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Batteri “vulcaniani” potrebbero contribuire alla riduzione del CO₂ atmosferico

tempo di lettura: 6 minuti

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livello medio

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ARGOMENTO:  EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: RICERCA
parole chiave: sequestro CO2, batteri

 

Si parla tanto di segregazione delle emissioni di CO₂ per ridurre l’impatto sul clima terrestre ma spesso non viene ricordato che la maggior parte delle emissioni sono assorbite dagli oceani. Un processo fondamentale per la nostra sopravvivenza che però comporta delle variazioni chimico-fisiche e biologiche delle acque oceaniche.

Un ciclo fondamentale per la nostra sopravvivenza
Circa il 25% della CO2 emessa in atmosfera viene assorbita dai nostri oceani dissolvendosi nell’acqua di mare a seguito di un processo fisico-chimico di scambio tra atmosfera e superficie marina che viene controllato dalla concentrazione i gas e dal coefficiente di scambio [0]. A seguito di questo ciclo si ha la segregazione di parte della CO2 ma un aumento di protoni (ioni H+) che influiscono sull’acidificazione del mare, ma anche una diminuzione degli ioni carbonato (CO3-) necessari a molti organismi marini per costruire il loro scheletro o guscio calcareo (coralli e molluschi). Le ricadute sui processi marini, sia da un punto di vista ecologico che economico, sono importantissime.

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il rimescolamento aria-acqua favorito dal vento e dalle onde favorisce questo processo chimico della CO2 in mare. / @Slideplayer

Sebbene dare delle previsioni non sia semplice, alcuni ritengono che alla fine di questo secolo gli oceani dovrebbero essere del 150% più acidi di ora, causando a livello globale una delle più grandi minacce per la vita marina; questo comporterà, a causa della raggiunta saturazione aria-acqua, anche una riduzione della segregazione della CO2. In pratica questo comporterà un ulteriore aumento delle temperature globali, forse limitato solo dal passaggio ad una nuova fase astronomica più fredda.

 

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cambiamenti della acidificazione degli oceani dal 1850 al 2100 mappati in base allo stato di saturazione di aragonite che indica la solubilità del carbonato di calcio nell’acqua di mare in uno  scenario di aumentp delle emissioni di CO2 (RCP 8.5) Fonte: IGCBP, IOC, SCOR (2013)

Un aiuto dai batteri
È noto che piante e microalghe possiedono la capacità di segregare CO₂; in tempi recenti è stato scoperto che anche i batteri possono contribuire in tale processo molto efficacemente in quanto hanno un tasso di crescita rapido e un ciclo di vita notevolmente più rapido dei vegetali. Inoltre, possono essere facilmente modificati geneticamente e riprodotti in laboratorio. Un ulteriore vantaggio del loro utilizzo è che possono generare utili sottoprodotti industriali come biocarburanti, composti farmaceutici e bioplastiche.

Oggi parliamo di una scoperta interessante, la scoperta di particolari batteri che prosperano in condizioni estreme ovvero in situazioni ambientali che normalmente impedirebbero la vita degli organismi viventi. Lo studio di questi batteri ci riporta indietro nella storia del pianeta, ad oltre 3,6 miliardi di anni fa ed è di fondamentale importanza per studiare profondamente i processi che hanno portato all’evoluzione della vita nel nostro pianeta.

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Microfotografia di Thermus aquaticus Y51MC23 da colture anaerobiche. Il campione di coltura è stato colorato con macchia fluorescente Syto 1 9 in acqua sterile – immagini da studio pubblicato su Researchgate https://www.researchgate.net/figure/Micrograph-of-Thermus-aquaticus-Y51MC23-from-anaerobic-cultures-Culture-sample-was_fig1_282852661

E’ stato notato che microorganismi che abitano habitat estremi si evolvono più velocemente di quelli che popolano ambienti favorevoli e rappresentano non solo un serbatoio genico per potenziali applicazioni biotecnologiche (ad esempio, la scoperta della Taq polimerasi, una reazione chimica che porta alla formazione di una catena polimerica, ovvero di una molecola costituita da molte parti uguali di DNA e RNA che si ripetono in sequenza, che fu isolata dai batteri termofili Thermus aquaticus), ma possono essere usate per esplorare le relazioni tra la bio diversità ed i fattori ambientali.

In questo contesto, gli ambienti vulcanici terrestri e sottomarini suscitano interesse per la comunità scientifica, poiché sono considerati analoghi ad alcuni dei primi ambienti sulla Terra.

