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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Ottaviano, Marco Agrippa, Marco Antonio, Cleopatra, Azio
Non è certamente per caso, né per un ozioso vezzo stilistico, che Augusto amò precisare di aver instaurato la pace sulla terra “e sul mare” (terra marique [49]). Questo era evidente ai suoi contemporanei: ai Romani non poteva infatti sfuggire la riacquisita sicurezza sociale ed economica, ottenuta dalla rimozione di ogni minaccia proveniente dal mare, conseguita dalle recenti guerre marittime.
Ciò che rese straordinario tale risultato fu la sua assoluta novità [50] e soprattutto la sua eccezionale durata, sostanzialmente coincidente con la durata dell’Impero [51]. Fu in effetti un ulteriore merito di Augusto e di Agrippa di aver acquisito, dalle predette guerre, l’importanza e utilità di mantenere permanentemente le flotte [52].
La delicata transizione dalla strategia di guerra a quella di pace [53] avvenne dunque nella consapevolezza della necessità di mantenere in servizio le forze navali, affinché esse potessero continuare ad assicurare almeno la deterrenza [54] nei confronti di qualsiasi potenziale aggressore, la proiezione di forze dal mare – ogni qualvolta necessario – e la protezione delle rotte marittime [55].
Per poter svolgere le predette funzioni le flotte imperiali furono organizzate, armate, distribuite geograficamente e sostenute logisticamente secondo criteri che riflettono la razionalità e la competenza di Marco Agrippa, cui va anche attribuita la paternità della maggior base navale, realizzata a Miseno [56]. Tale impostazione della marina imperiale si confermò idonea per oltre tre secoli.
Laudatio Agrippae
Pur avendo sistematicamente rifiutato i trionfi decretatigli [57] ed ogni altro onore che potesse fare ombra al principe, ed avendo anche sdegnato di carpire la benevolenza dei letterati del suo tempo [58], Agrippa occupa nella storia un posto eccelso, sia per i suoi meriti navali, sia per tutti gli altri benefici procurati dal suo poliedrico talento; un talento che lo ha portato al vertice dell’impero, non solo come amico, braccio destro, ammiraglio e genero di Augusto, ma perfino come collega dello stesso imperatore.
La sua vita si interruppe prematuramente per un male che lo colpì mentre, di ritorno dall’alto Adriatico, egli si era fermato in Campania prima di rientrare a Roma [59]. Augusto ne pronunciò l’elogio funebre [60] nel Foro Romano, dall’alto del podio del tempio del Divo Giulio ornato con rostri della vittoria navale di Azio, e ne fece accogliere i resti mortali nel proprio Mausoleo. In occasione della morte di Agrippa una cometa apparve e rimase visibile per diversi giorni nel cielo di Roma: questo segno veniva normalmente interpretato come l’annuncio di un pubblico lutto ed anche come manifestazione visibile dell’ascesa al cielo di un grande personaggio. Nel caso di Agrippa, si pensò ch’egli fosse stato accolto tra le anime coraggiose che popolano la Via Lattea [61]. Tale convincimento ha peraltro ispirato l’emissione, in quello stesso anno, di una moneta che rappresenta Augusto intento ad apporre una stella (simbolo di immortalità) sul capo di una raffigurazione eroica di Agrippa [62].
L’immortalità di Agrippa, d’altronde, non riposa sulle credenze popolari ma sulle sue opere e soprattutto sull’indelebile efficacia della vittoria che si manifestò con lucente evidenza nelle acque di Azio, e che segnò una svolta epocale nella storia della nostra civiltà.
Abbiamo peraltro visto che quella vittoria non fu un isolato episodio fortunato, ma un successo navale che coronò una ben precisa strategia: una strategia lungimirante, che Agrippa genialmente individuò e seguì con coerenza nell’arco di sette anni – dominando le tre guerre marittime che pacificarono definitivamente il mare –, per poi tramutarla nell’ancor più innovativa strategia navale del “tempo di pace”, in cui le flotte imperiali divennero le silenziose ma potenti garanti della stabilità, della sicurezza e del benessere per oltre tre secoli [63].
