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Vediamo che tempo fa o … farà

Diamo un’occhiata al tempo meteorologico

Meteo facile per tutti: vediamo che tempo fa o farà prossimamente con un insieme di link per aggiornarvi in tempo reale sulle condizioni meteorologiche locali e marine 

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Si scende in acqua, siamo pronti al varo? parte III

tempo di lettura: 8 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XXI SECOLO 
AREA: DIDATTICA
parole chiave: nautica, varo, controlli

 

Prese a mare
Verificare l’aderenza del collare esterno del passa scafo, la presenza di vuoti o di sigillante che viene via facilmente e nel caso fare un giro nuovo provvisorio di sika e rimandare lo smontaggio e risigillatura con più tempo a disposizione al prossimo alaggio. Con una torcia illuminare e verificare in apertura e chiusura la sfera interna della presa a mare che deve essere pulita, possibilmente lucida e non rigata.               

Boccola linea asse
Controllare e rimuovere eventuali “infiltrati” tra asse e astuccio del cavalletto come fili da pesca intrecciati o pezzi di reti catturati e tritati in prossimità della boccola. Verificare giochi eccessivi sollevando leggermente verso l’alto l’asse dall’ogiva dell’elica. Procedura di pochi secondi che andrebbe fatta non a ridosso del varo ma prima per rimediare in tempo nel caso servisse sfilare l’asse ( in alcuni rari casi anche la pala del timone se ostacola lo scorrimento ) e rimontare una boccola nuova in bronzo, dzr o in resina fenolica con l’interno in gomma dentata per una rotazione senza più vibrazioni e usura.

Con l’occasione si controlla, vicino l’astuccio passa scafo resinato, la cuffia in gomma ( tipo volvo ) di tenuta asse che va sostituita dopo 5/7 anni, allentando il mancione e facendo scorrere l’asse all’esterno quanto basta. Nel caso di tenute meccaniche del tipo PSS shaft seal (indemar o italian propellers) il risultato è il 100% di tenuta d’acqua senza alcuna manutenzione e una durata operativa rilevata che raggiunge facilmente le 40.000 ore di lavoro. E’ senza dubbio la soluzione tecnica più avanzata nel settore, insensibile ai movimenti ed alle vibrazioni, ma ancora oggi, purtroppo, non usata su larga scala per il costo che parte da 450 euro circa (per un asse da 40 mm) a salire, rispetto alle concorrenti più economiche della volvo penta (circa 230 euro) o la stuffy box (motomarine) da 80/100 euro.

Guarnizione piede sail drive
La trasmissione s-drive viene introdotta per la prima volta da Volvo Penta nel 1959 ed è molto diffusa su molte imbarcazioni da crociera per le caratteristiche di manovrabilità. Per i più maligni viene declassata ad una soluzione vantaggiosa solo per i cantieri perché “basta aprire un buco in sentina e infilarci il piede motore”! La guarnizione di tenuta, detta membrana o cuffia è il suo punto debole. Questo componente circolare rappresenta una fonte di rischio perché in caso di una sua rottura o avaria si rischia il naufragio insieme alla nostra bustina di cunei di legno morbido inutili in questa circostanza. E’ importante curarne la manutenzione ordinaria, i controlli periodici e soprattutto sostituirla al momento opportuno.

La scadenza è dettagliatamente indicata dalla casa costruttrice sul manuale d’uso. L’anno di fabbricazione della membrana è sempre stampato sulla sua superficie esterna e con qualche contorsione si può arrivare a leggerlo. Normalmente dopo 6 o 7 anni va sostituita anche se sono concepite per durare molto più a lungo ed ogni volta che si cambiano, anche dopo 10 anni o più, sono spesso ancora in ottime condizioni. Alcune assicurazioni impongano anche un intervallo minore di 5 anni per la copertura in caso di sinistro.