L’utilizzo di batteri, potenzialmente migliorati dall’ingegneria genetica, è un’area di ricerca scientifica molto attiva per produrre sostanze chimiche in grado di generare sottoprodotti industriali utili come biocarburanti, composti farmaceutici e bioplastici, ma anche di catturare la CO₂. Non si tratta di fantascienza in quanto la società americana Lanzatech utilizza già batteri per convertire la CO₂ in combustibili e sostanze chimiche commerciali e la recente startup Cyanocapture con sede nel Regno Unito, sostenuta da Shell ed Elon Musk, stanno sfruttando cianobatteri per produrre biomassa e oli biologici. In Italia, nel Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara, in collaborazione con il Politecnico di Torino e con una rete di start-up italiane, ENI ha avviato un impianto pilota a fotobioreattori multi layer in cui le alghe sono alimentate da luce artificiale per favorire la fotosintesi.

La biomassa vegetale prodotta, raccolta ed essiccata è una farina algale che può essere utilizzata in ambito nutraceutico, mangimistico o cosmetico, mentre la frazione grassa dell’estratto può essere utilizzata per l’estrazione di olio algale che, a sua volta, può essere valorizzata nelle bioraffinerie ENI per la produzione di bio-combustibili avanzati. Avviato a novembre 2020, l’impianto pilota di Novara ha raggiunto dei dati di produttività giornaliera di biomassa molto promettenti che, secondo ENI, se proiettati su impianti di scala industriale, potrebbero consentire di produrre fino a 500 tonnellate di biomassa ed intrappolare circa 1000 tonnellate l’anno di CO₂ per ogni ettaro di superficie. La ricerca avanza quindi in tutto il mondo per ottimizzare l’uso di batteri per catturare il carbonio dall’acqua di mare, bloccando la CO2.

Cianobatteri
Torniamo quindi alla scoperta di questi batteri; un team di microbiologi del progetto Two Frontiers (2FP), un’iniziativa sostenuta dalla Seed Health, un’azienda che opera nelle nanotecnologie, sta studiando dei particolari cianobatteri che si sono adattati a condizioni estreme in ambienti estremi cono lo scopo di trovare nuove soluzioni per contrastare il cambiamento climatico e lo sbiancamento dei coralli. In particolare, il Progetto ha ipotizzato che questi organismi, in grado di sopravvivere in quegli ambienti estremi ed in grado di agire sul carbonio, potrebbero segregare più efficacemente e velocemente la CO2 atmosferica.

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spedizione Carbon 1 all’isola di Vulcano

Ad oggi, il 2FP ha completato due spedizioni di ricerca, etichettate Carbon 1 e Carbon 2. La prima, Carbon 1, ha avuto luogo alle isole Eolie, al largo della costa della Sicilia, Italia, per studiare la vita batterica nelle sorgenti idrotermali vulcaniche e altamente acide dell’isola di Vulcano. Il particolarissimo ambiente geologico rientra in un’area vulcanica che attraversa la costa nord-orientale della Sicilia fino alle isole eoliche e sono presenta dei sistemi idrotermali poco profondi. In particolare, Vulcano e le altre isole eoliche, sono da anni studiate per le popolazioni microbiche che hanno portato all’isolamento di nuove specie di batteri alotolleranti o alofili (ovvero che si sono adattate a sopravvivere in ambienti ad alta salinità) e termofile.

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spedizione Carbon 2 nelle sorgenti idrotermali dei parchi del Colorado

Il team di ricerca è stato in grado di isolare dei cianobatteri, un gruppo di organismi fotosintetici unicellulari “ossigenici”, ovvero capaci di produrre ossigeno molecolare (O2) utilizzando l’acqua come fonte di elettroni. Questi batteri, ritrovati nelle sorgenti termiche nella baia di Baia di Levante dell’isola di Vulcano, sarebbero in gradi di trasformare la CO2 in biomassa più velocemente di qualsiasi altro cianobatterio conosciuto e sembrerebbero essere particolarmente efficienti nella cattura del carbonio rispetto ai loro concorrenti del settore.

Un’altra missione della spedizione Two Frontiers Project, Carbon2, ha attraversato lo stato del Colorado – uno stato famoso per le sue sorgenti calde e carbonizzate – per raccogliere, sequenze e campioni microbici di coltura da sorgenti calde delle montagne rocciose. Sequenziando il DNA degli organismi che vi vivono gli scienziati ritengono di poter progettare sistemi avanzati di coltura. I risultati e i metodi saranno integrati con quelli di Carbon 1 e potrebbero portare a nuove interessanti scoperte. Intanto in tutto il mondo la ricerca prosegue.

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[0] Il processo è legato alla pressione parziale di un gas sopra una superficie. Ogni volta che la pCO2 aumenta, il gas si diffonde nel volume di acqua fino a quando le pressioni parziali nell’interfaccia aria-acqua si equilibrano. Se aumenta, la CO2 atmosferica si diffonderà nell’oceano aumentando, nella reazione la produzione di ioni H+ ovvero l’acidità delle acque.

 

Riferimenti
https://www.researchgate.net/publication/Bacterial_Communities_from_Extreme_Environments_Vulcano_Island

https://twofrontiers.org/expeditions/vulcano

 

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