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livello elementare.
ARGOMENTO: REPORTAGE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DARDANELLI
parole chiave: relitti
Nata come un’impresa navale anglo-francese agli inizi del 1915, la campagna dei Dardanelli si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra di trincea, che contrappose per mesi gli Alleati all’esercito Ottomano in uno scontro che produsse un enorme quanto inutile numero di vittime. Sebbene quindi non sia stata una battaglia navale in senso stretto – in effetti le navi ottomane non fecero mai la loro comparsa sullo scenario della battaglia – le acque che circondano la penisola di Gallipoli sono costellate da relitti che raccontano una parte non meno importante di quella pagina di Storia.
Mappa delle difese dei Dardanelli tra febbraio e marzo 1915. Le linee originali delle mine navali sono numerate da 1 a 10. L’11a linea, posata nella baia di Erin Keui dal posamine Nusrat l’8 marzo, è numerata 11. Le reti antisommergibile sono mostrate come linee tratteggiate. I forti principali sono indicati con riquadri blu e viene fornito il nome turco e il numero britannico equivalente per il forte, se noto – autore Gsl basato su: A Short Military History of World War I – Atlas, edited by T. Dodson Stamps and Vincent J. Esposito, 1950 Gallipoli: A Battlefield Guide, Phil Taylor & Pam Cupper, 1989 Gallipoli, Les Carlyon, 2001. File:Dardanelles defences 1915.png – Wikimedia Commons
Corazzate, incrociatori, dragamine, lance e pontoni per lo sbarco delle truppe, perfino diversi pescherecci, requisiti dalle forze alleate all’inizio della guerra e inviati nei Dardanelli con funzioni militari. Ma vi riposano anche alcune navi ottomane, come la corazzata Mesudiye affondata dal sommergibile B11 nel mese di dicembre 1914, prima ancora dell’inizio della Campagna, o la corazzata Barbaros Hayrettin ed altre navi affondate prevalentemente da sommergibili alleati nel mare di Marmara.
il Mesudiye fu una pirofregata corazzata della marina ottomana, costruita nel Regno Unito ed entrata in servizio nel 1875; completamente ricostruita tra il 1898 e il 1903, fu trasformata in una corazzata pre-dreadnought, partecipando sia alla I guerra balcanica che alla I guerra mondiale: il 13 dicembre 1914 fu affondata nei Dardanelli da siluri lanciati dal sommergibile britannico B11 –http://www.geh.org/ar/chus/turkey/m197501115821_ful.html#topofimage
File:Mesudiye.jpg – Wikimedia Commons
Una trentina di relitti sono stati localizzati e parzialmente esplorati tra le acque dell’Egeo, lo stretto dei Dardanelli e il mare di Marmara. In occasione del centenario della Campagna dei Dardanelli, un gruppo di subacquei e tecnici turchi ha compiuto un dettagliato lavoro di investigazione culminato nella pubblicazione del libro “Echoes from the Deep: Wrecks of the Dardanelles Campaign” che non solo ricostruisce la storia di ogni singola nave ma riporta altresì dettagliate scansioni sonar e, laddove possibile, immagini fotografiche delle loro attuali condizioni.
Oggi, diciassette di questi relitti, oltre ad un sito che custodisce un tratto di reti antisommergibile, fanno parte del Parco Storico dei Dardanelli, estendendo la sacralità che pervade i monumenti e i cimiteri della penisola fin sotto la superficie del mare.
Dal 2021 è possibile visitarli. Si tratta di immersioni a profondità ricreative, ad esclusione della corazzata inglese HMS Triumph che giace ad una profondità di 72 metri, e tuttavia conservano il fascino dell’esplorazione di navi che hanno avuto una forte rilevanza nella Storia del ‘900.
i membri della spedizione 2022
Nell’autunno 2022 abbiamo avuto la possibilità di fotografare e filmare alcuni di questi relitti nell’ambito di una spedizione di subacquei italiani organizzata da Turkish Airlines, Ministero della Cultura e Turismo della Turchia, Agenzia per lo Sviluppo del Turismo della Turchia, Ente di Storia Territoriale di Gallipoli e il Diving ByemDive di Ali Eyüpoğlu.
relitto HMS Majestic – photo credit Marina Cappabianca
Il relitto della corazzata HMS Majestic
A Capo Helles, di fronte alla baia di Seddülbahir, indicata sulle carte degli Alleati come “W Beach”, ritroviamo con grande emozione i resti della corazzata HMS Majestic e quasi stentiamo a riconoscerne i contorni. Essendo ad una profondità non eccessiva, come altri relitti di navi da guerra dei Dardanelli è stata smantellata e spogliata di quasi tutte le sovrastrutture nel corso degli anni ’60, per rispondere alla necessità di materie prime. Le operazioni di recupero – sempre meno remunerative – cessarono nei primi anni ’70, ma al diminuire del valore economico di questi relitti corrispose un crescente apprezzamento del loro valore storico.