Il riconoscimento che meglio rappresentò la considerazione di cui Agrippa godette per i suoi successi navali e marittimi, culminati ad Azio quando egli aveva ancora soltanto 32 anni, fu il vessillo azzurro (caeruleum vexillum [64]) donatogli da Ottaviano Augusto in occasione del trionfo aziaco. Prescindendo dal suo valore venale, ampiamente inferiore a quello della corona navale (d’oro) attribuita allo stesso Agrippa al termine della guerra Sicula, questo ultimo dono – assolutamente unico [65] – ebbe un significato di ben altro spessore. Sappiamo infatti che il vessillo purpureo era il simbolo dell’imperium ed era invergato ad una lancia (hasta), anch’essa antichissimo simbolo di potere sovrano [66]. Traslando tale significato al mare, tradizionalmente simboleggiato dal suo colore (quello del manto di Nettuno), si comprende che il vessillo azzurro doveva permanentemente identificare Agrippa come il detentore dell’imperium maris, il dominio del mare.
A conclusione di questo saggio, necessariamente sintetico, voglio citare la seguente valutazione complessiva su Marco Agrippa, visto sotto l’ottica navale, marittima e strategica, di W. Rodgers che risulta coerente con quanto si è detto:
“Agrippa appears as the greatest of Roman admirals. He is even more, for, like Themistocles, he first built and administered his navy before he fought with it. Both were statesmen as well as warriors, and both maintained occidental civilization against the encroachment of the alien East. Their deeds, together, with their nautical and political ability, place them at the head of admirals of all time.”[67]
Domenico Carro
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Note
[49] Questa espressione, che era stata già utilizzata da vari autori precedenti, incluso Cicerone, ha assunto in epoca augustea i seguenti significati: “The words terra marique parta (victoriis) pax … officially exalted Peace rather than the Peace-maker.” (A. Momigliano, Terra marique, in “Journal of Roman Studies”, 32, 1942, p. 63); “terra marique parta victoriis pax, cioè … pace universale scaturita dalle vittorie militari, le quali generano, secondo un processo moltiplicatorio, l’allargamento dell’espansione romana nel mentre rendono progressivamente superfluo l’uso della forza” (G. Cresci Marrone, Ecumene Augustea: una politica per il consenso, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1993, p. 92-3).
[50] In precedenza il Mediterraneo non avrebbe mai potuto essere immaginato interamente esente da minacce.
[51] “For five centuries after Actium, commercial vessels moved from the Black Sea to the Atlantic protected only by small fleets of police vessels to keep down piracy. … On land and sea the Pax Romana was established, the longest period of comparative peace in history.” (E.B. Potter, Sea power: a naval history, Annapolis, Naval Institute Press, 1981, p. 6). Le flotte imperiali, peraltro, furono tutt’altro che piccole.
[52] “L’influence d’Agrippa, en faveur d’une politique de conservation d’au moins une partie des flottes qui ont combattu à Actium, dut être décisive.” (J.M. Roddaz, cit., p. 181-2).
[53] “Dominare il Mediterraneo fu il primo passo di Augusto; il successivo fu altrettanto importante. Per conservare ciò che aveva conquistato creò una complessa flotta, bene organizzata.” (L. Casson, Navi e marinai dell’antichità, Milano, Mursia, 1976, p. 206); cfr. C.L. de Montesquieu, Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, Paris, Impr. nationale, 1900, p. 86-7).
[54] “The historic task of that navy was not to fight battles but to render them impossible.” (C.G. Starr, cit., p. 7); “le concept de dissuasion était déjà fort clair dans l’esprit des responsables de l’Etat.” (M. Reddé, cit., p. 488); tale concetto risulta peraltro ancora chiarissimo agli occhi di Vegezio (4, 31, 2), nel V sec. d.C..
[55] W.O. Stevens, A History of Sea Power, New York, George H. Doran Company, 1920, p.69-70 ; J.H. Rose, cit., p. 120; M. Reddé, cit., p. 656.
[56] G. Vitucci, Classis Misenatium – Qualche problema storico-antiquario, da “I Campi Flegrei nell’archeologia e nella storia”, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1977, pp. 182-3.
