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livello elementare
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ARGOMENTO: ECOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: ocean day, Nazioni Unite, conservazione, futuro sostenibile
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Oggi, 8 giugno è la giornata degli Oceani. Tutto cominciò 29 anni fa, l’8 giugno 1992, quando fu dichiarata per la prima volta a Rio de Janeiro al Global Forum. Si trattò di un evento parallelo alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo (UNCED), che offrì un’opportunità alle organizzazioni non governative (ONG) ed alla società civile di esprimere il proprio punto di vista sulle questioni ambientali marine.
photo credit andrea mucedola
Come nacque?
La Dichiarazione fu ispirata da un evento organizzato dall’Oceans Institute of Canada e sostenuto dal governo canadese: “Oceans day at global forum – the blue planet”. Nel 2008, guidata dal Canada, l’Assemblea Generale dell’ONU, con la Delibera dell’Assemblea Generale 63/111, decise che l’8 giugno sarebbe stato designato dalle Nazioni Unite come “Giornata Mondiale degli Oceani”. Nel frattempo, l’importanza dell’Ocean Day si ampliò e fu riflessa nelle preoccupazioni espresse nel 2008 dal Segretario generale delle Nazioni Unite, che compresero l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la navigazione e sicurezza marittima, gli sviluppi della scienza e tecnologia marina, la difesa della biodiversità e dell’ambiente marino, lo sviluppo sostenibile a fronte dei cambiamenti climatici e la cooperazione regionale ed internazionale. Di fatto la Giornata mondiale degli oceani del 2008 catalizzò l’attenzione in tutto il mondo. Si sottolineò che il fine era salvaguardare gli oceani, i polmoni blu del nostro pianeta che, rilasciando più del 50% dell’ossigeno che respiriamo, sono in grado di assorbire un terzo dell’anidride carbonica prodotta sulla Terra e regolare il clima. Non ultimo gli oceani sostenevano economicamente una persona su cinque, e fornivano cibo e sostentamento a miliardi di persone.
Nel 2009, il tema della Giornata mondiale degli oceani delle Nazioni Unite fu “I nostri oceani, la nostra responsabilità“. In quell’occasione il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, sottolineò che “ La prima osservanza della Giornata mondiale degli oceani ci consente di evidenziare i molti modi in cui gli oceani contribuiscono alla società. È anche un’opportunità per riconoscere le notevoli sfide che affrontiamo nel mantenere la loro capacità di regolare il clima globale, fornire servizi eco sistemici essenziali e fornire mezzi di sussistenza sostenibili e attività ricreative sicure”.
L’8 giugno 2017, venticinque anni dopo la prima Giornata degli Oceani, fu lanciato l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile ovvero di mettere in atto azioni per conservare ed utilizzare in modo sostenibile gli oceani e le risorse marine. Dal 2020, a causa del COVID-19, la Giornata mondiale degli oceani delle Nazioni Unite, che tradizionalmente si tiene presso la sede delle Nazioni Unite a New York, è diventata virtuale, in modo da poter essere sempre più accessibile al pubblico globale.
Perché è importante?
Ne abbiamo parlato spesso e continueremo a farlo. Il mare è la nostra fonte di sopravvivenza e non possiamo permetterci la sua morte. Senza parlare degli aspetti economici, che comunque ci riguardano tutti, concentriamoci sul fattore che ritengo oggi più importante da evidenziare: la regolazione del clima. Abbiamo letto di riduzione dei gas serra, di sequestrazione del CO2, di preservazione delle foreste. Tutte cose da perseguire per un futuro migliore, ma ve ne è un’altra, forse meno conosciuta: il mantenimento della capacità di assorbire calore da parte degli oceani.
Con la Rivoluzione industriale, periodo storico strettamente connesso all’utilizzo dei combustibili fossili (carbone, gas naturale e derivati dal petrolio) per ottenere energia, l’Umanità acquisì prosperità, innovazione, migliore qualità di vita e maggiore longevità. Questo comportò una crescita demografica senza precedenti, accompagnata dai primi effetti collaterali, all’epoca non considerati tali, con la produzione di inquinanti in aria, sul terreno e in mare. Di fatto tutti questi inquinamenti trovarono poi la via del mare, creando l’impatto ambientale che oggi è sotto gli occhi di tutti. In circa 200 anni (da circa la metà del XVIII secolo) gli oceani hanno silenziosamente assorbito il 93% del calore in eccesso trattenuto in atmosfera dai gas serra, e immagazzinato circa 525 miliardi di tonnellate di CO2. Possono sembrare numeri poco significativi ma, in parole semplici, gli ecosistemi marini grazie alla loro maggiore capacità di immagazzinare anidride carbonica (50 volte di più rispetto alle foreste tropicali), ci hanno salvato da sicura estinzione.
Per ringraziamento, l’Umanità è riuscita a rendere gli oceani sempre più caldi, acidi e privi di ossigeno, creando vaste aree morte. La biodiversità marina, fondamentale per assicurare la catena alimentare, è sempre più minacciata dalla pesca eccessiva (overfishing) e dall’inquinamento da microplastiche. Tutto questo colpirà le popolazioni costiere che sono in aumento sulla fascia costiera, ovvero a non più di 50-100 km dalla linea di costa. Questa ‘litoralizzazione’ demografica tenderà a crescere col tempo. Ad esempio, la densità della popolazione costiera nel Mediterraneo è più che doppia rispetto a quella della popolazione totale dei Paesi che ci si affacciano.
photo credit andrea mucedola
Un problema che ci riguarda tutti
L’ultimo disastro ecologico è quello che sta avvenendo nelle acque dello stretto dei Dardanelli, invase dalla mucillagine. Un cocktail di fattori viziosi: l’aumento dell’inquinamento da nutrienti ha comportato uno sviluppo esuberante del fitoplancton, la pesca eccessiva ha diminuito il controllo del fitoplancton che è proliferato creando gravi fenomeni di mucillagine, la mucillagine ha comportato la morte degli organismi sessili e la riduzione dell’ossigenazione delle acque … il tutto favorito dall’aumento delle temperature marine che sappiamo legato al riscaldamento climatico.
Eventi di questo tipo appaiono nelle news e colpiscono l’immaginario collettivo … ma per quanto? Quanto siamo disposti a rinunciare per assicurare un futuro agli oceani? Se la prima domanda si riduce ad un tempo piuttosto limitato (nine days news), la seconda domanda è fuorviante … non ci sono alternative.
Le condizioni di salute degli oceani sono pessime, i mari sono sempre più caldi, più acidi e privi di ossigeno, gli habitat corallini stanno morendo, le aree marine morte (dead zone) stanno aumentando, le specie ittiche non sono più controllate, la biodiversità marina è minacciata … e, cosa che dovrebbe farci pensare, non abbiamo di fronte un interruttore; non è che spegnendo il tutto subito potremmo risolvere immediatamente il problema … esiste un’isteresi che fa si che il danno ricevuto sarà riparato in un tempo lungo. E non abbiamo molto tempo.
Questo è il motivo per cui non possiamo più aspettare, perché l’alternativa è la nostra estinzione. Ma il vostro impegno non deve essere limitato solo a domani, il futuro appartiene a noi solo se saremo in grado di meritarcelo.
Andrea Mucedola
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Chi volesse seguire l’evento della Giornata mondiale degli oceani delle Nazioni Unite 2021, il cui tema è The Ocean: Life and Livelihoods, potrà collegarsi a questo link. |
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
Grazie Ammiraglio….
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