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livello medio
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ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: Bioluminescenza, squali
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Un team di scienziati che studia gli squali al largo della Nuova Zelanda ha scoperto che tre specie di acque profonde sono in grado di emettere luminescenza al buio. La scoperta include lo squalo pinna aquilone, che potendo raggiungere le dimensioni di 180 cm è ora il più grande vertebrato con capacità di bioluminescenza conosciuto. La scoperta è stata pubblicata su Frontiers of Marine Science nel febbraio 2021.
Partiamo dall’inizio
La bioluminescenza è spesso vista come un evento spettacolare, prodotto da batteri o altri organismi accidentalmente. In realtà questa capacità di emettere luce fredda è presente anche in animali che vivono nelle profondità abissali. Considerando la vastità del mare profondo e la presenza di organismi luminosi in quella zona, è ora sempre più ovvio che la produzione di luce in profondità deve svolgere un ruolo importante nel più grande ecosistema del nostro pianeta.
Figura 1 Visualizzazione del fotoforo del Dalatias licha e misure di densità. (A) Densità dei fotofori per ciascuna zona studiata lungo il corpo dello squalo. (B) Rappresentazione del gradiente di densità del fotoforo dorso-ventrale. Fotofori punteggiati di nero (punta di freccia rossa) osservati tra le scaglie placoidi (aree delimitate) nelle aree (C) rostrale e (D) ventrale. L’area rostrale presenta specifiche squame placoidi a forma di foglia, mentre l’area ventrale ospita tipiche scaglie placoidi del tipo a pavimentazione. (E) Primo piano dei fotofori neri di forma circolare all’interno del tegumento che circonda le scaglie placoidi ventrali. d, scala placoide; e, epidermide; m, melanoforo; p, fotoforo. (F) Variazione della densità dei fotofori nelle zone studiate. Caratteri diversi indicano differenze statistiche. Da studio citato
Durante la ricerca, tre specie di squali di acque profonde (Dalatias licha, Etmopterus lucifer ed Etmopterus granulosus) sono state raccolte a Chatham Rise, al largo della Nuova Zelanda, e per la prima volta ne è stata documentata la capacità di bioluminescenza. Il confronto delle immagini luminose degli squali, combinato con la descrizione istologica degli organi luminosi e l’analisi del loro controllo ormonale, ha evidenziato una conservazione evolutiva del processo di bioluminescenza all’interno di questi pesci appartenenti ai Dalatiidae e Etmopteridae.
Questo primo studio, pubblicato su Frontiers in Marine Science Frontiersin.org fornisce una panoramica della diversità della bioluminescenza degli squali e sottolinea la necessità di ulteriori ricerche per comprendere questi insoliti abitanti delle profondità marine: gli squali luminosi.
Figura 2. Schema luminoso ventrale di Dalatiidae ed Etmopteridae e istologia del fotoforo. Immagine del lato laterale alla luce del giorno, pattern luminescente ventrale e sezione attraverso il fotoforo tegumento ventrale di (A) Dalatias licha, (B) Isistius brasiliensis, (C) Squaliolus aliae, (D) Etmopterus lucifer, (E) Etmopterus granulosus e ( F) Etmopterus spinax. La luminescenza ventrale in dalatiid mostra un pattern omogeneo, mentre gli etmopteridi mostrano un pattern eterogeneo con zone differenti. L’istologia dei fotofori evidenzia un singolo fotocita all’interno di piccoli fotofori nei dalatiidi, mentre gli etmotteri ospitano fotofori più grandi e complessi. c, tessuto connettivo; e, epidermide; i, cellule con struttura simile all’iride; l, cellula della lente; p, fotocita; s, guaina pigmentata. Barra della scala dell’immagine dello squalo in toto: 10 cm; barra della scala della sezione tealight: 100 μm. da studio citato
La Bioluminescenza
Quando parliamo di queste emissioni luminose naturali ci riferiamo alla produzione di luce visibile attraverso una reazione chimica da parte degli organismi viventi. Un fenomeno, come sappiamo, diffuso nella vita marina, ma questa è la prima volta che viene documentato ed analizzato nello squalo pinna nera, nello squalo lanterna dal ventre nero e nello squalo lanterna meridionale. La luce che viene emessa, chiamata anche luce fredda, è generata attraverso una reazione biochimica legata all’ossidazione di un substrato, luciferina, da parte di un enzima, la luciferasi. Questi squali sembrano produrre una luce blu-verde (tra 455 e 486 nm) per molteplici scopi, che sono ancora da valutare pienamente, e sono gli unici organismi bioluminescenti conosciuti che controllano in maniera ormonale l’emissione di luce.
