Una volta salimmo su una nave e vidi un pesce che metteva la testa fuori dall’acqua. Aveva corna su cui era scritto: “Sono una delle creature più cattive che abitano il mare. Sono lungo trecento miglia, entra in questo giorno nelle fauci del Leviatano”. Quando il Leviatano ha fame, emette dalla sua bocca un calore così grande da far bollire tutte le acque del profondo, e se potesse mettere la testa in Paradiso nessuna creatura vivente potrebbe sopportare il suo odore. La sua dimora è il Mar Mediterraneo e le acque del Giordano si riversano dalla sua bocca.

Una cosa curiosa è che, nonostante la sua forza soprannaturale, il Leviatano sembra che abbia le sue paure, un piccolo verme chiamato “kilbit” che si aggrappa alle branchie di grandi pesci e li uccide.

Il Leviatano nel cristianesimo
Nella Rivelazione, San Giovanni vede il diavolo, vinto per sempre, gettato all’inferno con la Bestia e il Falso Profeta. Il Leviatano viene usato come immagine di Satana, che mette in pericolo sia le creature di Dio, tentando di mangiarsele, sia la creazione di Dio. San Tommaso d’Aquino descrive il Leviatano come il demone dell’invidia. Questo abbinamento venne ripreso da Peter Binsfeld, un abate inquisitore del XVI secolo che lo classificò come il demone dell’invidia, uno dei sette Principi dell’Inferno corrispondenti ai sette peccati capitali. Ancora il numero sette. 

Il Leviatano divenne così nel tempo associato all’Inferno, il mostruoso animale che divora i dannati nel Giudizio Universale. Curiosamente, il mito del Leviatano venne ripreso in un’opera di filosofia politica del 1651, il Leviatano, scritta da Thomas Hobbes. In questo caso il mitico animale venne usato per rappresentare simbolicamente lo Stato totalitario, un enorme mostro i cui membri sono i cittadini, un essere tentacolare che non lascia scampo e tutto controlla. Un concetto interessante che si sviluppò in seguito nello straordinario romanzo La fattoria degli animali di George Orwell, dove i politici reggenti assumono sembianze e comportamenti animali, di fatto perdendo ogni caratteristica di umanità. Curiosamente i protagonisti, nella loro presa di potere, stabiliscono sette regole (come le sette teste del Leviatano) teoricamente ispirate a nobili ideali, che vengono poi disattese facendo scivolare il regime in una dittatura che di umano ha ben poco. Un concetto moderno e purtroppo sempre attuale che era stato sottolineato anche dal Machiavelli che paragonò il Principe al centauro Chirone, significando che colui che doveva governare doveva possedere anche una natura animalesca. Un interessante connubio tra umanità (sfera spirituale) e animalità, ovvero quell’insieme di caratteristiche istintive proprie della vita animale. 

Un significato oscuro
La rappresentazione del male, le sette teste, la capacità distruttiva erano solo caratterizzazioni mitologiche e simboliche di paure ancestrali? Potrebbe essere esistito un mostro marino la cui memoria si sia trasmessa alle generazioni seguenti?

Un ricercatore, Mark McMenamin del Mount Holyoke College, ritiene di aver risolto l’enigma dei resti di nove Shonisaurus popularis della famiglia degli ittiosauri, rettili marini preistorici lunghi anche 15 metri, custoditi presso il Berlin-Ichthyosaur State Park nel Nevada (Usa). Secondo il ricercatore quegli animali non morirono per caso ma furono divorati da un’enorme creatura degli abissi. L’ipotesi deriva dalla scoperta di particolari incisioni ritrovate sul loro scheletro, simili a quelle causabili da un predatore moderno, il polpo. McMenamin sostiene che un cefalopode gigantesco, sia vissuto nei mari del Triassico, più di 200 milioni di anni fa. Un vero mostro forse sopravvissuto a lungo e osservato anche dai primi ominidi che gli diedero una spiegazione mitologica. Ipotesi decisamente intrigante che spiegherebbe come non siano state trovate tracce del suo passaggio.

Leviathan melvillei, Janet Fang, Nature News, pubblicato 30 giugno 2010 Call me Leviathan melvillei

Nel frattempo accontentiamoci dei resti fossili del Leviathan melvillei, un cetaceo del Miocene, affine ai moderni capodogli, i cui resti sono stati ritrovati nel 2008 a Cerro Colorado, nel deserto di Pisco-Ica, in Perù, da Klaas Post, del Museo di storia naturale di Rotterdam, durante una spedizione a cui hanno partecipato anche Giovanni Bianucci (Università di Pisa), Olivier Lambert (Museo di storia naturale di Bruxelles) e Mario Urbina (Museo di storia naturale di Lima). Del grande mostro marino è stata rinvenuta parte del cranio, con mandibola e denti. In base alle dimensioni del cranio trovato, lungo circa tre metri, si suppone che avesse una lunghezza totale compresa tra i 13,5 e i 17,5 metri. I denti più grossi sono lunghi 36 centimetri, una misura notevolmente maggiore rispetto ai denti degli attuali capodogli.

La descrizione scientifica dell’animale, firmata da Olivier Lambert, Giovanni Bianucci, Klaas Post, Christian de Muizon, Rodolfo Salas-Gismondi, Mario Urbina e Jelle Reumer, è stata pubblicata su “Nature” nel luglio del 2010. Il nome della specie è chiaramente un omaggio allo scrittore Herman Melville, creatore del celebre romanzo Moby Dick e al mitico Leviatano, signore degli abissi.

 

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