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livello elementare.
ARGOMENTO: METEOROLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Cumulonembi, nuvole
Nelle giornate estive del nostro emisfero il riscaldamento nei bassi strati dell’atmosfera tende a trasferirsi rapidamente verso il basso. Con il passare delle ore, masse di aria calda si distaccano dalle superfici maggiormente riscaldate e risalgono verso strati con pressione minore.
Classificazione delle nubi – autore Valentin de Bruyn – Fonte
Cloud types it.svg – Wikimedia Commons
Come avrete notato questo avviene tra la tarda mattinata ed il primo pomeriggio, specialmente in prossimità dei rilievi che, scaldandosi al Sole prima delle pianure, favoriscono il processo di “aspirazione” verso l’alto. Le masse d’aria risalendo verso l’alto crescono rapidamente di diametro, espandendosi proprio perché incontrano pressioni via via minori. Nel contempo, questa espansione porta la massa d’aria ascendente a raffreddarsi (essendoci temperature minori in quota), seguendo la regola del raffreddamento adiabatico secco, ossia di 1° C ogni 100 metri. La risalita si ferma quando la temperatura della massa ascendente diventerà uguale a quella dell’aria circostante. Quando l’aria calda in ascesa è sufficientemente umida, il vapore acqueo, si formano nella massa d’aria per condensazione delle goccioline, che liberano calore, scaldando letteralmente la nube. Questa la nuvola arresterà la propria si sviluppano quelle nubi a cavolfiore che provocando rapidi rovesci accompagnati spesso da fulmini, vento e localmente anche da grandine. Insomma quei temporali estivi che ben conosciamo.

differenza tra cumulonembi e cumuli
Sebbene i cumulonembi possono appartenere a due sole specie, il Cumulonimbus calvus (Cu cal) ed il Cumulonimbus capillatus (Cu cap), l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) classifica come cumulonembi, derivati da pirocumuli, un tipo di nuvole simili ad un cumulonembo che si formano al di sopra di una fonte di calore, Per cui ogni pirocumulo, generato da fonti naturali di calore ben localizzate, deve essere indicato utilizzando le rispettive specie e caratteristiche supplementari seguite dal termine “flammagenitus”. Questo tipo di cumulonembo viene abbreviato con la sigla CbFg.
Pirocumulo generatosi dal calore di un incendio in Argentina, 29 gennaio 2018 – foto NASA
Un fenomeno meteorologico sempre più ricorrente
Questo tipo di nubi stanno diventando sempre più frequenti e fanno ritenere che la loro genesi possa essere legata ai cambiamenti climatici. Come vedremo i loro effetti sono tutt’altro che trascurabili. Le pesanti piogge che si riversano possono arrivare ad estinguere il fuoco che ha formato questi strani cumulonembi ma possono anche innescare, a causa dei fulmini, ulteriori incendi, creando di fatto un ciclo vizioso. In pratica anche queste nuvole cumuliformi si generano a seguito di un aumento termico locale, in questo caso provocato però da un incendio oppure a seguito di fenomeni vulcanici o antropogenici. Analogamente alla distinzione meteorologica tra cumulo e cumulonembo, si tratta sempre di nubi convettive che presentano un notevole sviluppo verticale che può raggiungere la troposfera superiore o anche la stratosfera inferiore comportando precipitazioni, grandine, fulmini, venti variabili che possono essere deboli ma, in alcuni casi, anche tornado. Gli effetti combinati di questi fenomeni possono aumentare anche notevolmente la propagazione degli incendi e causare pericoli diretti sul terreno.
l’interazione tra un pyrocumulonimbus, fuoco e fumo combinati in un temporale Credit: Naval Research Lab/Mike Fromm / NASA
La sua definizione è relativamente recente e deriva dalla scoperta, avvenuta nel 1998, che manifestazioni estreme di piro convezione potevano causare l’iniezione diretta di grandi quantità di fumo nella bassa stratosfera. Oltre ai fenomeni predetti, si può generare un aerosol di fumo che può persistere per settimane, riducendo la luce solare a livello del suolo. Queste manifestazioni sono tutt’altro che rare e, nel 2002, furono registrati 17 distinti Cumulonembi Flammagenitus nel solo Nord America.