La luminescenza si ottiene tramite migliaia di fotofori (organi in grado capaci di produrre luce dando luogo alla bioluminescenza) che sono situati all’interno dell’epidermide. Ogni fotoforo è composto da uno strato, a forma di coppa, di cellule pigmentate che incapsulano da una a più di dodici cellule fotogeniche (dette fotociti) e sormontate da una o più cellule.
Come premesso gli squali sono stati raccolti durante un’indagine sui pesci del Chatham Rise al largo della costa orientale della Nuova Zelanda nel gennaio 2020. Il kite fin, che può crescere fino a 180 cm, è ora il più grande vertebrato luminoso conosciuto: quello che i ricercatori hanno definito uno “squalo luminoso gigante”.
Figura 3. Motivo luminescente laterale e dorsale dello squalo Kitefin shark – Dalatias licha. (A) Vista laterale con luce diurna e motivo luminescente che evidenzia il motivo luminoso dorso-ventrale. (B) vista diurna dorsale e pattern luminescente. La luminescenza della seconda pinna dorsale è indicata dalla punta di freccia rossa. Barra della scala: 10 cm. da studio citato
I ricercatori, dell’Université Catholique de Louvain in Belgio e dell’Istituto nazionale di ricerca sull’acqua e sull’atmosfera in Nuova Zelanda, autori dello studio, ritengono che questa scoperta potrebbe aprire nuove ipotesi sulla nostra comprensione della vita nelle profondità marine, uno degli ecosistemi ancora troppo poco studiati del pianeta.
Questi squali vivono in quella zona dell’oceano conosciuta come mesopelagica o “crepuscolare”, tra i 200 ei 1.000 metri di profondità, oltre la quale la luce solare non penetra. Visti dal basso, gli squali appaiono retroilluminati contro la superficie luminosa dell’acqua, lasciandoli esposti a potenziali predatori senza alcun posto dove nascondersi. I ricercatori suggeriscono che il ventre luminoso di queste tre specie può aiutarli a mimetizzarsi per difendersi da eventuali minacce che potrebbero aggredirli dal basso. Nel caso dello squalo pinna aquilone (kitefin shark – Dalatias licha), che ha pochi, se non nessun predatore, è possibile che questa specie che si muove lentamente, utilizzi la sua bioluminescenza per illuminare il fondo dell’oceano mentre cerca cibo, o per nascondere la sua presenza quando si avvicina alla sua preda. “Sarebbero necessari ulteriori studi per confermare entrambe le ipotesi“, hanno scritto i ricercatori in un articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science, per comprendere questi interessanti meccanismi di predazione e di autodifesa. Inoltre, “Considerando la vastità del mare profondo e la presenza di organismi luminosi in questa zona, è ora sempre più ovvio che la produzione di luce in profondità deve svolgere un ruolo importante nella strutturazione del più grande ecosistema del nostro pianeta“.
l’immagine in copertina mostra il motivo luminescente laterale e dorsale di uno squalo Etmopterus lucifer (squalo lanterna dal ventre nero o blackbelly lanternshark). (A) vista laterale con luce diurna e schema luminescente. Il segno del fianco specifico della specie è indicato da una punta di freccia rossa (B) vista dorsale con luce diurna e motivo luminescente con linee luminose specifiche. Barra della scala: 10 cm. da studio citato
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