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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: III millennio a.C. – I millennio d.C.
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: navigazione
Iniziamo oggi un viaggio fantastico raccontando la storia della navigazione nel mondo antico dal III millennio avanti Cristo, età in cui si suppone siano iniziate le prime navigazioni commerciali nei mari del mondo. Scopriremo insieme le prime tecniche di navigazione e soprattutto come il mare offrì alle prime civiltà la possibilità di crescere e svilupparsi. In questo articolo, parlerò dei primi popoli che abbandonarono le terre e si spinsero in mare, sfidando le onde e le tempeste, alla ricerca di nuove terre e prosperità. A questi uomini audaci dobbiamo lo sviluppo delle nostre civiltà.
Un oceano da scoprire
Probabilmente quando gli esseri umani raggiunsero per la prima volta l’oceano restarono pieni di stupore per la sua bellezza. Eravamo agli albori del neolitico ed i raccoglitori si spostavano continuamente per trovare il cibo necessario alla loro sopravvivenza e l’agricoltura sarebbe nata solo con la creazione dei primi villaggi. Possiamo immaginare che l’attraversare un fiume o cercare di raggiungere un’isola vicina furono quindi azioni dettate da motivi di sopravvivenza più che da spirito di avventura. Ma quando iniziò l’avventura dell’Uomo sul mare? Alcuni studiosi ritengono che i primi tentativi di navigazione iniziarono circa undici millenni fa come sembrano testimoniare i ritrovamenti di ancore litiche e di petroglifi di navi incisi sulle pareti rocciose forse proprio da qualche antico marinaio.
Dispositivo di navigazione polinesiano che mostra le direzioni dei venti, delle onde e delle isole – autore S. Percy Smith – Public domain
Polynesian navigation device showing directions of winds, waves and islands.jpg – Wikimedia Commons
Anche se non è possibile partire da una data certa, molti popoli antichi affrontarono il mare dirigendosi intenzionalmente verso una destinazione prestabilita. In realtà il concetto iniziale di “rotta marittima” era probabilmente più vicino a quello di direzione, utilizzando la loro capacità di osservare l’ambiente, le linee di costa, le isole e le stelle. Il passo successivo fu quello di riassumere queste conoscenze su tela o su carta, cercando di trasformare le distanze e le direzioni in maniera matematica, al fine di disegnare delle rotte da poter riutilizzare anche in un secondo tempo.
Una cultura antica tra le isole del Pacifico
Uno tra i più antichi e ancora misteriosi sistemi di navigazione è quello polinesiano. Nell’Oceano Pacifico, le popolazioni isolane, nonostante le grandi distanze, furono molto meno stanziali di quanto possiamo immaginarci. Micronesiani e Polinesiani erano in grado di navigare dalle coste del sud America verso le isole del Pacifico, effettuando lunghi viaggi senza l’uso di riferimenti costieri. Secondo Dennis Kawaharada, della Polynesian Voyaging Society, il loro punto di riferimento principale era il sole, ma il loro metodo di navigazione era molto più complesso. In parole semplici, il punto in cui il Sole sorgeva o tramontava permetteva ai navigatori di orientarsi di giorno ma di notte la rotta veniva stabilita sfruttando i punti in cui sorgevano e tramontavano le stelle. A mezzogiorno e nelle notti nuvolose senza stelle, il navigatore dirigeva la canoa sfruttando i venti osservando le onde morte dell’oceano; i navigatori oceanici avevano notato che le onde morte si spostavano in linea retta per cui potevano orientare le loro canoe in modo da seguire rotte costanti. Per aiutarsi, questi antichi navigatori erano in grado di costruire delle “mappe” primitive, realizzate con conchiglie fissate su una struttura di foglie di palma e fili di cocco dove i fili indicavano la direzione delle onde morte oceaniche mentre le conchiglie rappresentavano le isole da raggiungere. La loro navigazione avveniva quindi lungo dei treni d’onda oceanici, osservati e tramandati alle nuove generazioni grazie a questi intrecci di fili di cocco e palma. Questa conoscenza era ancora nota ai tempi del navigatore Cook ma si perse con l’avvento dei sistemi di navigazione moderni. Per approfondire questo tipo arcaico di navigazione consiglio la lettura di questo articolo.