Per decenni, il pennacchio in questa foto, a seguito dell’attacco su Hiroshima, fu erroneamente identificato come il fungo atomico causato dall’esplosione della bomba atomica il 6 agosto 1945 sulla città giapponese. In seguito, nel marzo 2016, valutando la sua altezza (molto maggiore del normale) la nuvola fu identificata come un pirocumulonembo che si sviluppò sopra la città quando la tempesta di fuoco raggiunse la sua massima intensità, circa tre ore dopo l’esplosione Pyrocumulonimbus cloud over Hiroshima, near local noon. Aug 6 1945.jpg – Wikimedia Commons
Sebbene non si esclude che questi fenomeni possano essere esistiti anche in epoche lontane, storicamente va ricordato il CuFg che si creò su Hiroshima, Giappone, il 6 agosto 1945, quando un’intensa nuvola simile a un cumulonembo si formò sulla città dopo che la nube generata dalla bomba atomica si era dissipata. La nuvola era il risultato della tempesta di fuoco che nel frattempo aveva distrutto la sfortunata città, uccidendo circa il 30% della popolazione.
Un evento più recente furono le nuvole temporalesche che si formarono per convezione sul vulcano Pinatubo nel 1991 nelle Filippine, a seguito degli alti pennacchi causati dall’eruzione vulcanica. Per alcuni mesi dopo l’eruzione del Pinatubo, gli osservatori meteorologici dell’esercito americano osservarono quelli che vennero definiti “temporali vulcanici” vicino alla vetta; in altre parole si generarono dei cumuli vicino alla parte superiore del pennacchio che spesso si trasformarono in cumulonembi che provocarono violenti temporali che produssero quantità significative di precipitazioni localizzate, con “caduta di fango” e cenere. Questi temporali, che si formarono anche su flussi caldi ed esplosioni secondarie in assenza di eruzione, provocarono la formazione di temporali nelle prime ore del giorno. Le ceneri vulcaniche furono osservate anche nelle sommità delle nubi nell’alta troposfera.
Il 18 gennaio 2003, una serie di nuvole si formò a seguito di un grave incendio boschivo, nei pressi di Canberra, Australia, provocando un grande tornado di fuoco, classificato F3 sulla scala Fujita. Questa scala, raramente nominata dai media, è di fatto una misura empirica dell’intensità di un tornado in funzione dei danni inflitti alle strutture costruite dall’Uomo. Una curiosità, a differenza delle altre scale che abbiamo trovato in meteorologia la sua origine è abbastanza insolita e si rifà all’esplosione atomica su Hiroshima che ebbe tra i suoi tanti devastanti effetti anche lo sviluppo di numerosi tornado.
La formazione di cumulonembi flammagenitus (CbFg) sull’Australia non è un evento raro. Nel 2009, gli incendi boschivi di quello che fu chiamato il Black Saturday uccisero 173 persone, distruggendo oltre 2000 case e bruciando più di 450.000 ettari di terreno. Questi pennacchi di fuoco produssero molti CbFg distinti, alcuni dei quali raggiunsero un’altezza di 15 km generando una grande quantità di fulmini. Pennacchi di fuoco colpirono nuovamente l’Australia il 30 dicembre 2019, quando due mezzi dei pompieri furono ribaltati da un “tornado di fuoco” nel Nuovo Galles del Sud, in Australia.
Il 4 settembre 2020, nell’animazione (NOAA/NASA), un incendio di grandi dimensioni colpì la California. In soli quattro giorni l’incendio si estese su un’area di oltre 152.000 acri, creando creato una spaventosa nuvola di piro cumulonembi. Secondo la NASA, la più grande nuvola di questo tipo mai formatasi negli Stati Uniti. Non ultima la recente tempesta di fuoco in Canada, quando un cumulonimbus flammagenitus si è formato sulla Columbia Britannica e sull’Alberta nordoccidentale, a seguito degli incendi legati all’ondata di caldo del Nord America occidentale. In sole 15 ore, sono stati registrati 710.117 fulmini, di cui 112.803 da nuvola a terra.
In sintesi, la generazione crescente di questi piro cumuli richiederà sempre maggiori monitoraggi al fine di ridurre i rischi per le popolazioni. Le immagini satellitari sono strumenti indispensabili per analizzare i fattori di rischio e ottimizzare gli interventi.
foto di anteprima: pirocumulo generato il 12 gennaio 1991 dal vulcano Pinatubo nelle Filippine – Fonte https://www.usgs.gov/media/images/june-12-1991-eruption-column-mount-pinatubo-taken-th – Autore Dave Harlow, United States Geological Survey
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