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Torniamo al sistema di ancoraggio – parte II

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Catena

 

Passiamo ora alle catene
Sebbene esistessero ancore ben strutturate, dall’epoca di Cesare fino al XIII secolo si trovano poche menzioni sull’uso delle catene di ancoraggio. Tra il 1200 e il 1700 d.C. furono citati sistemi che utilizzavano “cavi di ferro” e gli statuti di Genova del 1444 menzionavano brevemente le “catene d’ancora di ferro” raffigurate in un’incisione del 1512 che mostra una nave con una catena di ancora.

In genere, la maggior parte delle catene metalliche (tipo grezza o “genovese” a passo lungo o non calibrate) non sono state pensate per lavorare sott’acqua e sul nostro salpancora, resistendo per sempre alla tensione, corrosione e salinità dell’acqua. In altre parole, tutte le catene hanno anche una vita e vanno nel tempo sostituite.

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la salute delle catene va controllata periodicamente – Photo credit @ 2006 Michael Martin, Cypress, TexasAnchor Chain Abstract – Flickr – pinemikey.jpg – Wikimedia Commons

La regola da non dimenticare è che la resistenza di una catena, per quanto lunga e di buon calibro, è sempre pari a quella del suo anello più debole! Vanno quindi controllate periodicamente maglia per maglia, girelle e grilli e, al primo segnale incerto, bisogna intervenire subito per sostituirle.

Le catene normalmente commercializzate e più utilizzate per l’ancoraggio delle nostre barche sono calibrate (con tolleranze ridottissime tra le maglie), galvanizzate (zincate a caldo HDG – Hot Dip Galvanized), a “passo corto”, e di grado 30 o, al massimo, 40 (in alcuni casi con la presenza di un traversino) in acciaio inox lucidato AISI 316L o nel più “edilizio” ISO 304.

Il grado (“grade” in inglese o “classe di qualità” in italiano) rappresenta in Newton la resistenza e robustezza del materiale, cioè la forza più elevata raggiunta nella prova di trazione che porta alla rottura della catena. Con una spesa poco più alta si può acquistare una catena di grado 60, 80 o fino a 100, con stesso peso ma con carichi di lavoro e rottura molto superiori paragonabili a calibri maggiori senza dover sostituire il barbotin! Rimpiazzare la catena esistente con una “a grado più elevato” può fare spesso la differenza, ma non sempre si trovano in commercio calibrate e adatte ai nostri costosi barbotin e verricelli!

Una stessa catena da 8 mm, mantenendo invariato il peso (circa 1,4 Kg al metro), con grado base 30, ha un carico di lavoro (ammissibile) di circa 800 kg, con grado 40 di circa 1.000 kg (per sopportare raffiche fino a 40 nodi), con grado 65 di 1.500 kg, fino a un grado di 100 per 2,5 tonnellate di lavoro. In proporzione aumentano anche i relativi KNewton (un Knewton è 100 Kg) dei carichi di rottura che, ricordo, sono circa 4 volte superiori al carico massimo d’esercizio.

Ciò vuol dire che nella nautica da diporto media, oltre il grado 40, le forze in gioco sopportabili per le nostre garantite maglie possono mettere in seria crisi le attrezzature di contorno. Tonnellate a trazione con strappi e brandeggi laterali porterebbero via prima il musone, la delfiniera, il salpancora e tutta la vetroresina connessa!

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Non arriviamo a questo punto !!! la rottura di una catena non è un pericolo solo per l’ancoraggio ma anche per la struttura dell’imbarcazione – Foto Tomascastelazo – see following linkRusty chain in fishing boat.jpg – Wikimedia Commons

Fondamentale è quindi scegliere il passo giusto della catena in base al barbotin del proprio salpa ancora.
Gli standard internazionali sono due: ISO 4565 e il DIN 766 (in Italia, lo standard DIN è il più diffuso).  Una catena da 8 mm ISO (la più comune per il piccolo e medio diporto) ha un passo da 24mm. Per le catene da 10 mm bisogna però fare attenzione perché due standard hanno passi differenti: il passo ISO 4565 è di 30 millimetri, mentre quello DIN 766 è di 28 millimetri.

Per prolungare la durata e il bell’aspetto di una catena, zincata o inox è essenziale lavarla periodicamente con acqua dolce. Ricordiamoci che non tutte le catene sono uguali e soprattutto non tutti i catenifici producono con gli stessi standard di qualità. In commercio esistono infatti catene a basso prezzo di dubbia provenienza (per lo più realizzate in Cina) che presentano una galvanizzazione non eseguita a regola d’arte, una corrosione prematura e carichi di lavoro e di rottura specificati non sempre rispettati. Esistono in commercio appositi anelli, fatti a semi-guscio da ribattere tra loro, le “false-maglie” che molti hanno usato per anni con fiducia per giuntare spezzoni di catene recuperate da vecchie barche o regalate dal vicino di banchina per raggiungere una linea di ancoraggio “a misura”.

È affidabile questa tecnica di giunzione o introduce un punto debole nella linea di ancoraggio?
L’uso di maglie di giunzione, purché certificate e non acquistate dal ferramenta sotto casa per l’altalena in giardino, garantisce sicurezza e affidabilità nella misura in cui resiste l’anello più debole di tutto il sistema. Oggi molti giunti in commercio hanno carichi di esercizio e di rottura sostanzialmente simili alla catena o superiore, calibrati per passare nel barbotin, alcuni ad 8 perni, con passo e diametro in mm (una volta si trovavano economici e disponibili sul mercato per usi generici e spesso in pollici) e si montano velocemente.

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photo credit @ Sacha Giannini

Le chain connectors Lok-a-loy“ o la “chain missing link” della Crosby Group, le “quick link” o le italiane Rigamonti e Moro sono tutte garantite e sostanzialmente sicure. Meno affidabili sono invece gli spezzoni catena orfani e presi in prestito di dubbia provenienza, d’uso, di materiali (apparentemente simili) e di calibratura. Attenzione quindi ai “trenini a vagoni” di maglie ospitate nei nostri gavoni di prua! Meglio cambiare annualmente anche il grillo di giunzione o il sistema usato fra catena ed ancora, tagliando preventivamente anche la prima maglia a contatto.

Fine parte II  – continua

Sacha Giannini

 

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