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livello elementare.
ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: tensioni geopolitiche, maritime domain, potere marittimo
Geopolitica del Mediterraneo
Negli anni ’90 abbiamo assistito a una grande effervescenza di iniziative politiche tese ad avvicinare le due rive del Mediterraneo. Stiamo parlando del “Processo di Barcellona” dell’Unione Europea, del “Dialogo Mediterraneo” della NATO, del “Partenariato per il Mediterraneo” dell’OSCE. Sotto il profilo securitario va anche sottolineata l’iniziativa denominata “5 + 5” in formato Difesa, varata su proposta italiana nel 2004.
Ciò nonostante, un reale avvicinamento verso il modello liberal democratico europeo non si è verificato, prevalentemente per effetto delle vecchie e delle nuove “ruggini”, che hanno fortemente rallentato la riduzione delle distanze tra le due rive. Francia e Gran Bretagna hanno anzi reso più instabile la riva di fronte a noi, con una devastante azione che ha portato alla destabilizzazione della Libia, permettendo a Turchia e Russia di stabilirsi su un territorio ricco di risorse energetiche (petrolio e gas naturale) e di garantirsi anche delle solide basi navali e aeroporti militari da cui controllare il Mediterraneo Centrale. Si tratta di un paese mediterraneo baricentrico, relativamente a poca distanza dalle nostre coste, che da oltre undici anni sta faticosamente cercando di ritrovare un equilibrio stabile.
In tale ambito, il disimpegno statunitense dall’area non è stato compensato da una maggiore presenza europea e ciò ha permesso ad altri attori di recuperare spazio politico e strategico. Non solo la Russia in Siria e in Libia, o la Turchia con la sua assertività nel Mar di Levante e in Libia, ma l’effervescenza di iniziative lungo la riva sud ha visto anche la già ricordata fine degli attriti tra Israele e Libano, dopo decenni di duro confronto, e una rinnovata collaborazione tra Israele, Marocco e Emirati Arabi Uniti. A ciò si aggiunge l’Egitto, che ha accentuato la sua proiezione strategica nel Mediterraneo, in un’ottica di fermo contrasto all’aggressività turca e di protezione dei propri interessi nazionali.
In tale quadro si inserisce anche l’Algeria che, per esempio, sta rinnovando la sua flotta e che si è presentata sul teatro mediterraneo con una forte dichiarazione, peraltro subito contrata da Italia e Spagna, circa la propria Zona Economica Esclusiva. Un’Algeria che sta giocando le sue carte geopolitiche e che sta acquisendo peso nell’area maghrebina e in Europa, anche per effetto della disponibilità di gas naturale, che le permette di rispondere alla nuova domanda europea, che sta riducendo rapidamente la sua dipendenza dal gas russo. Un’Algeria, tuttavia, ancora socialmente fragile che, tra le altre cose, ha un’accentuata e preoccupante instabilità ai suoi confini meridionali. Ciò dovrebbe favorire rapporti meno ruvidi con il Marocco (storico avversario territoriale, sostenuto con molta discrezione dagli USA e da Israele) e contenere l’esuberanza algerina sul Mediterraneo Occidentale, anche perché Algeri avrebbe molte difficoltà (eufemismo) a ottenere un appoggio concreto da Mosca, specialmente in questo periodo.
Senza parlare poi della ormai storica rivalità tra Turchia e Grecia, di cui ho già scritto in precedenza.
In tale ambito, nel 2014 il Consiglio Europeo ha approvato il documento sulla “Strategia per la Sicurezza Marittima Europea”. Nonostante le diverse posizioni dei propri membri più “ruvidi”, che erroneamente sottovalutano la valenza strategica ed economica di quest’area, ciò ha permesso all’Unione Europea di essere presente sui principali teatri di crisi del Mediterraneo allargato. Si tratta dell’Operazione SOPHIA (dal 2015 contro il traffico di migranti), sostituita nel 2020 dall’operazione IRINI (contro il contrabbando di armi verso la Libia) e dell’Operazione ATALANTA che, dal 2008, lotta contro la pirateria nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano. A queste va aggiunta l’Operazione multinazionale europea EMASOH-AGENOR che, dal 2021, opera per assicurare la libertà di navigazione attraverso lo Stretto di Hormuz. Oltre a quelle appena citate, nelle quali l’Italia partecipa con proprie unità navali i, alternandosi al Comando con gli altri partecipanti, il nostro paese ha unità impegnate in operazioni nazionali integrate in un dispositivo multinazionale, come l’Operazione GABINIA (dal 2019 per la vigilanza e la protezione degli interessi nazionali nel Golfo di Guinea).
