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ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: sistema di ancoraggio
Dopo aver introdotto l’argomento, entriamo nel vivo sulle parti fisiche che costituiscono il SISTEMA di ANCORAGGIO ovvero:
– Musone
– Salpancora
– Catena
– Pozzo catena
– Ancora
Musone
Una volta ornate da polene, bompressi e reti delfiniere le prue delle navi si sono nel tempo trasformate. Le attrezzature di prua sono diventate sempre più minimaliste, con la comparsa del “musone“, un componente della prua che semplifica la gestione dell’ancora e della catena, offrendo un alloggio pratico e sicuro delle stesse anche quando non sono in uso.

photo credit @Sacha Giannini
Un accessorio che diventa indispensabile se la barca dispone del verricello salpa ancora, grazie alla sua capacità di guidare correttamente la catena verso il barbotin o il cavo verso la campana di tonneggio. In molti casi il musone è già integrato nel pulpito di prua o in una delfiniera multiuso, accessorio sempre più in voga. In tutti i casi deve garantire una compatibilità universale con le diverse tipologie di ancore.
Può essere fisso o basculante: quello fisso è costituito da una struttura metallica all’interno della quale troviamo un rullo (in gomma, metallo o teflon) sul quale scorre la linea di ormeggio, quello basculante o a ribalta ha invece una parte snodata con la funzione di offrire all’ancora il maggior sbalzo possibile. La soluzione garantisce una perfetta calata ed un altrettanto sicuro recupero dell’ancora senza rischi di danneggiare lo scafo.
Oggigiorno, sempre più spesso, le prue si allungano con bompressi telescopici o delfiniere multiuso che integrano musoni, ancore, strallo di prua, gira fiocchi, frulloni, scalette retrattili per un comodo ormeggio di prua e vari golfari come le UniBow Compass, installabili su qualsiasi tipo di imbarcazione grazie ad un sistema di apertura a compasso che le permette di adattarsi a qualsiasi prua seguendo le linee dello scafo e integrandosi con l’estetica dell’imbarcazione.
Questo “nasone” di un metro circa, collocata a prua estrema, è un’appendice in acciaio inox, alluminio anodizzato o in vetroresina che, entro certi limiti, non condiziona la lunghezza fuori tutto (LOA) come viene definita dalle norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666.
Ricordo che plancette, bompressi, delfiniere, spoiler, e qualsiasi sporgenza oltre la lunghezza dello scafo vero e proprio, aggiunta non ai fini strutturali (con viti, bulloni e sika) e asportabile senza interventi “distruttivi” non vengono considerate ai fini LOA. In particolare, un bompresso o una delfiniera, che non siano resinati e parte integrante dello scafo, non concorrono al calcolo della lunghezza ai fini normativi. |
Salpa ancora
Questo comodo e prezioso alleato degli ancoraggi in rada rende l’ormeggio sicuramente più facile ma non sempre necessariamente anche più sicuro. Vediamone ora gli aspetti più importanti.
L’importanza di portarsi “a picco corto” ovvero sulla verticale dell’ancora
Salpare con la catena costantemente sotto trazione, trascinandosi verso l’ancora, per poi spedarla dal fondale solo con l’uso del verricello elettrico è da evitare, inoltre è una pratica poco marinaresca! Genera sovraccarichi pericolosi alle attrezzature e sprechi di energia. Un salpancora da 1.500 Watt ha un assorbimento nominale di 125 ampere e può scaricare una batteria di 100 amp in pochi minuti. La forza che il motore trasmette al barbotin è proporzionale alla corrente assorbita. Raddoppiando il carico sulla catena (salpando l’ancora trascinandosi col verricello) si raddoppia la corrente assorbita e di conseguenza si riduce proporzionalmente anche il tempo di erogazione della batteria.
Potenza del salpa ancora
Nella scelta del salpa ancora (da 500 fino a 2.000 watt e oltre), bisogna tenere conto del peso della catena (1.45kg/m per l’8mm, 2.35kg/m per il 10mm), del peso dell’ancora, del dislocamento della barca e della forza di sollevamento massima richiesta.
