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Pompei ed Ercolano 79: l’organizzazione dei punti di raccolta – Parte IV

tempo di lettura: 8 minuti

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: I SECOLO 
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Vesuvio, flotta Miseno

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Le navi giunsero dunque davanti ad Ercolano
A quel punto, vista l’assenza di pericoli imminenti, Plinio deve aver disposto che le sue navi navigassero indipendentemente per raggiungere i tratti di costa ad esse assegnati: mentre le prime dovevano occuparsi di Ercolano, poche altre avrebbero dovuto controllare il litorale a Nord-Ovest, ove erano presenti alcune importanti ville marittime, mentre tutte le altre dovevano proseguire lungo la costa vesuviana verso Sud-Est, per le esigenze esistenti al di là di Ercolano fino alle acque di Pompei.

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Per poter celermente trarre in salvo delle persone in pericolo su di un ampio tratto di costa, il metodo più razionale è quello di prestabilire degli idonei punti di raccolta nei siti più adatti ad effettuare gli imbarchi in sicurezza. Conoscendo l’indiscussa fama dei Romani come maestri dell’organizzazione operativa e logistica, potremmo dare per scontato che fra le predisposizioni adottate da Plinio prima della partenza, dopo essersi consultato con il suo stato maggiore, vi sia stata anche l’indicazione dei punti in cui sarebbero avvenuti gli imbarchi e sui quali occorreva pertanto far confluire i fuggiaschi. Tali decisioni avrebbero poi dovuto essere comunicate alle varie stazioni semaforiche per farne diffondere celermente la notizia affinché gli interessati si raggruppassero come necessario. Ora noi non possiamo sapere se delle direttive di questo tipo siano realmente state impartite e divulgate, ma le evidenze archeologiche lasciano capire che degli appropriati punti di raccolta si siano effettivamente costituiti (forse in adesione a qualche direttiva, oppure spontaneamente) in corrispondenza delle principali città costiere, degli agglomerati urbani o di gruppi di ville marittime. Ad esempio, un paio di punti di raccolta potrebbero essere stati costituiti davanti alle ville marittime presenti ai due lati di Ercolano [49], poiché tutte sono rimaste praticamente prive di vittime [50]. Ma i casi più evidenti di raggruppamenti di fuggiaschi sono i siti costieri nei quali sono stati rinvenuti i resti di numerose persone che, portando con sé i loro piccoli tesori personali in gioielli e monete, erano in attesa di essere tratte in salvo via mare [51]: di tali punti di raccolta, l’archeologia ne ha individuati tre.

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Per evacuare la città di Ercolano, il ben noto punto di raccolta dei fuggiaschi fu la spiaggia davanti alla terrazza di Nonio Balbo. La popolazione, uscita ordinatamente da Porta Marina, era scesa lungo la rampa fino alla terrazza e dalla terrazza giù per le scale fino alla spiaggia, riparandosi sotto alle profonde arcate (dette fornici) normalmente usate dai pescatori (fig. 9). Un pontile lì esistente deve essere stato utilizzato dalle lance delle quadriremi per imbarcare gli Ercolanesi a piccoli gruppi e portarli a bordo.

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La scoperta dei resti di una di quelle imbarcazioni colpita dalla prima delle nubi ardenti sembra dimostrare che essa fu lasciata lì in attesa del ritorno della propria quadrireme, recatasi a sbarcare un’aliquota di sfollati prima di effettuare un altro intervento (fig. 10). Il militare armato di gladio e pugnale rinvenuto vicino all’imbarcazione era evidentemente un classiario della flotta, addetto al servizio d’ordine necessario per disciplinare gli imbarchi. È possibile che anche l’ultima vittima rinvenuta lì vicino pochi giorni fa [52], fosse un altro uomo della flotta. L’ultimo imbarco dei fuggiaschi fu impedito dall’arrivo della prima nube ardente – verso mezzanotte – che provocò la morte istantanea dei rimanenti 311 Ercolanesi che si trovavano ancora nei fornici, in attesa dell’ultimo ritorno delle quadriremi, mentre solo una trentina di altri abitanti era rimasta in città [53].

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Un secondo punto di raccolta certo è stato invece identificato ad Oplonti. Di questo agglomerato urbano conosciamo le terme e quattro ville marittime [54], tutte prive di vittime tranne quella più orientale (fig. 11). Si tratta del complesso residenziale e commerciale di Lucio Crasso Terzo, che era probabilmente stato prescelto come punto di raccolta dei fuggiaschi per la disponibilità di migliori pontili di ormeggio. In un ambiente sono stati infatti rinvenuti i resti di 54 persone con i loro averi in gioielli e monete, in evidente attesa del soccorso navale ancora in atto al momento dell’arrivo della nube ardente [55].