relitto HMS Majestic – photo credit Marina Cappabianca
Ancora si possono osservare parti significative della corazzata, come le enormi torri da fuoco, una a prua e una a poppa. Quando fu costruita fra il 1893 e il 1895 nei cantieri Naval Construction & Armaments Co. di Portsmouth era la più grande nave da guerra britannica, era armata con quattro nuovi cannoni da 305mm Mk VIII, montati sulle due torri binate. Più rapidi da caricare e con una portata maggiore dei precedenti, furono usati nei successivi 30 anni su tutte le navi da guerra britanniche.
relitto HMS Majestic, proietti da 5 in – photo credit Marina Cappabianca
relitto HMS Majestic, proietti da 5 inch – photo credit Marina Cappabianca
Il suo armamento comprendeva anche 12 cannoni da 152mm a tiro rapido e altri calibri minori, e 5 lanciasiluri da 457mm. Pinneggiando lungo i suoi 128 metri di lunghezza, a poco più di 20 metri di profondità, cerchiamo con lo sguardo qualche punto di riferimento che riconduca a quelle immagini di potenza bellica che incutevano ammirazione e timore quando solcava il mare. Si riconoscono i resti di una torretta di tiro adagiati sul fondale e al centro del relitto il camino di una caldaia che ancora si erge verticale, ma più di tutto colpiscono alcuni proiettili dei cannoni sparsi un po’ ovunque: coperti di incrostazioni e all’apparenza inermi mantengono quella forza simbolica della violenza di una guerra.
L’HMS Majestic fu affondata all’alba del 27 maggio da un siluro lanciato dal sommergibile tedesco U21 e il racconto di quel tragico evento rappresenta una delle pagine più drammatiche del diario dell’inviato di guerra Ellis Ashmead-Bartlett, raccolto nel suo libro “The Uncesored Dardanelles”. Quella notte il comandante Talbot fece ormeggiare la nave il più vicino possibile alla costa, non solo per proteggersi da un attacco dell’U21 ritenuto imminente, ma anche per offrire all’equipaggio maggiori possibilità di salvezza, se la nave fosse affondata in acque basse. Appena due giorni prima, infatti, il sommergibile tedesco aveva affondato la corazzata Triumph poco più a nord. Attorno alla Majestic furono stese le reti antisommergibile ed alcune navi le si disposero intorno a protezione. Ashmead-Bartlett dormiva in coperta per essere appunto pronto ad un eventuale abbandono della nave.
relitto HMS Majestic – photo credit Marina Cappabianca
Alle 6,40 del mattino un grido lacerò l’aria “Siluro in arrivo!”. Seguì una forte esplosione, una colonna di fumo nero e denso invase l’aria mentre, con un sussulto, la nave incominciò a inclinarsi fortemente a babordo. In un momento le acque furono piene di uomini che gridavano aiuto cercando di mantenersi a galla o di raggiungere a nuoto le imbarcazioni che prestavano soccorso. Ashmead-Bartlett fu tirato a bordo di un piccolo cutter, stipato di naufraghi ben oltre le proprie capacità. In pochi minuti, davanti ai suoi occhi, la corazzata si capovolse e sparì sott’acqua. Grazie alla poca profondità l’effetto di risucchio fu lieve, ma ciò nonostante 48 uomini persero la vita.
relitto HMS Majestic – photo credit Marina Cappabianca
All’uscita dall’immersione, Alì ci porta con la barca del suo diving al molo ai piedi del faro di Capo Helles. Una breve salita, che schiude alla vista un panorama sempre più vasto, ci conduce al faro dove visitiamo un piccolo museo straordinariamente ricco e curato. Tra filmati e fotografie si possono approfondire le storie della Majestic e di altri relitti custoditi in queste acque.
