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La ZEE italiana, un’opportunità mediterranea per la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente parte I

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR  MEDITERRANEO
parole chiave: ZEE

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Il Mar Mediterraneo è un mare intercontinentale situato tra Europa, Asia e Africa, si estende per una superficie pari a 2.969.000 Kmq e rappresenta solo lo 0,82% della superficie complessiva dei mari e degli oceani. Il clima mite della regione mediterranea consente l’allevamento di numerose specie e la coltivazione di numerosissime produzioni tipiche, le acque del Mar Mediterraneo ospitano specie molto pregiate ed apprezzate dai consumatori di tutto il mondo. Al suo interno si affacciano 21 paesi, le cui economie dipendono tutt’oggi dall’ utilizzo delle risorse marittime in un contesto geopolitico caratterizzato da rapidi cambiamenti e profondi contrasti. Il nodo principale rimane la mira espansionistica di alcuni paesi mediterranei e la loro rivendicazione ad accaparrarsi diritti esclusivi di pesca e non solo, basti pensare ad esempio alla più recente disputa tra Grecia e Turchia circa la delimitazione dei rispettivi confini marittimi a seguito dei ritrovamenti di idrocarburi in un’area marittima compresa tra Cipro, Grecia ed Egitto.

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Seppur in una posizione declinata rispetto al passato, soprattutto a causa delle vicende libiche, l’Italia continua ad essere la cerniera geografica, culturale e politica tra l’Europa l’Area Mediterranea.

Il nostro Paese non può più rimandare l’assunzione di ruolo di importanza marittima nel contesto globale. Per assumere tale ruolo servono ingenti risorse economiche che l’Italia post pandemia non è in grado di sostenere. Rimarrebbe un percorso più sostenibile che potrebbe essere perseguito in periodi diversi. Nel breve periodo l’Italia continuerà a seguire i principali interessi dell’area mediterranea che rimangono la sicurezza, la stabilità geopolitica, l’economia energetica, l’economia ittica, utilizzando i principali strumenti a disposizione ovvero: la diplomazia energetica, la cooperazione (soprattutto a livello regionale), i propri valori di solidarietà e umanità, la tutela ambientale ed il raggiungimento dello “sviluppo blu”. Nel lungo periodo invece, emerge l’importanza di investire per una portualità ed una logistica efficiente ed integrata con le reti infrastrutturali e tecnologiche europee e globali.

Una ZEE italiana 
L’andamento dell’attività di pesca non è determinato esclusivamente da elementi e considerazioni di carattere giuridico o ambientale. Entrano in gioco molte altre variabili, economiche, sociali, culturali, antropologiche, scientifiche, tecnologiche e persino politiche, alcune delle quali non molto vistose ma neppur meno influenti; variabili che vanno riconosciute e studiate in maniera attenta, informata e consapevole, partendo dall’assunto che la parola libertà nel mare appare oggi come l’espressione di un principio, da tempo superato, che si traduce nell’esercizio arbitrario di qualsiasi attività di pesca.

Alcuni paesi frontalieri che hanno istituito unilateralmente “zone economiche esclusive” (ZEE) e la mancanza di regolamentazione nei paesi terzi del Mediterraneo, in netta contrapposizione con le articolate normative europee, fanno crescere la concorrenza del versante orientale e meridionale del Mare Nostrum in particolare dell’Egitto, Libia, Tunisia e Turchia.

Lo scorso 9 giugno è stata approvata la legge per l’istituzione della Zona Economica Esclusiva Italiana. Per la sua definizione sarà necessario avviare un dialogo con gli altri Paesi rivieraschi in particolare bisogna far fronte alle rivendicazioni di pesca di Libia e Tunisia. I continui ritardi nell’approvazione di una nostra ZEE, hanno posto l’Italia in una posizione di svantaggio rispetto a quei paesi che si sono adoperati ad istituire la propria ZEE per tempo. Seppur in ritardo, l’approvazione di una ZEE (si spera) consentirà comunque all’Italia di intavolare delle trattative. [1]

Che cos’è una zona economica esclusiva (ZEE)? 
In base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (“United Nations Convention on the Law of the Sea”, “UNCLOS”), la ZEE può estendersi fino a 200 miglia dalle linee di base (baseline) dalle quali viene misurata l’entità delle acque territoriali (territorial waters). Nel caso in cui l’ampiezza delle acque territoriali fosse di 12 miglia, la ZEE potrebbe avere l’estensione massima di 188 miglia. Come è previsto per la “zona contigua” che, allorché esista, è compresa all’interno della ZEE.

La ZEE, perché diventi effettiva, deve essere proclamata formalmente nei confronti della comunità internazionale. La ZEE ha valore meramente funzionale e assegna soltanto in esclusiva allo Stato rivierasco il diritto di sfruttare le risorse della colonna d’acqua sovrastante il fondale marino, non contemplando invece gli altri numerosi diritti spettanti al mare territoriale. Per quanto concerne le risorse del fondo e del sottosuolo marino la UNCLOS definisce l’istituto della Piattaforma continentale. [2]

ZEE: l’origine del problema  
Per lungo tempo la pesca è stata considerata quasi esclusivamente su un piano strettamente privatistico, quale libera estrinsecazione delle facoltà umane. Ciò anche in ragione del fatto che tale attività, anche se esercitata professionalmente, veniva considerata come scarsamente redditizia ed assai poco influente sul piano dell’economia nazionale. Tuttavia nel corso degli anni si è assistito ad un vero e proprio stravolgimento del modo di concepire la pesca ed anche lo sfruttamento delle altre risorse marittime. Soprattutto a partire dal secondo dopoguerra il settore è stato oggetto di una crescente attenzione e di una puntuale e specifica disciplina, sia a livello nazionale che internazionale. In particolare, si è registrata una significativa riduzione della sfera di libertà del privato nei riguardi dell’attività di pesca dovuta, essenzialmente, a due principali ordini di ragioni: l’importanza crescente delle risorse ittiche per l’alimentazione umana, unitamente alla consequenziale importanza economica ad esse così attribuita, e la preoccupazione del deterioramento irreversibile delle risorse ittiche stesse, dovuto sia a fenomeni di sovra sfruttamento che a fenomeni di inquinamento delle aree marine, con l’allarmante conseguenza dell’estinzione di alcune specie ittiche. Questi fenomeni si sono mostrati con particolare evidenza soprattutto con il passaggio dalla pesca artigianale alla pesca industriale, caratterizzata dalla meccanizzazione delle reti, dalla motorizzazione delle imbarcazioni, da moderni sistemi di conservazione a bordo del pescato e dall’utilizzo di apparecchiature per l’individuazione delle zone di pesca. Si è così avuto un notevole incremento della produzione mondiale in questo settore. La prima e più evidente conseguenza dell’incontrollato sviluppo della produzione è stato un impoverimento generalizzato delle risorse biologiche del mare che, già evidente sul finire degli anni ‘60 ha provocato una brusca flessione della produzione nel successivo decennio ‘70.  

Anche le esigenze di tutela del mare dai fenomeni di inquinamento hanno assunto particolare rilievo a partire dai primi anni ‘70, soprattutto in seguito ad una serie di incidenti che hanno portato la soglia dell’inquinamento marino a livelli mai raggiunti prima, causando in tal modo danni irreversibili. 

Fine I parte – continua

Pietro Minei
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Note

[1] https://it.insideover.com/politica/la-battaglia-delle-zee-nel-mediterraneo.html

[2] Dalla regola delle tre miglia alle Convenzioni ONU sulle leggi del mare • Ocean 4 Future

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