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Il terzo punto di raccolta ancora attivo al momento dell’arrivo delle nubi ardenti era collocato presso il porto marittimo di Pompei. L’antica conformazione della foce del Sarno prima degli sconvolgimenti provocati dall’eruzione del 79 è tuttora incerta, ma parrebbe aver incluso un porto marittimo in contrada Bottaro e un approdo fluviale in località Murecine (fig. 12). In contrada Bottaro, nell’area dell’emporio commerciale del borgo marinaro (Pagus maritimus), sono state rinvenuti i resti di 81 sfollati con i loro averi più preziosi, insieme ad un probabile ufficiale della flotta, apparentemente in attesa del ritorno della propria quadrireme [56]. Quando anche la nave ammiraglia giunse al largo della foce del Sarno, grosso modo nell’area della Petra Herculis (scoglio di Rovigliano), iniziarono i primi sconvolgimenti che accompagnarono il tormentato periodo delle pomici grigie. Alcuni di questi fenomeni sono stati riferiti da Plinio il Giovane: la caduta di una pioggia di cenere calda, pomici e lapilli; l’inizio di terremoti molto violenti e del primo maremoto; il verificarsi di un’imponente frana costiera (ruina montis); la comparsa di una secca improvvisa (vadum subitum). Non era dunque più possibile avvicinarsi al punto d’imbarco per controllare se vi fossero ancora fuggitivi da prelevare. Viste le condizioni proibitive, occorreva forse interrompere la missione e rientrare al più presto a Miseno, come suggerì l’ufficiale di manovra della quadrireme? L’ammiraglio invocò la dea Fortuna, che aiuta i coraggiosi: diede libertà di manovra alle altre navi (per farle tornare alla base) e proseguì verso Stabia con spirito eroico [57].

Le nubi ardenti
A Stabia approdò in prossimità della villa di Pomponiano. Questa doveva essere costruita secondo il criterio adottato a Baia (more Baiano) [58] e diffuso su tutte le coste del golfo di Napoli, e poi anche altrove: ville addossate ad una scarpata e digradanti verso il mare (fig. 13).

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Ebbe certamente questa conformazione la c.d. Villa Arianna, ma lo stesso può dirsi per tutte le grandi ville marittime di Stabia [59], allineate sul ciglio del pianoro di Varano (fig. 14). Noi non sappiamo quale di queste ville appartenne a Pomponiano, ma essa doveva essere costruita more Baiano, con splendida vista dall’alto, con l’accesso diretto al mare tramite rampe e scale, e con il livello più basso, davanti alla spiaggia, costituito da una serie di arcate non dissimili dai fornici di Ercolano. È importante tener ben presente questo imponente sviluppo in verticale per meglio comprendere diversi aspetti di ciò che avvenne.

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Il vento da Maestrale, che aveva impedito la partenza delle navi di Pomponiano non sarebbe stato un problema per la quadrireme di Plinio, in grado di navigare solo a remi anche contro vento. Ma lo stato del mare, sconvolto dal maremoto [60], rese necessario rinviare la partenza al mattino seguente. L’attesa dell’alba doveva apparire come una soluzione idonea, perché con il regime di brezza le ore mattinali sono quelle più propizie per salpare, approfittando del vento che spira da terra verso il mare. Tuttavia quella fu la notte più terribile per tutti i fenomeni associati all’eruzione. Le prime nubi ardenti colpirono Ercolano verso mezzanotte provocando la morte istantanea dei 311 Ercolanesi di cui abbiamo parlato. A Stabia vi furono solo terremoti violentissimi e pioggia di pomici grigie. Le successive nubi ardenti raggiunsero anche Oplonti e Pompei, mentre solo l’ultima si avvicinò a Stabia dal mare, raffreddandosi. La grande diversità dell’impatto dell’eruzione sui principali siti colpiti risulta evidente dalla stratigrafia dei depositi vulcanici (fig. 15): i depositi dei flussi piroclastici (in rosso) hanno dei livelli totali estremamente diversi fra Ercolano, Oplonti e Pompei; a Stabia solo pomici, cenere sottile e lapilli.

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A prima mattina, mentre la casa di Pomponiano pareva prossima a crollare a causa della violenza del terremoto, Plinio scese alla spiaggia con l’amico, sotto la fitta gragnola di pomici, e constatò che il mare permaneva proibitivo per la navigazione. Si assicurò che Pomponiano e tutti gli altri proseguissero a piedi verso l’entroterra per allontanarsi dal pericolo, mentre lui stesso, essendo esausto e sofferente, si riparò sotto una delle arcate [61] affacciate sulla spiaggia e utilizzabili come rimessa per le barche e le relative attrezzature marinaresche. Non si coricò su di un lenzuolo, come viene spesso tradotto linteum, ma su una vela [62], la cui presenza in quel luogo è ben comprensibile. L’arrivo dell’ultima nube provocata dal collasso totale della colonna eruttiva dovrebbe corrispondere all’evento visto anche da Miseno, come “nube nera ed orrenda” (nubes atra et horrenda) [63].