Conclusioni
Da quanto finora detto si comprende come il Mediterraneo sia un raccordo essenziale del commercio mondiale e un centro nevralgico dell’economia italiana e che il mantenimento della libertà di navigazione lungo le rotte commerciali marittime mondiali sia un interesse primario del nostro Paese. In tal senso, per assicurare la crescita e il benessere nazionale, è indispensabile che il mondo politico comprenda il ruolo strategico del mare per la nostra economia. Un discorso che non dovrebbe essere patrimonio a corrente alternata di una parte variabile del Parlamento ma, invece, dovrebbe costituire la linea di continuità della geopolitica italiana.
Parallelamente a una strategia marittima, che abbia carattere di continuità, è anche indispensabile garantire che la Marina Militare italiana abbia gli strumenti più moderni per poter efficacemente tutelare gli interessi nazionali sul mare, assicurando un significativo ritorno di immagine internazionale e contribuendo ad accrescere il prestigio del paese. Oltre a garantire i collegamenti con i paesi con i quali abbiamo rapporti commerciali, infatti, le nostre navi militari sono efficaci strumenti di politica estera, attraverso quella che è comunemente conosciuta come “Diplomazia navale”, una forma di relazione con l’estero che non ha perso la sua tradizionale importanza, anche grazie a quanto messo a disposizione dal progresso tecnologico. Navi grandi, in grado di navigare per lungo tempo lontano dalle acque di casa, bene armate, con equipaggi bene addestrati e ben motivati costituiscono, quindi, la migliore garanzia per l’economia e la sicurezza del Paese. La loro presenza sulle acque del Mediterraneo e, in senso più ampio, del mondo, ha indiscutibili ritorni positivi per il paese, perché senza una credibile deterrenza contro minacce di qualunque tipo, senza poter assicurare il rispetto del Diritto internazionale, senza l’agibilità delle rotte percorse dal nostro traffico marittimo commerciale, senza i collegamenti telefonici o internet (garantiti dalle linee subacquee), senza la continuità nell’approvvigionamento energetico (via condotte subacquee), il nostro sistema economico si blocca, mettendo in crisi tutti i distretti industriali nazionali.
Il recente intelligente e opportuno tentativo innovativo di creare un Ministero del Mare, che ribadisse la centralità della marittimità per il nostro sistema economico, a similitudine di Paesi che da tempo hanno fatto della marittimità il loro principale traguardo economico e politico, pare stia incontrando difficoltà prima ancora di vedere la luce, per effetto delle solite gelosie interne e brame di potere, il cui orizzonte strategico non va oltre la staccionata del proprio cortile. Invece che attuare un unico indirizzo verso una valorizzazione del patrimonio marittimo nazionale e un’accentuazione della nostra marittimità, anche sotto il profilo culturale, le varie articolazioni che si occupano delle questioni marittime (5 Ministeri, 15 Regioni e tre università) sembra che continueranno a essere gestite in modo frammentato, disarticolato e personalistico, avendo sempre presente il prossimo risultato elettorale o il mantenimento della fetta di potere piuttosto che la tutela degli interessi nazionali. Un approccio cieco che non ha nulla di strategico ma che è esclusivamente opportunistico, in chiave di sopravvivenza e gratificazione personale (comoda poltrona) nel breve termine. Poi si vedrà.
Un approccio geopolitico cieco che preferisce esaltare i 1.200 km delle Alpi piuttosto che valorizzare gli oltre 7.000 km delle nostre coste, dimenticando (o ignorando) che il mare ha avuto un ruolo fondamentale e insostituibile nella crescita della nostra economia, cultura e civiltà; in una parola, nella nostra plurimillenaria storia e progresso. Dimenticare questo fatto è ingiustificabile, proprio mentre altri Paesi, con meno storia della nostra, guardano insistentemente e con maggiore convinzione al mare. Da tempo la Francia, per esempio, spinge per far approvare una strategia comune europea molto più incisiva rispetto all’attuale, che riconosca l’importanza che il Mediterraneo riveste per tutta l’Europa, superando le perplessità e le accese contrarietà dei Paesi frugali nordeuropei che, tuttavia, dalla libera fruizione delle rotte commerciali mediterranee ottengono un sostanzioso guadagno in termini di tempo e di denaro. Una cosa è certa, è indispensabile un forte ritorno della politica italiana ed europea al Mediterraneo, inteso come area geopolitica ed economica di ampio respiro, che rilanci la collaborazione tra paesi volenterosi e renda inoffensivi tutti gli attori (interni ed esterni) ostili alla stabilizzazione dell’area. Come abbiamo visto, con l’attuale situazione geopolitica, sono concretamente possibili solo alcune flebili collaborazioni bilaterali, ampiamente insufficienti a garantire il quadro di stabilità indispensabile per il tranquillo fluire delle merci e per l’approvvigionamento energetico.
