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La zona economica esclusiva: il quadro normativo

tempo di lettura: 9 minuti

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livello medio

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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR  MEDITERRANEO
parole chiave: ZEE

 

Dopo aver esaminato cos’è una zona economica esclusiva e la ZEE italiana, Pietro Minei approfondisce il quadro, o meglio i quadri normativi.

In un simile contesto, è emerso il comune interesse, a livello nazionale e internazionale, orientato a proteggere l’ambiente marino e le sue risorse biologiche. Per la prima volta nella storia, l’1 novembre del 1967 Arvid Pardo, un giovane diplomatico maltese (considerato oggi come il padre della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare) intraprese un autorevole discorso davanti l’Assemblea delle Nazioni Unite finalizzato all’ottenimento di un regolamento internazionale capace di assicurare la pace nel mare e di proteggere e tutelare l’ambiente e le risorse marine. Propose che il mare costituisse parte del patrimonio comune dell’Umanità e chiese che parte della ricchezza del mare fosse usata per finanziare un fondo che aiutasse a ridurre il divario tra le nazioni ricche e povere.

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I quadri normativi
Nell’ambito dei numerosi documenti prodotti, emerge la costante esigenza di creare un sistema globale di controllo attraverso standard e norme internazionali. In questo quadro vanno annoverate: le Disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, le Decisioni della Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (Conferenza di Rio), il Codice di Condotta FAO per la pesca responsabile, l’Accordo delle Nazioni Unite sugli stock altamente migratori, l’istituzione dell’ICCAT1 e dell’IATTC2 [4].

A LIVELLO EUROPEO
Nell’ambito della Politica Comune della Pesca, sono stati predisposti appositi strumenti per la gestione e la conservazione delle risorse ittiche. In particolare, da un lato sono state adottate misure di contingentamento delle catture mediante l’introduzione dei totali ammissibili di cattura (TAC), programmi di riduzione dello sforzo di pesca attuabili attraverso i POP e una apposita regolamentazione degli attrezzi da pesca:

  • Regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio del 20 novembre 2009 – Il regolamento è stato parzialmente modificato dal regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca e dal regolamento (UE) 2015/812 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, per quanto riguarda l’obbligo di sbarco-
  • Regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011 della Commissione, dell’8 aprile 2011, recante modalità di applicazione del suddetto regolamento del Consiglio, modificato in parte dal regolamento di esecuzione (UE) 2015/1962 della Commissione del 28 ottobre 2015.
  • Regolamento (UE) 2019/473 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, relativo all’Agenzia europea di controllo della pesca.

    Il 30 maggio 2018 la Commissione ha adottato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 1224/2009, (CE) n. 768/2005, (CE) n. 1967/2006 e (CE) n. 1005/2008 del Consiglio e il regolamento (UE) 2016/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli nel settore della pesca. La proposta è attualmente in attesa della posizione del Parlamento in prima lettura.

Dall’altro, sono stati istituiti Fondi Strutturali destinati allo sviluppo del settore ittico attraverso lo SFOP e il PIC nel periodo 2007-2013, Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) con una dotazione di 6,4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020 è uno dei cinque fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) per il periodo 2014-2020.

Il Fondo rientra nella rubrica 2, «Crescita sostenibile e risorse naturali» e rappresenta il principale strumento finanziario a sostegno della PCP dell’UE. Il FEAMP contribuisce in misura modesta a sostenere una politica marittima integrata (PMI). La PCP promuove fondamentalmente la pesca sostenibile, l’acquacoltura sostenibile, il controllo e l’esecuzione, la raccolta di dati e l’economia blu. Il FEAMP sostiene inoltre obiettivi a livello dell’UE in materia di affari marittimi e costieri, quali la governance internazionale, le conoscenze marine e la pianificazione dello spazio marino [5]. Regolamento (UE) 2021/1139 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 luglio 2021 che istituisce il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura e che modifica il regolamento (UE) 2017/1004 [6].

–  A LIVELLO NAZIONALE
Il controllo delle attività della pesca e la lotta alle infrazioni mirano a garantire una corretta applicazione delle norme in materia di pesca e, all’occorrenza, a imporne l’osservanza. In tale settore, le competenze e le responsabilità sono suddivise tra gli Stati membri, la Commissione e gli operatori. Gli Stati membri che non rispettano tali norme sono perseguibili in base alla procedura d’infrazione [7]. L’attuale legislazione nazionale in materia di pesca può trovare una collocazione temporale alla metà degli anni ‘60 con la Legge n. 963/65 che rimanda al Regolamento attuativo n. 1639/68 (aggiornato al 2014 – unitamente a documenti relativi alla normativa dei pescatori professionali -) [8]. Una svolta fondamentale nel settore della pesca si è avuta con la Legge n. 41 del 1982, (piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima). Un provvedimento abrogato dal d.lgs. 26 maggio 2004, n. 154 [9] che ha introdotto la programmazione settoriale della pesca attraverso piani triennali i cui obbiettivi, sono finalizzati per gli interventi previsti dalla legge stessa:

  • gestione razionale delle risorse biologiche;
  • incremento di talune produzioni;
  • razionalizzazione del mercato;
  • miglioramenti occupazionali;
  • miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli addetti al settore;
  • mutui e contributi a fondo perduto a favore di iniziative coerenti con gli obiettivi dei piani triennali;
  • miglioramento della bilancia commerciale.