La nube non era pericolosa per la temperatura, essendosi raffreddata sul mare, ma soffocò Plinio [64], mentre gli uomini del suo staff ed anche i giovani servitori che erano con lui riuscirono a mettersi in salvo risalendo di corsa ai piani alti della villa. Due giorni dopo le navi di Miseno tornarono in mare e raggiunsero Stabia, ove trovarono Plinio intatto ed illeso, come se fosse solo addormentato [65]. Tale notizia riferita dal nipote lascia anche capire che l’ammiraglio poté ricevere le onoranze funebri presso la base navale con l’appropriata solennità.

Fine  parte IV – continua 

Domenico Carro

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PARTE I PARTE II PARTE III PARTE IV PARTE V

 

Note

[49] Fuori città avrebbe dovuto trovarsi la villa di Rectina: “quel subiacebat” che la pone non alle falde, come impropriamente si è tradotto, ma alle ime radici del monte, quel nec ulla nisi navibus fuga che indica chiaramente trattarsi di una villa marittima e d’una villa che trovavasi nel centro del cataclisma eruttivo” (Maiuri 1941, p. 141).

[50] A Nord-Ovest di Ercolano sono state rinvenute la villa dei Pisoni (c.d. villa dei Papiri), cinque ville a Portici (ville del largo Arso, della Riccia, del convento dei Gesuiti, dell’Epitaffio, delle Scuderie Reali) e una villa a S. Giovanni a Teduccio; a Sud-Est, nell’area di Torre del Greco, villa Breglia (in contrada Calastro, nell’attuale rione Raiola), villa Sora (nell’omonima contrada) e la raffinata villa detta “Terma Ginnasio” (in località Ponte di Rivieccio).

[51] La loro attesa lascia capire che essi fossero al corrente dell’operazione navale di soccorso già avviata: «Se mai si osservano molte persone radunate ad una fermata di autobus non è perché questi non circolano, come durante degli scioperi, ma per il contrario!» (Russo, Russo 2004, p. 137).

[52] La scoperta è stata annunciata dall’ANSA (Scoperta a Ercolano, ritrovato lo scheletro dell’ultimo fuggiasco, a firma di Silvia Lambertucci) il 15 ottobre 2021, ovvero sette giorni prima dell’apertura del convegno “Le memorie del comandante. Plinio da Como alla Campania” (Bacoli, Napoli, 22-25 ottobre 2021).

[53] Carro 2021, pp. 76-80.

[54] Da Ovest verso Est, villa del Parnaso, villa di Gaio Siculi, villa di Poppea (c.d. villa A) e villa di Lucio Crasso Terzo (cd. villa B), dotata di magazzini al piano terra per il travaso e lo smercio dell’olio e del vino.

[55] Ibid. pp. 81-82.

[56] Ibid. pp. 82-83.

[57] Plin. epist. 6, 16, 11.

[58] All’inizio dell’epoca augustea, non essendovi più la minaccia dei pirati sulle coste della Campania, le ville costruite sulle alture attorno al lago di Baia iniziarono ad espandersi verso il basso fino a raggiungere il mare (Carro 2020, pp. 152-158). L’espressione more Baiano è stata utilizzata da Plinio il Giovane per indicare questa tipologia di costruzione adottata per due sue ville sul lago di Como (Plin. epist. 9, 7, 3).

[59] Esse sono convenzionalmente denominate, da Ovest verso Est: villa Arianna, villa “Secondo Complesso”, villa del Pastore, villa San Marco e villa del Fauno.

[60] Plin. epist. 6, 20, 9.

[61] Non rimase certamente all’aperto, perché altrimenti l’avrebbero trovato sepolto sotto le pomici.

[62] Plinio il Giovane ha usato linteum per dire vela, come avevano fatto Orazio – cfr. Lintea vero vela dixit (Ps. Acro carm. 1, 14, 9) – e Virgilio: Hor. carm. 1, 14, 9 e 4, 12, 2; Verg. Aen. 3, 686.

[63] Plin. epist. 6, 20, 9 e 11.

[64] Preannunciata da lampi e da un odore di zolfo che indusse tutti a fuggire, essa doveva contenere anche monossido di carbonio e anidride carbonica (Plin. epist. 6, 16, 18-19).

[65] Plin. epist. 6, 16, 20.

 

 

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