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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI-XVIII SECOLO
AREA: MAR LIGURE
parole chiave: Genova
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1. Le frontiere marittime genovesi: definizione, problemi e storiografia
Prima di parlare di come Genova gestì la difesa e il controllo delle sue frontiere marittime nei secoli dell’età moderna è opportuno definire quali fossero queste frontiere. Il termine frontiera applicato ad un territorio richiama con immediatezza il concetto di confine, cioè una linea che separa due entità territoriali. In geografia e nel diritto internazionale la frontiera coincide con la linea di confine che separa due stati, ma può avere anche un significato spaziale più ampio, ossia di zona di confine, concepita come una stretta striscia di territorio che sta a ridosso della linea di separazione.
Nel nostro caso, quindi, dovremmo considerare come frontiera marittima della Repubblica di Genova la linea costiera delle due Riviere liguri, o la stretta striscia di mare e di territorio litoraneo che gravita intorno a tale linea. In realtà, non è così, perché spesso di tende a dimenticare che la Repubblica di Genova comprendeva non solo il Dominio di Terraferma, corrispondente pressappoco all’attuale Liguria, ma anche quella grande isola che sta al di là del mar Ligure: la Corsica. La presenza della Corsica ci costringe a dilatare la nostra concezione della frontiera marittima della Repubblica, e a considerarla nel modo in cui era percepita ceto di governo genovese, vale a dire come uno spazio amplissimo compreso fra la striscia di territorio (inteso qui in senso lato, ossia tanto terrestre quanto marittimo) che gravita intorno alla linea costiera ligure, a nord, e le Bocche di Bonifacio, a sud. Una sorta di grande triangolo rovesciato che ha i propri vertici in Monaco, a ovest, Capo Corvo, a est, e Bonifacio a sud.
È meglio quindi parlare di frontiere, al plurale, in quanto si tratta, dal punto di vista della difese e del controllo del territorio, di un complesso di aree operative diverse che comprende le due Riviere liguri, i litorali della Corsica (con l’isola di Capraia) e la parte di mar Ligure delimitata dal triangolo. È chiaro quindi che stiamo parlando di un sistema alquanto permeabile, nella misura in cui i suoi fianchi a nordest e nordovest – caratterizzati da spazi di mare aperto difficili da controllare – risultavamo particolarmente vulnerabili. Si trattava quindi di un sistema ampio e complesso, e questo era vero non solo dal punto di vista geografico, ma anche da quello operativo, che doveva rispondere ad una serie di esigenze.
In primo luogo la difesa militare, in due principali ambiti strategici: la necessità di far fronte all’attività dei corsari barbareschi (nella sua duplice forma dell’incursione a terra e dell’azione predatrice in mare) e quella di proteggere il territorio ligure e còrso dagli appetiti, veri o presunti che fossero, delle potenze straniere. In secondo luogo il controllo del territorio, vale all’esercizio dei poteri di polizia, che, in ambito marittimo, comprendeva la lotta ai traffici illeciti (sia di frodo che di contrabbando) e i controlli di Sanità (vale a dire quel complesso sistema informativo-poliziesco volto ad impedire l’ingresso del “morbo pestifero”). In terzo ed ultimo luogo la tutela della giurisdizione della Repubblica sul mar Ligure di fronte alle violazioni commesse dei corsari stranieri duranti i conflitti fra le potenze europee.
Manca ad oggi uno studio monografico che tratti nel complesso la gestione militare e poliziesca delle frontiere marittime genovesi. Questo è un fatto abbastanza curioso visto che gli studi sui singoli temi non mancano, e molti sono stati realizzati, negli ultimi anni, dai miei colleghi del Laboratorio di Storia Marittima e Navale dell’Università di Genova, dal nostro maestro, Giovanni Assereto, e dal nostro direttore e coordinatore scientifico, Luca Lo Basso. Paolo Calcagno si è occupato di contrabbando e di lotta al contrabbando – così come chi scrive – e del problema della giurisdizione sugli spazi marittimi liguri, in particolare durante le guerre di Luigi XIV (Calcagno 2008, 2010, 2013, 2016).