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photo credit @Sacha Giannini

Cosa guardare durante i controlli periodici?
Verificare che non vi siano spaccature, segni di invecchiamento o usura. Con un panno pulire bene la gomma nella sua scanalatura rimuovendo sporco e perdite di olio motore e invertitore che si depositano nelle labbra della gomma. Con una torcia passare al setaccio tutto il perimetro dell’anello piegando con le dita le scanalature della gomma per individuare crepe e testare l’elasticità se ancora buona. Un controllo va fatto anche all’anello di tenuta che rende solidale cuffia, piede e scafo. Questa flangia metallica, con tutte le proprie viti di accoppiamento, va pulita bene e spazzolata per rimuovere ruggine e fioriture, individuare spaccature nelle sedi di serraggio o “ragni” sul basamento motore in vetro resina per stress o cedimenti.

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photo credit @Sacha Giannini

Per sostituirla bisogna sbullonarne la flangia che la ferma sullo scafo ed estrarre tutto il piede poppiero dopo aver smontato l’elica e spostato il motore in avanti o appeso a un dispositivo di sollevamento. Il piede viene poi smontato comodamente in officina per togliere la vecchia cuffia e inserita quella nuova. Operazione non proprio semplice e come spesso accade il costo della manodopera supera quello dell’acquisto della sola membrana che si aggira intorno ai 250-300 euro. In media la spesa compreso il completo smontaggio del piede, olio trasmissione, o-ring vari, membrana, manodopera è difficile che sia sotto le 1000 euro. Ultima cosa rinnovare “la mutanda” rettangolare esterna, detta “patella”. Questa semplice guarnizione in gomma è incollata a scafo, spesso flangiata con un profilo perimetrale per dare continuità allo scafo e chiudere il buco ! Alcuni preferiscono ricostruire in composito le linee seguendo il profilo ovale del piede. Tra patella e membrana c’è un mondo marino, una grotta sommersa di circa 30_40 cm di vegetazione, denti di cane e gamberetti ! E’ l’occasione prima del varo di rimuovere questa gomma, dare una bella pulita e un attento check dal di sotto e montarne una nuova al costo di poche decine di euro.

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photo credit @Sacha Giannini

Elica
Per essere efficace, un’elica non deve essere coperta da alghe o gusci. Mari caldi, luce e pale che “non girano” perché ferme in porto, sono i migliori amici dei denti di cane. Per essere efficace, un’elica deve avere una superficie completamente liscia.

Ci sono diverse scuole di pensiero. C’è chi lucida i suoi “bronzi” a specchio, pulendo con acido cloridrico diluito, lavaggio e lucidatura con apposite paste lucidanti, infine ingrassaggio con grasso marino. C’è chi preferisce coprire tutto con antifouling specifico (generalmente senza rame o al silicone) per evitare inneschi galvanici, previa applicazione di primer compatibile. Il materiale spesso più utilizzato è una lega di bronzo,  un metallo piuttosto poroso ed in ambiente salino si difende producendo un ossido verde, tutt’altro che un difetto. Deve girare equilibrata per evitare vibrazioni al motore, danneggiamenti delle boccole e consumi eccessivi di carburante. Controlliamo e verifichiamo l’assenza di laschi nella rotazione e che i bordi di ingresso ed uscita (individuando verso di rotazione) siano mantenuti filanti.

Deve apparire integra e priva di ammaccature o segni particolari. Iniziamo con un primo intervento di pulizia delle pale con una grossolana raschiatura a spatola, poi lavarla con una soluzione in bassa concentrazione di acido cloridrico (attenzione perché è fortemente ustionante ed irritante per gli occhi e per le vie respiratorie). Una volta pulita osserviamone la superficie attentamente anche con una lente per individuare la presenza di micro crateri più o meno concentrati o estesi, di porosità dovuti a correnti vaganti e problemi corrosivi. Una volta pulita e sgrassata è pronta per il ciclo antivegetativo specifico con moltissimi prodotti oggi a disposizione.

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photo credit @Sacha Giannini

Pala timone
Questa è l’appendice che lavora di più in assoluto. Controllare la losca (passaggio a scafo dell’asse timone) e la tenuta meccanica se ha segni di trafilaggi vecchi, attriti asse e giochi eccessivi. Continue sollecitazioni in navigazione indeboliscono negli anni l’aderenza delle due semi guance della pala sull’asse. Piccole crepe, distacchi nella giuntura sono le cause più note di infiltrazioni e di quel valore di umidità al 99% frequente in quasi tutti i timoni. Difficile trovare pale non umide ed è raro che non hanno acqua all’interno! Per questo motivo spesso si fanno alcuni fori nella parte più bassa per il drenaggio durante la sosta a secco. Ricordarsi prima del varo ovviamente di stuccarli! Alcuni eseguono una filettatura ai fori e dopo che l’acqua è drenata, sperando che si sia asciugato dentro, due bulloni di diametro adatto e sika tappano i due buchi. Nei successivi  alaggi basterà svitare solo i bulloni e procedere con il consueto drenaggio.

