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livello elementare.
ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: GIAPPONE
parole chiave: Cesio-137, contaminazione, centrale elettrica Daiichi, terremoto, disastro di Fukushima, campo di ricerca sull’energia dell’idrogeno di Fukushima, resilienza giapponese, disastri naturali, nucleare, radiazioni, sforzi di ricostruzione, tsunami
Recentemente quattro ex dirigenti del gruppo TEPCO, la società che gestisce l’impianto nucleare di Fukushima, sono stati condannati a pagare un risarcimento di 13mila miliardi di yen (corrispondenti a circa 94,6 miliardi di euro) per non essere riusciti a prevenire i danni provocati dal disastro alla centrale del 2011. Una severa sentenza, pronunciata dalla Corte Distrettuale di Tokyo, che fa sicuramente riflettere. L’ammontare del risarcimento include sia le spese per il complesso smantellamento dei reattori danneggiati, sia i residenti locali che, a seguito del disastro, furono costretti a lasciare l’area.
In estrema sintesi è stato contestato il livello di affidabilità della valutazione sulle eventuali attività sismiche nella regione di Fukushima eseguita da una commissione governativa nel 2002, ovvero nove anni prima del disastro, arrivando alla determinazione che la possibilità di un forte evento sismico nell’area, seguito da uno tsunami, era probabile. I dirigenti condannati ritengono però che tale valutazione fosse discutibile e che quindi non poteva essere previsto un evento di tale violenza.
Quale è la situazione attuale?
Secondo i cronisti locali, grandi porzioni della prefettura di Fukushima dopo oltre dieci anni sono ancora abbandonate, nonostante gli sforzi per rilanciare l’area e attirare gli ex residenti. Il governo giapponese ha stanziato miliardi di dollari per la ricostruzione e gli sforzi di decontaminazione per riportare le persone sfollati dal disastro di Fukushima e posti di lavoro. Ma la prefettura ha registrato un calo della popolazione del 10% negli ultimi dieci anni, quattro volte maggiore rispetto al 2,5% della vicina Prefettura di Miyagi.
Ricorderete che a seguito dello tsunami generato dal terribile terremoto di magnitudo nove e del conseguente incidente nucleare di Fukushima Daiichi, più di 160.000 persone evacuarono l’area circostante la centrale nucleare. La massiccia ondata di marea interruppe l’alimentazione ai sistemi di raffreddamento dell’impianto e portò alla fusione dei tre nuclei del reattore. Circa 20.000 persone morirono o restarono disperse a causa del disastro che superò l’incidente di Chernobyl del 1986. In quel caso, l’incidente non fu dovuto però ad un evento naturale ma ad un folle esperimento di un tecnico della centrale che volutamente fece superare i limiti. Dall’indagine emerse infatti che vi sarebbero stati errori di procedura nel corso di un test di sicurezza sul reattore nº 4 della centrale, finalizzato a ottenere la definitiva omologazione dell’impianto, per verificare la possibilità di alimentare le pompe del sistema di raffreddamento anche in caso di black-out elettrico, utilizzando l’elettricità prodotta dal movimento inerziale delle turbine per il tempo necessario ad attivare dei generatori di emergenza.
foto della devastazione delle strade di Fukushima dopo il terremoto – credit Фукусима: 5 лет спустя | ФОТО НОВОСТИ (loveopium.ru)
Per Fukushima fu una cosa diversa e i segni permangono indelebili. Nella vicina città di Namie, a nord di Okuma, un monumento in pietra elenca i 200 residenti che persero la vita nello tsunami. L’intera popolazione di 21.000 abitanti della città fu costretta da evacuare dopo che i venti prevalenti diffusero le maledette radiazioni dalla centrale nucleare. Nel 2017, una parte di Namie è stata riaperta per consentire il ritorno degli ex residenti, ma solo circa 1.600 persone sono tornate indietro, ovvero meno del 10 per cento della popolazione originaria della città. Secondo i sondaggi, più della metà di coloro che furono evacuati non prevede più di tornare.
Fukushima sta ora cercando un futuro diverso. L’impiego del nucleare presenta in quell’area altamente sismica un pericolo sempre presente e l’alternativa potrebbe essere l’idrogeno anche se non scevra di problemi. La Fukushima Innovation Coast mira a ricostruire la produzione industriale della zona attraverso progetti altamente tecnologici di nuove strutture alimentate ad energia pulita.
Il “Fukushima Hydrogen Energy Research Field (FH2R)” è stato costruito a Namie, nella prefettura di Fukushima. L’idrogeno viene prodotto dall’elettricità generata dagli impianti di energia solare costruiti nel campo di ricerca – Fonte: Agenzia per le risorse naturali e l’energia, “Lo stato attuale dell’energia dell’idrogeno nel 2020 – La forma di una “società dell’idrogeno” gradualmente emergente” (gennaio 2020) 環境保全とは?農業や企業の取り組み事例と私たちにできること – SDGsメディア『Spaceship Earth(スペースシップ・アース)』
Tra questi progetti il Fukushima Hydrogen Energy Research Field (FH2R) di Namie che è stato realizzato su un sito precedentemente destinato ad un nuovo impianto nucleare formalmente abbandonato nel 2013. In seguito al disastro nucleare di Daiichi, il terreno fu poi ceduto al governo locale, lasciando il posto all’impianto per l’energia a idrogeno. L’azienda giapponese Toshiba Energy Systems & Solutions (Toshiba ESS) è tra le parti dietro il sito di energia a idrogeno di Fukushima ed ha iniziato la costruzione nel 2018, di fatto concludendo la realizzazione alla fine del 2020.
Il Fukushima Hydrogen Energy Research Field può produrre fino a 1.200 normali metri cubi di idrogeno all’ora utilizzando energia rinnovabile e può adattarsi, a seconda dell’offerta e della domanda, nella rete elettrica. Il sistema di elettrolisi dell’acqua alcalina della struttura è stato progettato e costruito da una filiale di Asahi Kasei, una multinazionale chimica giapponese fondata nel 1931. L’elettrolizzatore utilizza l’elettrolisi a membrana di cloro-alcali, che è un processo industriale consolidato attraverso il quale vengono prodotti contemporaneamente cloro, soda caustica e idrogeno, utilizzando salamoia ed elettricità. L’idrogeno verrà quindi utilizzato per alimentare auto e autobus alimentati a celle a combustibile, sistemi stazionari di celle a combustibile a idrogeno e unità navali.
FH2R è solo una parte degli sforzi più grandi per dare il via alla ripresa a Fukushima un decennio dopo il disastro nucleare, riflettendo lo spirito di resilienza giapponese tanto caro al recente scomparso ex premier giapponese Shinzō Abe. Volendo, con la giusta determinazione, si può fare ma andrebbero chiariti gli impatti a lungo andare delle scorie, forse più impattanti di quelle di un reattore nucleare di ultima generazione.
Un’immagine satellitare raccolta dagli aviatori dell’aeronautica americana con il programma Eagle Vision gestito dall’Electronic Systems Center mostra la centrale nucleare di Fukushima Dai-ni in Giappone dopo il devastante terremoto e tsunami che hanno colpito l’11 marzo 2011. (Foto dell’aeronautica americana) 110317-F-SF323-500 (5537365481).jpg – Wikimedia Commons
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