I controlli di Sanità sono stati trattati da Giovanni Assereto in una monografia pubblicata nel 2011 (Assereto 2011). La Marina da guerra, indispensabile strumento di controllo del mare e difesa delle coste, è stata studiata, nelle sue molteplici declinazioni, da Luca Lo Basso, Vilma Borghesi, Gian Carlo Calcagno e da chi scrive (Borghesi 1973, Calcagno 1973, Beri 2011a, 2011b, 2013, 2016b, Lo Basso 2003, 2007, 2011). Infine, il complesso fortificatorio litoraneo è stato oggetto d’indagine da parte di numerosi studiosi còrsi (Graziani 2000 e 2001, Serpentini 2008) e genovesi (Marmori 1976, Calvino e Sarchi 1980, Fara 1983, Cevini 1984, Fara 1986, Forti 1992, Fedozzi 1998, Biagioni 2001, Beri 2015, Calcagno 2015).
2. La difesa e il controllo dei litorali e degli spazi marittimi: un sistema misto
Le forme di difesa e di controllo delle frontiere marittime nelle compagini statuali di antico regime si posso raggruppare in quattro categorie che sono, a due per due, antitetiche: terrestri e navali; statiche e mobili. Spesso queste forme sono state studiate attraverso due modelli relativamente rigidi, riconducibili il primo al binomio statico-terrestre e il secondo a quello mobile-navale. Il sistema genovese rientra tuttavia in entrambi i modelli: vale a dire che ha al suo interno sia elementi statici che mobili, e nessuno prevale in senso assoluto. Il predominio si verifica alternativamente, a seconda del contesto e del problema. Nei controlli di Sanità, ad esempio, la componente terrestre è sempre predominante e quella navale costituisce un elemento complementare. Nella risposta alla minaccia barbaresca, al contrario, la componente terrestre predomina solo nel XVI e nel primo quarto del XVII secolo – vale a dire finché sono presenti le incursioni a terra – mentre a partire dal momento in cui l’attività corsara si concentra quasi esclusivamente sul far prede in mare ecco che la componente navale, di riflesso, assume un ruolo centrale e quella terrestre viene relegata a compiti complementari (come la raccolta e la trasmissione di informazioni). In aggiunta la mobilità non è propria solo della componente navale: la presenza di squadre di cavalleria leggera nella Corsica orientale e nordorientale e nella giurisdizione Sarzana conferisce alla componente terrestre caratteristiche che male si sposano con la definizione di staticità.
Fine I Parte – continua
Emiliano Beri
in anteprima immagine dei una mappa del 1738 circa del mar Ligure – Fonte Fondo Antiguo de la Biblioteca de la Universidad de Sevilla File:1738 map of Ligurian Sea.jpg – Wikimedia Commons
testo tratto dalla relazione presentata al convegno internazionale “Navi genovesi nel Secolo dei Genovesi”, Archivio di Stato di Genova, 6 aprile 2018
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Riferimenti bibliografici
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Emiliano Beri si è laureato con lode in Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova. Nel 2011 vi ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia, discutendo una tesi sulle guerre di Corsica del medio Settecento. Dal 2012 al 2016 è stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia e Geografia dell’Università di Genova. Negli anni accademici 2016-17 e 2017-18 ha insegnato Storia sociale nel corso di Laurea triennale in Storia e Storia militare nel corso di Laurea magistrale in Scienze Storiche della Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova. Per l’anno accademico 2018-19 è stato docente aggregato di Storia militare nel corso di Laurea magistrale in Scienze storiche della stessa Scuola. A partire dall’anno accademico 2019-20 è docente aggregato sia di Storia militare che di Storia sociale.
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