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Il nudibranco a … “batteria solare”

tempo di lettura: 3 minuti

 

livello elementare
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ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: nudibranchi, sea slug

 

Oggi parliamo di un curioso e simpatico nudibranco, che sembra uscito da un cartone animato, il Costasiella kuroshimae. Questa lumachina di mare, con occhi luccicanti e simpatiche protuberanze, sembra una pecorella dei cartoni animati giapponesi, ed appartiene al clade dei sacoglossi, nudibranchi comunemente noti come “nudibranchi succhiatori di linfa“.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è BIOLOGIA-MARINA-640px-Costasiella_sp_19797152176.jpg

Costasiella sp. 2 ~ 6 mm – autore @Christian Gloor, Wakatobi Dive Resort, IndonesiaCostasiella sp (19797152176).jpg – Wikimedia Commons

Scoperti nel 1993 al largo dell’isola giapponese di Kuroshima (da cui prendono il nome), sono presenti nelle acque giapponesi, alle Filippine e in Indonesia. Hanno due vivi occhi scuri e due rinofori che emergono dalla sommità delle loro teste che non sembrano dissimili dalle orecchie di pecora, da cui il nome comune “pecora foglia”. I rinofori hanno peli sottili che percepiscono le sostanze chimiche nell’acqua, consentendo alla Costasiella kuroshima e ad altre lumache di mare di trovare fonti di cibo.

Ed ora viene il bello
Questi animali si nutrono di alghe, cosa non rara nel mondo animale marino ma, cosa affascinante, sono alcune delle poche creature marine al mondo in grado di eseguire la fotosintesi clorofilliana. Quando questi strani animali mangiano le alghe, ne “succhiano” i cloroplasti, organelli cellulari nei quali avviene il processo di fotosintesi clorofilliana, incorporandoli, in alcuni casi, nei propri corpi in un processo chiamato cleptoplastica. Questo processo, che altrimenti può essere eseguito solo da organismi unicellulari, li rende essenzialmente dei nudibranchi che possono sopravvivere a … energia solare!

Come è possibile?
I sacoglossi utilizzano i cloroplasti delle alghe di cui si nutrono, riuscendo a mantenerli in vita per ore o addirittura mesi dopo la loro ingestione. Così facendo ne metabolizzano i prodotti fotosintetici, in un processo chiamato cleptoplastica. Questo processo è in qualche modo bizzarro, poiché l’utilizzo dei cloroplasti richiede solitamente l’interazione con i geni codificati nel nucleo della cellula vegetale. Questo fa pensare che in questi graziosi animaletti siano in qualche modo trasferiti i geni dalle alghe. I sacoglossi sono in grado di scegliere quale metodo di alimentazione utilizzare. Il passaggio dalla normale alimentazione all’impiego indiretto della fotosintesi è probabilmente innescato dalla carenza di risorse alimentari e forse non è il preferito. Questa sua particolare capacità conferisce alla Costasiella kuroshimae anche un certo “bagliore” sott’acqua, facendolo diventare bioluminescente.

D’altronde quando la lotta per la sopravvivenza diventa dura bisogna tirare la cinghia. Tra le diverse specie di sacoglossi, a causa della difficoltà a nutrirsi normalmente, i periodi di impiego della fotosintesi possono variare da meno di una settimana ad oltre quattro mesi. Insomma la fotosintesi è un’alternativa alla morte per fame.

Non è ancora chiaro come questo processo avvenga ovvero come i cloroplasti non vengano danneggiati durante la digestione e come si adattino nelle cellule. Comunque sia ottenuta, la cleptoplastica è una strategia importante per molti di questi piccoli animali marini e sembra che possa garantirne la sopravvivenza per lunghi periodi.

Un’altra cosa curiosa è che i sacoglossi possono utilizzare composti anti erbivori prodotti dalle alghe di cui si nutrono per scoraggiare i loro stessi predatori, convertendo i metaboliti delle alghe in tossine, oppure utilizzare gli stessi pigmenti algali per mimetizzarsi in un processo chiamato omocromia, per cui un organismo assume, per lo più a scopo protettivo, la stessa colorazione prevalente nell’ambiente in cui vive.

Sembra davvero incredibile che delle piccole lumachine di mare possano avere delle strategie così complesse di sopravvivenza. Il mare non finisce mai di sorprenderci.

 

 

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