Le prime civiltà
Spostandoci nei secoli verso Occidente, troviamo un’antica civiltà, quella di Harappa, sorta intorno all’omonima città, uno dei primi agglomerati umani significativi sorti nella valle dell’Indo. La civiltà fiorì intorno al 3300 a.C. (Neolitico) e fu in grado di creare un’intensa rete di commerci in tutto l’Oriente che si spingeva fino alla penisola arabica. Nelle rovine archeologiche di Harappa, una megalopoli dell’epoca con oltre quarantamila residenti, una città estremamente popolosa per quel tempo, sono stati ritrovati numerosi reperti che dimostrano gli intensi contatti commerciali marittimi che si spingevano fino all’Africa grazie alle molte rotte commerciali marittime nei mari adiacenti, verso la penisola arabica, il golfo Persico, l’Africa e l’India.
Esaminando la geografia dell’area ed i punti di contatto, essi venivano raggiunti utilizzando delle rotte costiere che consentivano di raggiungere con sicurezza i prosperosi vicini. Questo è stato comprovato dal ritrovamento di numerosi resti che fanno comprendere come lo scambio di incensi, di diverse tipologie di ceramiche, dei primi manufatti ricavati dalla lavorazione delle conchiglie marine e delle perle con pietre semi-preziose di agata, ambra e lapislazzuli fossero già comuni sei millenni or sono. L’India, la penisola arabica, gli attuali Bahrain e Iraq, e gli approdi nel Golfo Persico erano quindi importanti destinazioni commerciali per l’acquisto e la vendita di quelle materie prime preziose e ricercate, “autostrade” costiere dove piccole imbarcazioni trasportavano le loro merci.
Erano navigazioni sicure?
Certamente no. Oltre ai rischi dovuti alle tempeste, all’epoca i mari erano già infestati dai primi pirati che attaccavano le piccole navi nella loro navigazione sotto costa per impadronirsi delle merci e catturarne gli equipaggi da rivendere come schiavi. Abili marinai, molti di loro erano anche commercianti che arrotondavano il “mestiere” con questa pratica redditizia, spesso riuniti in clan di diverse popolazioni che si erano dedicate a quella professione. Essi venivano chiamati genericamente popoli del mare e la storia della nostra civiltà mediterranea si deve anche a loro.
Battaglia navale nel delta del Nilo tra i popoli navali e le forze armate di Ramses III, 1198 – 1166 a.C. – rilievo del muro nel tempio di Medinet-Habu/Theben – autore caricamento originale Seebeer su Wikipedia tedesca – Dominio pubblico
Seevölker.jpg – Wikimedia Commons
Arriviamo ora nel Mediterraneo per incontrarne alcuni, forse tra i più famosi e misteriosi popoli del mare. Non ci sono dati certi su di loro ma si presume fosse una confederazione di clan provenienti probabilmente dall’Europa meridionale e dall’Egeo che, sul finire dell’età del bronzo, invasero l’Anatolia, la Siria, Palestina, Cipro e l’Egitto distinguendosi per il loro coraggio e valore ma anche crudeltà. Nonostante la loro origine e storia rimanga in gran parte avvolta nel mistero, i “Popoli del Mare” sono documentati da fonti scritte egizie della tarda Diciannovesima Dinastia. Nell’ottavo anno di regno di Ramses III, ovvero nella Ventesima Dinastia, tentarono di entrare in possesso del territorio egizio e, nella grande iscrizione di Karnak, il faraone egizio Merenptah parla di “nazioni (o popoli) stranieri del mare“.
Chi erano i popoli del mare?
Il mistero, come ho premesso, avvolge ancora la loro origine; gli archeologi hanno identificato alcuni popoli come possibili candidati. Tra di essi i valorosi Shardana, citati per la prima volta dalle fonti egizie durante il regno di Akhenaton (1350 a.C. circa). Essi comparirono ripetutamente durante il regno di Ramses II, Merenptah e Ramses III con i quali ingaggiarono numerose battaglie navali lungo le coste e il Nilo. Per il loro valore alcuni Shardana (si dice 520) fecero addirittura parte della guardia reale del faraone Ramses II durante la battaglia di Qadeš.. Nelle raffigurazioni venivano rappresentati con lunghe spade triangolari, pugnali, lance ed uno scudo tondo. Portavano un gonnellino corto, una corazza e indossavano un elmo provvisto di corna; erano quindi molto simili ai personaggi dei bronzetti nuragici sardi. In effetti, senza molta fantasia, l’assonanza Shardana/Sardi Sardegna ha spesso fatto ipotizzare che essi fossero una popolazione proveniente dalla grande isola mediterranea o che vi si fossero insediati dopo la tentata invasione dell’Egitto. Sebbene un aiuto nell’identificazione della loro origine potrebbe venire dall’analisi del DNA, il processo potrebbe essere complicato dal fatto che in un bacino cosi ristretto come il Mar Mediterraneo gli scambi tra diverse etnie era decisamente facilitato. Studi hanno rivelato mescolanze tra Fenici, Sardi autoctoni e popolazioni del sud della attuale Francia.