Per l’Italia, il Mediterraneo rappresenta un vero e proprio patrimonio economico di valore inestimabile. Dal mare, infatti, passano tutte le principali articolazioni della nostra economia, energia, comunicazioni, sicurezza. Di conseguenza, è chiaro come sia fondamentale proiettarci sul mare per tutelare i nostri interessi economici nazionali principalmente attraverso la sicurezza delle attività estrattive marine e dei traffici marittimi.
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Gruppo navale della Marina militare italiana in operazioni nel Mar Mediterraneo – credito Marina militare italiana
Come si comprende benissimo, quindi, i nostri interessi complessivi oggi vanno ben oltre le Colonne d’Ercole e si estendono in tutto il mondo. Sono interessi globali e ciò richiede una presenza ovunque. L’Italia, essendo una media potenza regionale con interessi globali, non può permettersi di sottovalutare le implicazioni geopolitiche dell’attuale situazione, estremamente fluida e frammentata, caratterizzata da una minaccia latente, multiforme, asimmetrica e da diffuso disequilibrio e insicurezza, da una crescente competizione e da sempre più numerose tensioni di bassissima intensità, ma di elevato potere invalidante. In particolare, ai fini della sicurezza marittima, sono rilevanti le peculiarità della Marina, non solo in relazione alla multidimensionalità, ovvero la capacità di operare sul mare, al disopra del mare e sotto il mare, ma soprattutto dalla capacità di operare normalmente in proiezione (expeditionary) e in permanenza sul mare (sea based). In tale quadro, oggi più che mai diventa di assoluta importanza garantire la protezione del complesso sistema produttivo e di trasporto marittimo, delle linee di comunicazione marittima, degli oleodotti e gasdotti sottomarini, dei cavi per telecomunicazioni, dei porti, interporti, delle navi e delle piattaforme petrolifere. Sfide che devono diventare prioritarie per la nostra politica, al fine di permettere la continuità dei necessari rifornimenti, indispensabili per un armonioso sviluppo del paese, e senza i quali verrebbero penalizzate la produzione industriale, la ripresa, il nostro prestigio internazionale e il benessere sociale.
Mi domando, la politica saprà far fronte a queste grandi sfide o continuerà a curare interessi di piccolo cabotaggio?
Renato Scarfi
Nota
i Per EMASOH-AGENOR la consistenza massima annuale del contingente italiano comprende anche 193 unità e 2 assetti aerei.
Letture consigliate dall’autore (pubblicate su DIFESAONLINE)
L’aggressiva politica marittima turca destabilizza il Mediterraneo
Zona Economica Esclusiva e potere marittimo
L’instabilità africana e le sue conseguenze geopolitiche
Turchia sempre più aggressiva. Gli interessi italiani nel Mediterraneo Orientale
La necessità di una intelligente strategia marittima nazionale
La tutela degli interessi nazionali sul mare
articolo pubblicato precedentemente su DIFESAONLINE
Foto: Marina Militare / web
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è un ufficiale pilota della Marina Militare della riserva. Ha frequentato il corso Normale dell’Accademia Navale e le scuole di volo della Marina Statunitense dove ha conseguito i brevetti di pilotaggio d’areo e d’elicottero. Ha ricoperto incarichi presso lo Stato Maggiore della Difesa, il Comando Operativo Interforze, lo Stato Maggiore della Marina, la Rappresentanza militare italiana presso la NATO a Bruxelles, dove si è occupato di strategia marittima e di terrorismo e, infine, al Gabinetto del Ministro della Difesa, come Capo sezione relazioni internazionali dell’ufficio del Consigliere diplomatico. E’ stato collaboratore della Rivista Marittima e della Rivista informazioni della Difesa, con articoli di politica internazionale e sul mondo arabo-islamico. È laureato in scienze marittime e navali presso l’Università di Pisa e in scienze internazionali e diplomatiche presso l’Università di Trieste e ha un Master in antiterrorismo internazionale. È autore dei saggi “Aspetti marittimi della Prima Guerra Mondiale” e “Il terrorismo jihadista”
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