Particolare rilievo assume, poi, l’art. 4 della l.n. 41/1982 che, sotto la rubrica “Regolazione dello sforzo di pesca”, istituisce la licenza di pesca sopprimendo il precedente sistema basato sul permesso di pesca.  Il legislatore del 1982, al fine di contenere lo sforzo di pesca sulla base della consistenza delle risorse biologiche del mare, ha attribuito al Ministro della marina mercantile (oggi al Ministro delle politiche agricole [10]) il potere di stabilire il numero massimo delle licenze che possono essere rilasciate, suddivise a seconda delle zone di pesca, degli attrezzi utilizzati, delle specie catturabili, della distanza dalla costa e della potenza dell’apparato motore installato a bordo della nave. Il D.L. n. 226 del 18 maggio 2001 e successive modifiche [11] ha contribuito in misura particolarmente rilevante ad evidenziare i grandi cambiamenti verificatisi in materia di impresa ittica a seguito dell’equiparazione di questa con l’impresa agraria. Il D.M. 27 luglio 1987, n. 33 [12] ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del fermo temporaneo dell’attività di pesca per motivi biologici. Secondo tale decreto si stabilisce che le navi attrezzate con reti a strascico o volanti, sospendano annualmente l’attività di pesca nei periodi stabiliti dal MIPAF.

Un provvedimento degno di nota che mette in risalto l’intervento nazionale, nel controllo e nella gestione degli stock sfruttati, è il Piano di “Razionalizzazione della Pesca del tonno rosso in Italia, che introduce limiti temporali e circoscrive il numero di battelli che praticano tale attività di pesca. L’adesione da parte dell’Italia all’ICCAT [13] prevede l’applicazione del sistema delle quote, attraverso il quale viene assegnata una quota di catture ammissibili ad ogni Paese che possiede una flotta dedita a tale tipo di pesca, tale quota va poi ripartita fra le singole imbarcazioni che pescano il tonno rosso. Nell’ipotesi di superamento della quota vi sarebbe il rischio di penalizzazioni tra cui la diminuzione della quota di pesca per l’anno successivo. Con il regolamento 2792/99, vengono avviati gli interventi di carattere strutturale, nell’ambito delle regioni Obiettivo 1.

Le strategie di sviluppo di tale politica vengono delineate nel Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) e attuate attraverso il Programma Operativo Nazionale (PON) e i Programmi Operativi regionali (POR). Il governo nazionale è intervenuto anche in materia di sicurezza sul lavoro, uniformandosi alla Direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca, varando il Decreto Legislativo del 17 agosto 1999, n. 298. Con D. M. 2371/2002 il MIPAF ha istituito, il Nucleo centrale ispettori pesca, i cui compiti sono quelli previsti dal Regolamento (CEE) n. 2847/93 [14]. Ai fini della sicurezza, della tracciabilità e della qualità delle produzioni alimentari, il governo nazionale ha varato il D.M. 27 marzo 2002 in virtù del quale i prodotti esposti alla vendita al dettaglio al consumatore finale devono essere accompagnati da un’etichetta che riporti la denominazione commerciale della specie, metodo di produzione e zona di cattura.

A LIVELLO REGIONALE
Con l’approvazione della l. 5 febbraio 1992 n. 102, concernente l’acquacoltura, che ha risolto definitivamente la questione del suo inquadramento giuridico sancendone “l’agrarietà”. La legge ha stabilito che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano adottano programmi di sviluppo dell’acquacoltura in armonia con le disposizioni della legge medesima. Tale disposizione, tuttavia, non fa che ribadire un dato già acquisito, poiché la stessa qualificazione di attività agricola riconosciuta all’acquacoltura costituisce il presupposto per l’implicito riconoscimento di competenza in materia alle regioni. In seguito, con la l. 4 dicembre 1993 n. 491, con la quale sono state riordinate le competenze regionali e statali in materia di agricoltura e foreste ed è stato istituito il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, sono state trasferite a quest’ultimo le funzioni in materia di pesca marittima, nonché quelle di già competenza del Ministero della marina mercantile.

Il decreto legge del 4 giugno 1997 n. 143, riguardante il conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e di riorganizzazione dell’amministrazione centrale, che tutte le funzioni ed i compiti svolti dal predetto Ministero, tra cui quelle relative alla materia della pesca, sono esercitate dalle regioni, direttamente o mediante delega di attribuzione, alle province, ai comuni o ad altri enti locali e funzionali. Il MIPAAF svolge invece compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale.

