livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: III SECOLO a.C.
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Poliremi, Tessarakonteres, Tolomeo IV Filopatore3
Potremmo definirla la portaerei del III secolo avanti Cristo, una gigantesca poliremi a doppio scafo (in pratica simile ad un catamarano), chiamata Tessarakonteres (in greco moderno: τεσσαρακοντήρης, “quaranta remi”).
La grande nave fu costruita nel periodo ellenistico da Tolomeo IV Filopatore d’Egitto e fu descritta da numerose fonti antiche tra cui un’opera perduta di Callisseno di Rodi e testi di Ateneo e di Plutarco.
Secondo le fonti, la Tessarakonteres fu costruita da Tolomeo IV Filopatore nel III secolo a.C., un faraone egizio appartenente al periodo tolemaico, quarto sovrano della dinastia dei Tolomei. La sua dinastia, che regnò fino al 30 a.C. terminando con Cleopatra VII, discendeva da Tolomeo I, amico d’infanzia di Alessandro Magno e suo fedele soldato; dopo la prematura morte di Alessandro si proclamò re d’Egitto, nel 305 a.C., riuscendo a mantenere il controllo del territorio nordafricano, e dando inizio al periodo ellenistico egizio.
Il regno ereditato dal padre Tolomeo III era sostanzialmente prospero grazie alle varie conquiste economiche e militari dei suoi predecessori ma fu influenzato dal potere di due suoi ministri, Agatocle e Sosibio, che condizionarono la vita pubblica e privata del sovrano. La svolta fu rappresentata dalla quarta guerra siriaca (219-217 a.C.), che, nonostante avesse portato alla vittoria egizia, rappresentò un forte momento di tensioni e portò il regno in una grave crisi economica e sociale. Nonostante la vittoria ottenuta nella quarta guerra siriaca, la politica di governo di Tolomeo IV fu essenzialmente di mantenimento della pace, cercando di mantenersi neutrali tra le parti belligeranti sia durante la guerra degli alleati (220-217 a.C.), sia durante la prima guerra macedonica (214-205 a.C.) tra la repubblica romana e il regno di Macedonia di Filippo V. In quegli anni si combatté in Mediterraneo una guerra senza esclusione di colpi tra Roma e Cartagine, la seconda guerra punica (218-202 a.C.), durante la quale Tolomeo mantenne ancora una volta una neutralità assoluta.
Nonostante questo approccio “pacifico”, Tolomeo IV è ricordato per aver costruito la τεσσαρακοντήρης (tessarakontérēs). Va precisato che il termine “quaranta” non si riferisce al numero di remi ma al numero di vogatori su ciascuna colonna di remi che la spingeva,; considerando le dimensioni descritte potremmo dire che incontrandola nei mari dell’antichità avremmo visto la nave più grande a propulsione umana mai costruita.
Alla fine del I secolo, Plutarco menzionò questa grande nave nella sua Vita di Demetrio, una parte dell’opera Vite parallele. Il grande storico ne rettificò l’altezza alla sommità della poppa, che riportò essere di quarantotto cubiti. Una nave per l’epoca enorme che secondo queste descrizioni, supportate da Lionel Casson, la resero poco pratica relegandola ad una nave di prestigio piuttosto che da guerra.
Un Mediterraneo già affollato da numerosi tipi di navi
Se potessimo proiettarci indietro nel tempo, incontreremmo nel mare che sarebbe diventato Nostrum, navi di ogni tipo e funzione. Le più comuni erano le triremi, le principale nave da guerra ellenistiche fino al IV secolo a.C caratterizzate da tre ranghi di remi armati con un rematore ognuno. La necessità di costruire navi maggiori portò alla costruzione delle poliremi che significa dotate di “molti remi”, applicato a “quattro” ( tetre- in greco, quadri- in latino), cinque” (penta – in greco, quinque- in latino) e successivamente fino a “dieci”, la più grande che sembra sia stata utilizzata in battaglia. Si dice che Tolomeo II Filadelfo costruì una “venti” e una “trenta”, e Tolomeo IV Filopatore, per non essere da meno, costruì la “quaranta”.
