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Logistica militare: proviamola nuova

tempo di lettura: 10 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA

parole chiave: Logistica

La logistica fa parte delle arti militari e relegarla in posizione perennemente subordinata a strategia e tattica ne sminuisce imprudentemente l’utilità.

Al di là delle rappresentazioni oleografiche, di fatto, tattica e strategia non possono concretizzarsi se, alle spalle, non esiste un adeguato supporto logistico che si ispiri ai dettami vigenti nel contesto commerciale; non siamo in fondo così lontani dalla scomodissima verità che vuole, alla base di qualsiasi successo, una logistica efficiente che, per essere conseguita, avrebbe bisogno di solide basi.

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In ambito militare, parlando di logistica, si è indotti a giungere, riduttivamente, a specifiche attività d’impiego limitate a finanziamenti, infrastrutture, ed a settori circoscritti (acquisizione, conservazione, distribuzione); tuttavia la logistica, è anche:
– pianificazione globale delle attività di supporto;
– determinazione delle esigenze in funzione della proposta/esigenza tattico/strategica;
– progettazione del supporto ed organizzazione dell’aderenza;
– integrazione e razionalizzazione delle risorse finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità di piani e operazioni, attraverso flussi costanti tesi alla massimizzazione dei benefici ed alla minimizzazione dei rischi.

La Logistica è arte e scienza dell’organizzazione, della progettazione e dell’attività tecnica riguardante i requisiti, la definizione, la fornitura e le risorse necessarie a supportare obiettivi, piani ed operazioni (S.O.L.E. – Society Of Logistic Engineers)”.

Secondo la dottrina NATO per logistica s’intende: “The science of planning and carrying out the movement and maintenance of forces. In its most comprehensive sense, the aspects of military operations which deal with: design and development, acquisition or construction, maintenance, operation and disposition of facilities; acquisition or furnishing of services and medical and health service support”. In accordo con tali definizioni si distinguono dunque due aspetti, relativi sia all’individuazione ed all’accumulo delle risorse, sia alla creazione delle capacità di distribuzione e impiego delle stesse (Production Logistics and Consumer Logistics).

La Logistica diventa dunque strumento di proiezione di potenza nelle mani dell’egemone; prima i Britannici e poi gli Americani ne hanno dato dimostrazione impiantando sia reti di interscambio sia punti nodali da cui espandere la loro azione. Questo sia in termini economico-commerciali che militari. Attualmente, secondo le analisi USA, la competizione con la Cina nell’Indo-Pacifico impatterà in modo rilevante su sicurezza e prosperità americane per decenni; in un’ottica strategica, non è da trascurare l’orientamento adottato dal Comando americano per la regione indo-pacifica, che ha sottolineato come la carenza di risorse e di capacità per concretizzare le misure di sicurezza nazionale nell’area stia di fatto avvantaggiando le mire espansionistiche cinesi.

Per questo è stato pubblicato da una Commissione del Congresso un progetto di legge che prevede di stilare e rendere fattive misure di deterrenza indo-pacifica (IPDI), utili a ridurre il gap capacitivo tra quanto necessario e quanto effettivamente disponibile. L’IPDI potrebbe risolvere le carenze infrastrutturali e logistiche in essere, rafforzando sia la capacità che l’interoperabilità, dimostrando un impegno tangibile utile a scoraggiare le velleità cinesi, visto che, anche se la logistica globale del Dragone sta incrementando la sua efficienza, è ancora molto distante da quella americana.

Secondo il Pentagono sebbene la proiezione di potenza sia globale, la competizione nell’Indo-Pacifico (teatro prioritario americano) avrà un impatto significativo. È per questo che gli USA lavorano con alleati e partner come Giappone, Australia, India e Taiwan per scoraggiare la proiezione di potenza cinese. I Cinesi, di converso, non potendo investire largamente su compagnie occidentali, hanno indirizzato i loro sforzi verso i mercati emergenti, come l’Asia centrale, tuttavia sotto stretto controllo per forti timori di infiltrazioni islamiste, e l’Africa sub-sahariana.