[57] Il trionfo gli era stato decretato tre volte, in occasione di tre suoi rientri a Roma: dalla propretura in Gallia, dalla guerra Cantabrica (in cui la flotta operò nell’Oceano per condurre degli sbarchi dal golfo di Biscaglia) e dal Mar Nero (in cui la flotta navigò verso la Crimea in funzione di dissuasione). Nella sua liberalità egli onorò comunque la vittoria navale di Azio da trionfatore: “The erection of a public building from the spoils of war to commemorate a triumph was one of the prerogatives of a triumphalis. Agrippa built many buildings, one at least, the Basilica Neptuni, to commemorate his naval victories.” (F.W. Shipley, Agrippa’s building activities in Rome, St. Louis, Washington University Studies, 1933, p. 12).
[58] P. Fedeli, Agrippa e i letterati augustei, in “Il bimillenario di Agrippa”, op. cit., pp. 118 e 125.
[59] Morì a cinquantuno anni, il 23 marzo 12 a.C.. La sua sosta in Campania potrebbe indicare che il suo ritorno verso Roma avvenne per via marittima, oppure ch’egli fece quella deviazione per ispezionare il sito della nuova base navale di Miseno.
[60] Del testo dell’elogio conosciamo un frammento che illustra i poteri conferiti ad Agrippa: “Infatti, la potestà tribunizia ti fu conferita per cinque anni con un decreto del senato sotto il consolato dei Lentuli; e di nuovo essa ti fu data per altri cinque anni sotto il consolato dei tuoi generi Tiberio Nerone e Quintilio Varo. Ed in qualsiasi provincia la repubblica romana si sia valsa di te, fu decretato per legge che nessuno in quella provincia avesse potere maggiore del tuo. Ma tu, elevato al sommo fastigio e dal nostro zelo e dalle tue peculiari virtù per il consenso di tutti gli uomini …” (A. Fraschetti, Augusto e la “laudatio” di Agrippa, in “Il bimillenario di Agrippa”, op. cit., pp. 90-1); cfr. E. Malcovati, Il nuovo frammento augusteo della Laudatio Agrippae, in “Athenaeum”, vol. 50, 1972, p. 144.
[61] Cfr. Manilio (1, 798-9); A. Fraschetti, Roma e il principe, Roma, Laterza, 1990,pp. 308-10 e 316-7; G. Cresci Marrone, cit.,p. 221; P. Fedeli, cit.,pp. 100-1.
[62] Denario d’argento RIC I 415 (catalogo Roman Imperial Coinage) emesso nel 12 a.C. dal magistrato monetario Lucio Lentulo, flamine Marziale. Agrippa vi è rappresentato con una Vittoria su globo (evidente allusione alle sue vittorie navali: le maggiori ch’egli conseguì) ed una hasta summa imperii, emblema del potere sovrano (imperiale) di cui era stato investito da Augusto.
[63] Le flotte mantennero parzialmente tale ruolo anche nel basso Impero, ma esse furono riorganizzate secondo una frammentazione più finalizzata alla difesa terrestre che non alla sicurezza marittima.
[64] L’espressione latina è stata tramandata da Svetonio (Aug. 25), che tuttavia ha fatto confusione sull’occasione del dono, circostanza invece correttamente riferita da Cassio Dione (51, 21).
[65] “No other such decoration has been recorded in antiquity.” (M. Reinhold, Marcus Agrippa : a biography, Geneva, N.Y., The W.F. Humphrey Press, 1933, p. 60, nota 47).
[66] Cfr. Giovanni Lido (1, 8 e 2, 19); A. Alföldi, Hasta-Summa Imperii: The Spear as Embodiment of Sovereignty in Rome, in “American Journal of Archaeology”, Vol. 63, No. 1, Jan. 1959, pp. 1, 3 e 12-14.
[67] W.L. Rodgers, cit., p. 538.
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ammiraglio di divisione della Riserva della Marina Militare Italiana, dal momento del suo ritiro dal servizio attivo, assecondando la propria natura di appassionato cultore della Civiltà Romana, ha potuto dedicarsi interamente all’approfondimento dei suoi studi storiografici, nell’ambito dei quali ha pubblicato numerosi libri e saggi, creato l’interessantissimo sito ROMA AETERNA ed il foro di discussione FORVM ROMAETERNA (2001-2013), poi sostituito dall’istituzione di pagine estratte da “Roma Aeterna” nelle maggiori reti sociali, quali Linkedin, Facebook, Twitter, Youtube, Flickr, etc. Non ultimo, l’ammiraglio Carro è relatore in importanti convegni, nazionali ed internazionali sui temi della storiografia romana e della salvaguardia della cultura marittima.
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