Il numero di ranghi di remi e di rematori è forse uno degli argomenti più discussi nella archeologia marittima dell’era classica. Semplificando potremmo dire che il numero massimo di ranghi di remi che una nave potesse dislocare era tre (raggiunto con le Triremi). Termini maggiori di tre, non si riferivano più al numero di ranghi di remi (come per bireme e trireme, rispettivamente due e tre ranghi di remi con un vogatore per remo), ma al numero di vogatori per sezione verticale, impiegando quindi diversi uomini su ogni remo.
Ad esempio, la quadrireme poteva differire da una trireme per il fatto che, pur avendo al massimo tre ranghi di remi, poteva avere due vogatori sul remo superiore ed uno sui ranghi inferiori, o essere una bireme (due ranghi) ambedue con due vogatori per remo.
Esclusa quindi la possibilità di avere quattro ranghi di remi, le poliremi maggiori aumentavano il numero dei rematori, anche se il numero degli uomini ai remo non poteva essere troppo alto in quanto sarebbero nati problemi di manovra e di coordinamento. In altre parole, le navi avrebbero perso di manovrabilità.
Non a caso, secoli dopo, le galee utilizzate nel XVI-XVIII secolo, avevano in genere un numero massimo di otto uomini su singolo remo. Questa ipotesi sul numero di rematori sulla quaranta è confermata anche da Casson che ritiene che i remi erano della lunghezza corretta per non più di otto marinai.
Casson, facendo fede alla dizione Tessarakonteres usata da Callisseno, ritiene che la “quaranta” doveva avere quindi tre ranghi di remi. Considerando il limite pratico di otto vogatori per ogni remo, per tre ranghi di remi, si otterrebbe un totale di 24. Per poter arrivare a “quaranta” l’unica soluzione possibile era quindi di costruire un grande catamarano, cosa che, confermerebbe la descrizione di Callisseno che parla di una nave con due teste e due poppe. In pratica, secondo Casson, la Tessarakonteres era una nave composta da due “venti” remi unite insieme da un grande ponte. Ogni sezione della nave sarebbe stata quindi composta da venti rematori: forse otto vogatori nel primo rango di ogni sezione, sette nel mezzo e cinque nell’ultimo. Un numero di rematori decisamente importante, che avrebbe potuto avere 50 sezioni verticali di tre remi per lato ovvero mille rematori per 150 remi (ogni remo con 20 rematori). Un’altra possibilità potrebbe essere che, considerando la lunghezza di 130 metri, in ogni scafo i lati interni non fossero dotati di remi.
Quali erano le dimensioni della nave?
Basandosi sulle fonti e sulle speculazioni degli studiosi, la grande nave poteva avere una lunghezza di circa 280 cubiti (130 metri) con una larghezza di 38 cubiti, (17 metri per scafo del catamarano se l’ipotesi di Casson è corretta). L’altezza dalla linea di galleggiamento a poppa sarebbe stata di 53 cubiti (24,2 metri) e a prua di 48 cubiti (22 metri). I grandi remi arrivavano ad una lunghezza di 30 cubiti (14 metri), quelli di governo, o a 38 cubiti (17 metri) per gli altri. Va da sé che l’ipotesi di 300 remi per parte sembrerebbe più attendibile in quanto assicurerebbe una distanza orizzontale fra i rematori della stessa fila di almeno un metro
In totale, l’equipaggio avrebbe quindi potuto contare su 4.000 rematori, circa 400 marinai e 2850 soldati. Sul grande ponte erano collocate macchine da guerra (catapulte) e lo scafo era provvisto di rostri. In sintesi un’arma da battaglia straordinaria che però sarebbe stata poco pratica in caso di un conflitto reale, a causa della sua poca manovrabilità. Ce lo conferma Plutarco che la descrive come “nave da esposizione”, più adatta al divertimento del faraone che ad un effettiva navigazione.
Bibliografia
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J. G. Landels, Engineering in the Ancient World, Revised, University of California Press, 2000, ISBN 0-520-22782-4.
John Peter Oleson, Greek and Roman Mechanical Water-Lifting Devices: The History of a Technology, University of Toronto Press, 1984, ISBN 90-277-1693-5.
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Casson, L., Ships and Seamanship in the Ancient World. Princeton, Princeton University Press, 1973
Casson, L., The Ancient Mariners, Lionel Casson, 2nd Ed., Princeton University Press, 1991
Casson, L., Ships and seafaring in ancient times, University of Texas Press, 1994, full version stored on Open Library
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