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Proprio la diaspora uigura in Kirghizistan e Kazakistan, potrebbe indurre gli USA a fornire un sostegno agli uiguri residenti in Cina, una logistica che potrebbe determinare una maggiore presenza militare americana nella regione, tesa ad accerchiare il potere di Pechino. Gli investimenti cinesi nei mercati emergenti non escludono tuttavia investimenti nei paesi sviluppati [1], sia grazie alla cosiddetta diplomazia del dollaro, praticamente illimitata nei mercati in espansione, sia grazie all’acquisto di beni occidentali in apparenza poco sensibili politicamente (tecnologie informatiche, logistiche e catene di approvvigionamento).

Se la Cina non possiede ancora definite capacità proiettive delle forze, mostra tuttavia delle forti aspirazioni. Il Pentagono ha espresso preoccupazione per l’assistenza economica di Pechino per paesi come Myanmar, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan, facenti parte della più vasta strategia “a collana di perle”, tesa a creare installazioni navali per dominare l’Oceano indiano settentrionale e soprattutto le sue fondamentali rotte commerciali est-ovest.

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Con una spesa della difesa stimata dall’1,7 del PIL a salire, sarebbero disponibili risorse tali a modificare l’attuale diplomazia del dollaro in un più concreto hard power.

La Cina potrebbe essere inquadrata nella prospettiva disegnata da Miller nel 2005, per cui una superpotenza è un paese in grado di proiettare la propria influenza a livello globale e, possibilmente, in più regioni geografiche in contemporanea, in modo da poter aspirare allo status di egemone globale, partendo da un relativamente limitato ricorso allo strumento militare, ma con un controllo pervasivo ed attento su flussi commerciali, investimenti ed infrastrutture estere; il tutto accompagnato da un’azione diplomatica costante ed attenta.

In breve: lo svolgimento degli eventi reali porta a dover considerare l’azione logistica come ad un combinato misurato ed efficace di politica, economia, finanza, relazioni internazionali che, nel tempo, conduce a realizzare precise proiezioni di potenza con un soft power pronto per essere sostituito con un più marcato hard power.

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Per quanto riguarda il nostro Paese, l’azione di Potenze straniere, in termini di acquisizione di obiettivi logistici, andrebbe letta e valutata in un’ottica di prevenzione e contenimento della più volte richiamata proiezione di potenza. All’interno della BRI, ad esempio, i paesi arabi ricoprono un ruolo di una certa importanza grazie principalmente al loro posizionamento geografico, a metà strada tra India e Suez.

In questo contesto, il coinvolgimento cinese nell’ammodernamento logistico dei porti emiratini –in particolare Port Khalifa ad Abu Dhabi, Jebel Ali a Dubai e Duqm in Oman – appare strategico. Non va dimenticata, infine, la rilevanza che per il nostro Paese rivestono i choke points nel più generale disegno strategico logistico dei Paesi con prospettive egemoniche, se è vero, come è vero, che la BRI procede sia da nord, verso le maggiori strutture portuali dei mari freddi, sia da sud, sia da Suez che dai Balcani. Nell’approssimazione di una Logistica generale, purtroppo, contraddistingue un momento che dura da almeno tre decenni, risalta l’iniziativa dell’UE, che ipotizza un golden power utile a frenare l’azione cinese, interessata ai porti italiani, non da ultimo quello di Taranto che, solo per la presenza delle Navi della Marina Militare, non dovrebbe entrare minimamente nel novero di un gioco foriero di rischi. Ecco che si riaffaccia quel concetto di Logistica volta alla proiezione di potenza che ho delineato brevemente e che ritengo dovrebbero essere valutato dalla Forza Armata e il decisore politico. Si tratterebbe di scindere la parte pubblica e statuale dalla componente privata giustamente votata al profitto, ambedue elementi in grado di collaborare in sinergia purché volti ad obiettivi specifici e comuni, valutati e raggiunti con attenzione, senza correre il rischio di commettere errori geopolitici come accaduto con la Via della Seta. Vale quanto affermato in tema da Sergio Bologna, uno dei maggiori esperi di Logistica, per cui «In Italia c’è stata troppa enfasi mediatica sull’arrivo dei cinesi, quasi che fosse alle viste un bis dell’operazione di conquista del Pireo. Il vero tesoretto del Porto di Trieste viene dalla rinnovata centralità e dai rapporti costruiti con i danesi, i greci, i tedeschi e ora gli ungheresi».