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photo credit @Sacha Giannini

Avvallamenti e flessioni fasciame
Controllare in corrispondenza dei puntelli laterali dell’invaso deformazioni e spinte anomale dello stratificato. Le proprietà elastiche della vetroresina poliestere rendono reversibile con deformazioni accettabili eventuali carichi concentrati anche visibilmente marcati. L’elasticità è però proporzionale al tempo e alla forza. Scafi puntellati e scaricati lateralmente anziché in chiglia che persistono a lungo in sosta (spesso troviamo barche nei piazzali “parcheggiate” da anni e non da 2 o 3 mesi) sono destinati spesso a cadere nella plasticità irreversibile con conseguenti rotture e delaminazioni dello stratificato.

Quindi durante tutta la sosta a terra, non solo al momento terminale del varo, osservare e traguardare controluce o per mezzo di una stecca di legno eventuali avvallamenti anomali e accentuati. All’interno controllare in corrispondenza mobilio, paioli e porte se allineati o deformati. Potremmo sospettare  un alloggiamento non a regola d’arte! Nel caso sbrighiamoci a varare o interveniamo per rimediare con una corretta postura.

La messa a terra e la piastra di massa
La terra non è uguale alla massa e non sempre la massa è messa a terra. Il concetto di massa (spesso si confondono i termini) è legato a quello di impianto elettrico. E’ il collegamento, tipicamente del polo negativo dei sistemi in corrente continua, ad un corpo metallico che funge da cavo di ritorno per la corrente. In un’auto metallica è tutto chiaro! La carrozzeria è il negativo e fa da filo di massa risparmiando il conduttore di “ritorno”. Il polo negativo della batteria viene allacciato direttamente a massa (sul telaio dell’auto), il polo positivo invece viene portato alla scatola fusibili e da li poi a tutto ciò che funziona elettricamente. Insomma, è la carrozzeria dell’auto a fare da filo conduttore.

[CEI 64-8/2 art23.2] “Massa: parte conduttrice di un componente elettrico che può essere toccata e che non è in tensione in condizioni ordinarie, ma che può andare in tensione in condizioni di guasto.

Tutte le masse, per essere adeguatamente protette per il contatto indiretto, devono essere messe a terra, specialmente nella 220, ma meno “folgorati” nei 12! Spesso ogni parte metallica fissa viene messa a terra, anche quelle non a contatto con una massa. Quest’ultima è una pratica per molti errata ed addirittura pericolosa sostenendo che solamente le masse elettriche andrebbero messe a terra. Su una barca di plastica (a meno che non sia di acciaio o di alluminio) non è possibile sfruttare la “carrozzeria” mettendo a massa il telaio stesso, risparmiando così un pò di fili di rame e di complessità di schema per i vari sensori del motore, luci, accessori. Ogni utenza, nella maggioranza dei casi, ha un filo nero (negativo) e uno rosso (positivo ) che la collegano alle batterie.      

La messa a terra invece è come un anello di guasto, il collegamento delle parti metalliche a massa in modo equipotenziale verso il terreno o nel nostro caso verso il mare. Ci ricordiamo tutti quella schicchera sulle dita quando molti anni fa si scendeva dall’auto e si sfiorava la portiera di ferro ? E quella “coda di gomma” chiamata la “catenella” che strusciava dietro le nostre auto e che raramente ancora oggi si usa? Ebbene, serviva a scaricare a terra le cariche elettrostatiche “raccolte” dalla carrozzeria essendo l’auto isolata da terra da quattro pneumatici di gomma.

 Fine Parte III – continua          

Sacha Giannini

 

in anteprima la messa a mare photo credit @andrea mucedola

 

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