La forza di trazione massima istantanea corrisponde al picco di carico durante l’estrazione dell’ancora. Questo picco rappresenta un valore critico. E’ dunque necessario assicurarsi che il salpa-ancora abbia una forza di trazione massima largamente superiore al carico di lavoro e una capacità di sollevamento minima di quattro volte il peso del sistema d’ancoraggio (ancora e catena a bordo).
In particolare, la forza di sollevamento (forza massima di strappo F) deve essere inferiore a quella erogata dal salpa ancora, un fattore importante che dobbiamo saper valutare. Come indicazione teorica, considerando una linea di ancoraggio composta solo da una catena, di massima, possiamo impiegare questa formula:
Forza di sollevamento (potenza del motore) = (massa dell’ancora + massa della catena) x 5
Dove:
la massa dell’ancora + massa catena è il peso totale dell’ormeggio
la massa catena (Kg) = (Lunghezza della linea di ancoraggio LOA x kg/mt catena) x 5*
* 5 è la lunghezza ideale e utilizzabile della catena a bordo stimata cinque volte la LOA
Facciamo un esempio: considerando una Linea di ancoraggio di 13 metri ed un ancora del peso di 25 kg la massa della catena (espressa in Kg) sarà uguale a 13 x 2,2 kg/mt (per una catena da 10mm) x 5 ovvero 143 kg peso dell’ancora = 25 kg Peso totale ormeggio= massa catena + peso ancora sarà quindi uguale a 168 kg Quale sarà la potenza necessaria? La potenza necessaria o forza di sollevamento (in W) sarà data dal peso totale dell’ormeggio x 5 =168 x 5 quindi 840 Watt. Con un’imbarcazione di 13 metri, ci servirà quindi un salpa ancora con una potenza di almeno 1000 watt. In media: |
Considerate che la trazione media (espressa in kg) sull’ancora e sulla catena (o cima) è sempre in funzione del vento, del dislocamento e della “LOA” della barca. Se allunghiamo la nostra linea d’ancoraggio al massimo (idealmente da 5 a 7 volte il fondale), la tenuta aumenterà in modo esponenziale. In altre parole, la tenuta è direttamente proporzionale al calumo.
Come si legge:
Considerando una barca a vela di 13 mt alla “ruota” sotto raffiche di vento a 15 nodi fino a punte di 40 (anche se un vento con raffiche di 60 nodi un buon marinaio dovrebbe essere già in porto), i carichi e le forze di trazione che insistono su catene, ancore, grilli e accessori variano da 135 a 1.100 kg.
Importante
Il carico di esercizio/sicurezza e di rottura della nostra “linea di ancoraggio” sono parametri fondamentali per conoscere limiti, resistenze e garantirci sonni tranquilli. Il carico di lavoro massimo ammissibile è “tarato” per essere almeno 3-4 volte inferiore del carico di rottura (misurato in laboratorio). Per la sicurezza della barca e della nostra, non ci si dovrebbe mai avvicinare al carico di lavoro massimo.
Controlli da fare
– ispezionare col verricello in tiro se vi siano movimenti, flessioni o altro nella base di fissaggio all’interno del gavone;
– verificare che i dadi di fissaggio siano ben serrati con adeguate rondelle o contropiastre di rinforzo;
– controllare il livello e lo stato dell’olio della scatola ingranaggi (da verificare comunque periodicamente) perché invecchiando perde le sue caratteristiche. Tenete conto che dopo più di cinque anni tende a diventare un liquido melmoso e denso e va comunque sostituito;
– controllare lo stato di teleruttori, magnetotermico di protezione e dello stacca batteria dedicato (buone condizioni e funzionanti).
Ma non è finita … restate con noi.
Fine I parte – continua
Sacha Giannini
testo e immagini (se non diversamente attributi) di Sacha Giannini
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architetto, yacht designer, perito navale ed ex ispettore di sicurezza del diporto per il rilascio delle certificazioni di sicurezza, è un appassionato e profondo conoscitore delle imbarcazioni a vela che effettua valutazioni tecniche e stime commerciali. Dal 2000 esercita la professione di architetto, tra terra e mare, impegnato nell’architettura come nel refitting di barche.
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