Gli obiettivi della Logistica si sostanziano quindi in pianificazione, realizzazione e controllo dei processi che garantiscano un flusso efficace delle risorse (materie prime, prodotti finiti, servizi, nonché dati ed informazioni appropriate).

Tali obiettivi si finalizzano nell’ambito della progettazione iniziale, nel corso della pianificazione delle operazioni d’impiego dei prodotti finiti, nonché nello svolgimento delle attività operative programmate, inclusa l’alienazione degli scarti. Va dunque rammentato come il panorama tecnico, scientifico, economico e politico evidenzi la complessità dei problemi logistici, frenati dalle soluzioni parziali e/o settoriali. Da un punto di vista pragmatico, la logistica non è scienza in senso lato quanto, piuttosto, un insieme integrato, complementare ed interagente volto a razionalizzare il supporto indispensabile all’attività operativa minimizzandone rischi e costi e massimizzandone l’efficacia.

La razionalizzazione individua le soluzioni migliori secondo il paradigma costo/efficacia che riguarda tutte le componenti volte alla realizzazione del supporto stesso: finanziamenti, uomini, mezzi, infrastrutture, tecnologie fruibili, accordi di cooperazione, regolamenti standard, normative, etc.. Negli ultimi decenni, i cambiamenti politici,  economici, scientifici e strategici hanno dimostrato l’inadeguatezza della Logistica Militare, vincolata ad una visione ristretta e fuorviante ed all’incapacità di sviluppare concetti di più ampio respiro, seguendo un pensiero trasversale capace di porre sinapticamente in rapporto attività di supporto con il pensiero strategico ed industriale.

Per non parlare della farraginosa inadeguatezza strutturale interna, intenta a far volgere lo sguardo più al dito che non alla luna; il tutto ha spesso condotto a disporre dell’inutile, a non poter fruire del necessario, a sostenere spese onerose a carico di un bilancio esiguo, a diversità organizzative diseconomiche tra le varie Forze Armate ed alla difficoltà di disporre e gestire i dati necessari ad ottimizzare i processi.

Perché si giunga ad un miglioramento delle capacità di supporto, andrebbe quindi definita una linea politica capace di coinvolgere sistematicamente vertici governativi, militari, accademici ed industriali, pronti a volgersi anche al di fuori dei confini nazionali, preservando le peculiarità della Forza Armata, interessata, per sua stessa natura, sia al supporto che all’aderenza.

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Quel che al momento risalta è la genericità delle prospettive e delle basi su cui le stesse si fondano. Come si intende puntare sulla valorizzazione delle aree geografiche di interesse nazionale? Quali sono gli obiettivi del Paese con la conseguente e necessaria proiezione di potenza? Esiste un supporto politico economico sinergico? Abbiamo chiari i confini geopolitici nazionali in termini di tutela della filiera industriale e ed infrastrutturale, dal Golfo di Guinea all’Artico?
Le tecnologie informatiche variano ancora da ambito ad ambito. Per cominciare a scendere nel dettaglio, è necessario rimarcare due aspetti:
1) un efficiente e rapido sistema informativo permetterebbe un’efficace Ricerca Operativa indirizzata al supporto di ogni processo decisionale, anche perché, la gestione delle informazioni senza limiti temporali e geografici, garantirebbe modelli e schemi solutori alternativi, corredati e correlati con le opportune valutazioni di “rischio” (da cui un principio di Comando e Controllo Logistico);

2) la carenza di personale specializzato da dedicare all’attività gestionale ha raggiunto un punto di non ritorno, visto che i più anziani ed esperti sono ormai avviati alla quiescenza, ed i più giovani devono dimostrare di possedere le stesse caratteristiche, unite ad una spinta competenza informatico contabile. Non è pensabile potersi avvalere di Sottufficiali di qualsiasi categoria solo perché “fanno numero”; tra l’altro sarebbe comunque consigliabile procedere a forme di incentivazione e motivazione per un personale da un lato troppo spesso fatto sentire “indietro” ed avulso dal contesto, e dall’altro invece talvolta posto in posizioni che, al netto dei prerequisito del grado, garantiscono notevoli benefici non però associati ad effettiva competenza specifica, cosa che fa dubitare della possibilità di rendere più efficiente l’amministrazione demandando maggiori compiti e responsabilità.