La cooperazione tra frontalieri per un marchio mediterraneo
Come già detto, per la sua definizione, l’istituzione della ZEE pone come presupposto il dialogo con gli altri Paesi rivieraschi. La pandemia causata dal Covid-19 ha duramente colpito il settore della pesca con una diminuzione di quasi 20% dell’occupazione e con un calo dei ricavi di c.a il 30% degli utili netti rispetto al 2019. Alla luce un simile quadro è opportuno che le imprese e le istituzioni di questi paesi e del nostro, si confrontino al fine di aumentare la competitività di un “sistema”, quello “mediterraneo”, in tempi in cui la concorrenza aumenta e le condizioni generali sono più difficili. Il modello della Blue Economy (proposto a livello regionale dal Distretto di Mazara del Vallo) risponde a tale esigenza e ne fa emergere il peso reale contribuendo alla costruzione di politiche solide e condivise che affermino il ruolo dell’Italia nei contesti internazionali e in particolare nell’area del Mediterraneo.

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La Blue Economy ha in sé quindi una lunga serie di implicazioni e ripercussioni positive non solo dal punto di vista economico ma soprattutto sul piano sociale, culturale, antropologico, scientifico, tecnologico e persino politico dato che il Mediterraneo gioca da sempre un ruolo critico anche per il mantenimento della pace e della sicurezza tra i paesi rivieraschi nonché tra tre continenti: l’Europa, l’Africa e l’Asia. [15]

Conclusioni
Con l’adozione della Comunicazione (COM 2012 494 final) [16] del 13 settembre 2012 (Crescita blu opportunità per una crescita sostenibile dei settori marina e marittima) la Commissione Europea ha indicato ai paesi dell’U.E. le potenzialità presenti nel settore marittimo per contribuire a dinamizzare l’economia e per fornire un supporto all’uscita della grave crisi economica in atto. In questo contesto la pesca marittima, che è il settore con la più grave crisi di risorse, può avere ancora un importante supporto per la crescita. Tuttavia, c’è il rischio che le decisioni assunte a Limassol (Cipro) in occasione del Consiglio dei ministri incaricati degli affari marittimi dell’U.E. in materia di pesca, pur guardando in un’ottica più mediterranea le problematiche della pesca, non abbiano ricadute immediate sulla pesca nazionale ed in particolar modo su quella siciliana. E’ necessario, pertanto, elaborare un progetto specifico che ponga al centro la Sicilia e la pesca siciliana e, che assicuri un adeguato coinvolgimento della politica regionale nelle decisioni assunte a livello comunitario.

L’ “Osservatorio della Pesca Mediterranea”, che ha da molto tempo indicato la “blue economy” come strategia vincente per fare uscire questo settore dalla drammatica crisi in cui si trova, chiede all’Unione Europea una particolare attenzione verso la pesca siciliana e le problematiche del settore. Problematiche che nell’ultimo decennio hanno dimezzato le flotte pescherecce italiane in particolar modo nel sud Italia, causando fenomeni di disoccupazione e spopolamento delle aree marginali. Rimane pertanto di fondamentale importanza la riconnessione tra l’area mediterranea ed il nord Europa con opere ambiziose per il miglioramento delle reti infrastrutturali che vanno dai trasporti alle reti idriche ed energetiche, ai sistemi di informazione e comunicazione finalizzate alla crescita economica, all’inclusione sociale, alla tutela dell’ambiente.

Pietro Minei

 

Note

[4]
1 Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonni dell’Atlantico, al quale l’Italia ha aderito in data 6 agosto 1997, divenendo paese contraente destinatario di tutti gli impegni e le raccomandazioni che promanano da questa Organizzazione Internazionale. Fra le conseguenze rilevanti di questa adesione vi sono l’applicazione del sistema delle quote per la pesca del tonno rosso anche per l’Italia, e l’attuazione del fermo temporaneo dell’attività per esigenze di conservazione delle risorse marine.
2 Commissione Interamericana del Tonno Tropicale.  

[5] https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/117/aiuti-strutturali-alla-pesca

[6] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32021R1139

[7] https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/116/controllo-delle-attivita-della-pesca

[8] https://www.guardiacostiera.gov.it/normativa-e-documentazione/pesca-professionale

[9] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982;41

[10] https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3402

[11] https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/01226dl.htm

[12] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1987-08-06&atto.codiceRedazionale=087U0331&elenco30giorni=false

[13] Il Regolamento Comunitario n° 49/99 pubblicato nella G.U.C.E. n° 31 del 18/01/99 segue alla raccomandazione dell’ICCAT n°46/98 che prevede il divieto della pesca a circuizione per il tonno rosso dal 1° al 31 maggio nell’Adriatico e dal 16/07 al 15/08 nel resto del Mediterraneo. 

[14] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:31993R2847&from=FR

[15] http://www.bluemed-initiative.eu/strategic-research-and-innovation-agenda/

[16] https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-14792-2012-INIT/it/pdf

 

 

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