Tra i Popoli del mare vanno ricordati anche i Sekeleš, associati ai Siculi, una popolazione indo-europea che si stanziò nella tarda età del bronzo nella Sicilia orientale, scacciando verso occidente i Sicani. Ma non erano soli nel Mediterraneo. Vi erano i Filistei, citati anche nella Bibbia, provenienti da una terra chiamata Kaftor, forse identificabile con Creta, che si insediarono sul finire dell’età del bronzo in Palestina dove costituirono varie città-stato; i ritrovamenti archeologici farebbero ipotizzare un’origine egea di questa popolazione, probabilmente ellenica o micenea. Altra teoria è che fossero i Libu, un popolo di stirpe non indoeuropea o egeo-ellenica che si era stanziato nella parte settentrionale dell’Anatolia e che potrebbero essere i progenitori dei Tirsenoi o “Tirreni“, chiamati poi Etruschi.
I terribili Tirreni
Pirati o commercianti? Forse tutte e due. Il rinvenimento di rapporti commerciali dei Tirreni col mondo mediterraneo orientale dell’isola di Lemno sembrerebbero essere stati confermati dopo il ritrovamento sull’isola di una stele contenente un’iscrizione rinvenuta nel 1885, in cui è attestata la lingua lemnia ovvero un dialetto molto simile all’antico etrusco. Nella letteratura latina, i Tirreni erano descritti come terribili pirati con basi in Sardegna, Corsica e nell’arcipelago toscano. Anche Omero scrisse: « E presto, nella solida nave, apparvero veloci, sul cupo mare, pirati Tirreni: li portava la sorte funesta“. Quando Roma incominciò a comprendere l’importanza del controllo del mare per contrastare i pirati, il Senato ordinò al migliore dei suoi generali, Pompeo, di combatterli senza tregua. Il grande generale, in seguito chiamato Pompeo Magno, suddivise il Mare Nostrum in diversi settori poi assegnati ai suoi Comandanti. Quindi, operando in maniera pragmatica, li sterminò senza pietà inseguendoli fino nelle loro basi: dalle Baleari alla Corsica, dalla Sardegna alle isole più nascoste dell’Egeo.
Un insieme di predoni del mare
Gli ultimi studi sembrano quindi essere concordi che i popoli del mare furono composti da diverse etnie, ex commercianti marittimi, diventati poi mercenari e infine pirati, che avevano un comune scopo, trovare sul mare, in un modo o nell’altro, la loro prosperità. Qualunque fosse la loro derivazione, il mistero dei popoli del mare affascina ancora gli studiosi. Un ottimo riferimento librario è uno degli ultimi libri di Sebastiano Tusa, I popoli del Grande Verde, che tratta con dovizia le loro possibili origini e interazioni. Scopriremo fra di essi Achei, Troiani, ed altri popoli che effettuarono per secoli razzie nel Mediterraneo, spesso combattendo fra loro su un mare che era di nessuno.
Come vedete non c’è nulla di nuovo sotto il sole e … sul mare. Torneremo presto a parlare di questi popoli misteriosi e sulle grandi civiltà che si opposero alla loro aggressività.
fine I parte – continua
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in anteprima Europa neolitica – in A una piroga monoxila trovata in Olanda. 6300 a.C. circa. Può considerarsi il reperto più antico – in B pagaia trovata nella Germania Settentrionale
Europa neolitica – A piroga monoxila trovata in Olanda. 6300 a.C. circa. Può considerarsi il reperto più antico. B pagaia trovata nella germania Settentrionale (cherini.eu)
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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