Le lance di Capo Helles
Poche miglia più a nord, si trovano due delle lance con le quali la mattina del 25 aprile 1915 furono sbarcati uomini e armi per l’attacco a Capo Helles. Giacciono l’una vicina all’altra, ad una profondità di circa 25 metri, in ottimo stato di conservazione, se non fosse per la caldaia di una delle due finita chissà come fuori bordo, in prossimità dello specchio di poppa, le ruote un tempo azionate dal motore a vapore ancora perfettamente integre.
le lance di Capo Helles – photo credit Marina Cappabianca
Il loro assetto di navigazione rende la vista ancora più toccante: non è difficile immaginarle stipate di soldati, pressati l’uno con l’altro, mentre si avvicinavano a terra sotto una pioggia di proiettili sparati da un nemico quasi invisibile, ma ben determinato a difendere la propria terra. Alzando lo sguardo verso la superficie, la si può immaginare quella pioggia che sott’acqua tracciava linee di minuscole bollicine, dritte come scie di aerei nel cielo.
le lance di Capo Helles – photo credit Marina Cappabianca
Si possono immaginare i ragazzi che si lanciavano in acqua per sfuggire a quei colpi, qualcuno raggiungendo terra altri annegando sotto il peso di zaini stracarichi, e quanti finirono a fondo insieme alla lancia uccisi ancor prima di riuscire a sollevare il fucile.
le lance di Capo Helles – photo credit Marina Cappabianca
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Il relitto del HMS Lundy
L’ultimo relitto che visitiamo in questa prima spedizione è quello della HMS Lundy, al largo della baia di Suvla, dove avvenne uno degli sbarchi nel mese di agosto 1915.
relitto HMS Lundy – photo credit Marina Cappabianca
La sua prua si staglia imponente e scura da un fondale sabbioso di 27 metri, anch’essa è in assetto di navigazione e può essere esplorata sotto coperta per buona parte dei suoi 33 metri di lunghezza. Costruita nel 1908 dal cantiere di Beverly, in Inghilterra, Cook, Welton & Gemmell per la compagnia di pesca Hull Steam Fishing & Ice Co. fu requisita dal Ministero della Guerra Britannico nel maggio del 1915 e inviata ai Dardanelli come dragamine.
relitto HMS Lundy – photo credit Marina Cappabianca
Dopo appena due mesi di servizio, scampata al pericolo delle mine, affondò per una collisione con una nave da trasporto alleata, la SS Kalyan, durante un’operazione di trasferimento di munizioni da Suvla alla baia Anzac. Mentre le due navi erano affiancate per il passaggio del carico, l’artiglieria ottomana prese di mira entrambe. I proiettili cadevano sempre più vicino e la concitazione che si creò a bordo non permise di coordinare la frettolosa manovra di fuga: la poppa della Lundy fu trascinata sotto l’elica della Kalyan, di stazza maggiore, e una falla si aprì nello scafo.
relitto HMS Lundy – photo credit Marina Cappabianca
Mentre la nave incominciava ad imbarcare acqua, tutto l’equipaggio si salvò saltando in mare, tranne un motorista colpito dall’esplosione della caldaia. Sebbene come nave da guerra non abbia avuto un ruolo di grande rilievo, nel contesto dei relitti sommersi dei Dardanelli è tra i più interessanti da visitare: in buono stato di conservazione, con lo squarcio ben visibile sulla murata di poppa.
relitto HMS Lundy – photo credit Marina Cappabianca
Riemergiamo da questo museo sommerso consapevoli della sua sacralità, e più ancora delle migliaia di storie che racconta. I relitti fermano nel tempo l’attimo della tragedia, portano a fondo con sé gli ultimi istanti della loro vita, e in molti casi di vite umane interrotte così con fulminea violenza; sono la testimonianza e il racconto di queste storie, e di un’unica grande Storia.
Marina Cappabianca
foto subacquee di Marina Cappabianca
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Produttrice, autrice e regista di documentari, ha consolidato una forte esperienza nel campo delle produzioni internazionali dapprima con Brando Quilici, negli Stati Uniti e in Canada; successivamente in oltre 10 anni di attività con la società Paneikon, accreditata sui mercati mondiali per la qualità delle sue produzioni documentaristiche; infine in partnership con Pippo Cappellano nella società Capmar Studios specializzata in documentari subacquei, naturalistici e storici. Ha coordinato numerose coproduzioni internazionali con partner quali Discovery, National Geographic, WGBH Nova, WDR e ZDF in Germania, BBC, France 2, France 3, France 5. Ha realizzato come autrice e regista diversi documentari di natura per RAI e Mediaset, ha pubblicato articoli su tematiche relative all’attività del documentario. Ha fatto parte di giurie di prestigiosi festival internazionali di documentari quali Mountain Film Festival di Telluride in Colorado, Science Media Award di Boston, Wildlife Film Festival di Jackson Hole, DocScient di Roma. Dal 2009 al 2014 è stata Direttore Artistico del Festival Internazionale di Documentari Subacquei “Pelagos” di Roma. Subacquea, velista, appassionata di montagna, parla correntemente inglese, tedesco, francese e spagnolo.
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