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Com’era, come dovrebbe/potrebbe essere
Fino a qualche anno fa la Logistica, che dovrebbe concorrere a gestire strutture organizzative complesse per soddisfare le esigenze di forze impegnate nelle diverse situazioni ipotizzabili nei moderni scenari geo-strategici, sottintendeva esclusivamente le attività di immagazzinamento, amministrazione contabile, distribuzione dei materiali di consumo, si basava su buon senso ed esperienza, ma senza alcuna attenzione per i necessari adeguamenti ai mutamenti esogeni.

Operativamente, ad esempio, non si prestava adeguata cura ai supporti integrati, limitandosi agli aspetti finanziari dedicati unicamente alle acquisizioni, demandando la sostenibilità degli apparati agli Arsenali. Il cambiamento della situazione globale dei mercati ha nel frattempo mutato la natura dei rapporti intercorrenti tra l’Amministrazione Difesa e le industrie nazionali, inducendo la riduzione dei privilegi che le Forze Armate avevano sempre concesso; le industrie, penalizzate dalle acquisizioni ispirate al principio del minimo costo, non hanno migliorato le proprie capacità attraverso l’offerta di prodotti che, competitivamente, avrebbero dovuto risultare più supportabili. Di fatto, nel mancato coordinamento logistico tra strumento militare ed organi politico legislativi, non è stato considerato che sia produzione sia fornitura di beni e servizi sono caratterizzate da aspetti tecnici gestibili da esperti disponibili solo presso l’Industria; va da sé che se le acquisizioni devono compiersi sulla base del minimo prezzo e delle specifiche tecniche approntate dall’Amministrazione Difesa, si rende impossibile sia beneficiare dell’evoluzione tecnologica e commerciale, sia coprire eventuali carenze attraverso un processo concorrenziale basato su criteri qualitativi e prestazionali.

L’industria nazionale, senza una valida specificazione della sostenibilità logistica dei Sistemi/Apparati/Servizi, ed in difficoltà nel sostenere la concorrenza sui mercati internazionali, ha privilegiato i vantaggi immediati, rinunciando a presentarsi in gara con offerte più elevate perché relative a prodotti innovativi; sia l’AD sia l’Industria non sono state dunque in grado di sostenere una logistica efficiente; neppure il mondo accademico si è distinto, e ha mantenuto nell’ambito logistico un ritardo di oltre un decennio sull’evoluzione scientifica senza conferire alla progettazione della sostenibilità (manutenibilità e mantenibilità) sufficiente spazio nei vari iter formativi. Ciò ha comportato una situazione deficitaria in cui i sistemi d’arma sono stati acquisiti privi della parallela acquisizione del supporto logistico, e carenti di una sua progettazione; le acquisizioni successive di supporto sono risultate insufficienti, ridondanti, dispendiose ed il supporto è stato gestito senza una pianificazione mirata alle reali esigenze.

Il tempo necessario ad indottrinamento ed adeguamento infrastrutturale è talvolta risultato così prolungato che solo al cessare dell’esigenza il supporto ha potuto operare per cui l’organizzazione tecnico-logistica raramente ha dimostrato capacità di integrazione e/o condivisione delle risorse; la valorizzazione esperienziale è risultata spesso difficoltosa sia per la mancanza di validi criteri di analisi sia per l’incapacità di raccogliere e condividere i dati reali. La mancata apertura ai mercati internazionali, unita al supporto governativo all’Industria di settore ha condotto alla creazione di strutture organizzative Difesa/Industria non integrate che di fatto hanno operato come monopoli.

Dal punto di vista informatico i più comuni HW e SW disponibili sono già in grado di gestire i dati con contenuti vincoli geografici e temporali, a costi accettabili  le informazioni anche se gestite in formati diversi.

Fine parte III – continua

Gino Lanzara

     

[1] Vedasi  il finanziamento cinese per il salvataggio della Grecia del Gennaio 2010, che ha aperto la crescente influenza negli stati sviluppati ma con una fragile struttura di entrate statali, e che potrebbero avere bisogno non solo di prestiti, ma anche di accordi per vendere infrastrutture, tecnologie o prodotti finanziari

 

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