livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ANALISI
parole chiave: Futuro, spazio, investimenti
Le questioni economiche, che ho trattato nell’articolo precedente, sono solo una delle (forti) ragioni che hanno permesso di riprendere i programmi correlati all’esplorazione spaziale e al ritorno dell’uomo sul nostro satellite. Una volta colonizzata, infatti, esattamente come fecero i primi navigatori spostandosi di isola in isola verso l’orizzonte e l’ignoto, la Luna potrà servire come trampolino di lancio per navigare nello spazio verso i confini del sistema solare e oltre, portando certamente ad estendere la frontiera della conoscenza, con importanti implicazioni geopolitiche (leggi articolo “Navigare verso l’ignoto”).
In tale ambito, il già citato MC22 ha ribadito che tra le priorità dello Spazio europeo ci sono l’accesso indipendente alle orbite e la sicurezza delle comunicazioni e della navigazione, due argomenti delicatissimi che hanno importanti ricadute geopolitiche e securitarie. Il posizionamento delle principali potenze nella nuova dimensione costituisce, infatti, una proiezione di potenza che ha lo scopo di amplificare il loro ruolo sulla Terra.
Non è un caso se anche i paesi asiatici tecnologicamente più avanzati si stanno dando molto da fare per acquisire una posizione nella gerarchia spaziale. Le cronache di questi giorni ci dicono, per esempio, che anche l’India, ha raggiunto ottimi livelli nel settore. Questo grande paese, che ha avuto pieno successo laddove la Russia ha recentemente fallito (allunaggio al Polo Sud lunare), con l’allunaggio della sonda Chandrayaan-3 ha coronato quattro anni di intensi sforzi per rimediare ai problemi avuti con la sonda precedente. Ciò rende più “asiatico” lo spazio, che vede in corsa anche il Giappone, con la sonda Slim e la Cina, che l’anno prossimo spedirà Chang’è-6 sulla Luna.
docking della sonda Chang’e 5 – Author 中国新闻社File:Chang’e 5 docking (6).png – Wikimedia Commons
L’esplorazione dello spazio, tuttavia, potrebbe anche essere il nuovo campo entro il quale sperimentare nuove forme di cooperazione internazionale, non avvelenate da meschini interessi di potere. Già oggi, infatti, nonostante la forte e preoccupante instabilità geopolitica sul nostro pianeta, ai cosmonauti è internazionalmente riconosciuto lo status di ambasciatori di tutta l’Umanità.
Un riconoscimento apparentemente simbolico “… che si spiega in ragione dell’obbligo di condivisione universale dei risultati delle missioni che sono chiamati a compiere…”ii e che permette loro di essere protetti nel caso la situazione geopolitica muti in maniera rilevante durante la loro permanenza nello spazio. È stato il caso, per esempio, della guerra di aggressione scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Mosca partecipa al programma che interessa la Stazione Spaziale Internazionale (SSI) e dai suoi tecnici dipende la correzione dell’orbita del nostro (per ora) più lontano avamposto umano nello spazio. Anche a seguito dei duri comunicati da parte della Roscosmos, il timore era che decenni di collaborazione internazionale fossero arrivati al capolinea, con tutte le conseguenze del caso, come il rientro incontrollato della SSI nell’atmosfera e la sua distruzione al suolo. Invece, il deterioramento delle relazioni diplomatiche tra Russia e USA non ha intaccato il livello di cooperazione a quell’altezza, permettendo all’astronauta statunitense, giunto al termine del suo periodo a bordo della SSI, di rientrare serenamente e in sicurezza con la Soyuz russa, come precedentemente pianificato.
Allo speciale status dei cosmonauti si aggiunge l’Accordo sul salvataggio che, entrato in vigore il 3 dicembre 1968, riflette in buona parte il diritto umanitario e la disciplina delle acque internazionali, estesi allo spazio “…per similitudine e identità di presupposti…”iii.
Quando guardavamo ammirati i telefilm della serie “Star Trek”, sognavamo che un giorno l’umanità potesse esplorare l’universo. Da ragazzi ritenevamo che l’esplorazione scientifica fosse l’unico motore che ci spingeva verso l’ignoto. Oggi sappiamo che l’esplorazione scientifica è una forte molla, che tuttavia ha bisogno di enormi finanziamenti per progredire. La spinta aggiuntiva viene fornita, appunto, dagli interessi economici e dalle esigenze di sicurezza. Per progredire nella conoscenza servono, infatti, enormi investimenti che ben pochi paesi possono affrontare da soli. Ben vengano, quindi, le iniziative politiche europee che permettono al Vecchio Continente di navigare nell’immenso oceano dell’universo, consentendo di cementare vecchie alleanze, di formarne di nuove e contribuendo alle conoscenze ma anche alla sicurezza di tutti noi.
La militarizzazione dello spazio
La consapevolezza dell’importanza dello spazio per gli aspetti di sicurezza e difesa è andata crescendo nel tempo, parallelamente ai progressi tecnologici ottenuti nel campo della missilistica e dell’elettronica. Ciò mette a confronto interessi spesso non coincidenti e tali che anche in ambito Nazioni Unite si fa un’enorme fatica per portare avanti la discussione in ambito COPUOS (Committee on the Peaceful Uses of Outer Space – comitato delle Nazioni Unite per l’uso pacifico dello Spazio extra-atmosferico). Gli interessi di sicurezza in gioco sono enormi.
Oggi lo spazio riveste, infatti, un ruolo fondamentale per l’osservazione del globo terrestre, le telecomunicazioni, i servizi di posizionamento, navigazione e tempistica o per l’intercettazione dei segnali elettromagnetici per attività intelligence.
La militarizzazione dello spazio sta, quindi, procedendo per successivi livelli il primo dei quali è rappresentato da quella linea di Kàrmàn, convenzionalmente posta a 100 km sul livello del mare, che segna il confine tra l’atmosfera terrestre e lo spazio esterno. Un confine che i missili ipersonici impiegano per raggiungere la loro velocità massima e mettere in difficoltà i sistemi di difesa avversari.
Salendo in quota assistiamo a una sempre più affollata e competitiva orbita bassa, che si sta riempiendo di satelliti per la raccolta di informazioni, la sorveglianza e le telecomunicazioni, rendendo la fascia intorno ai 2.000 km di quota molto simile al traffico dell’ora di punta nel centro di una megalopoli. In tale fascia di quota si stanno rivelando sempre più efficaci le attività anti-satellite come le interferenze da parte di altri satelliti e le operazioni ostili cibernetiche gestite da appositi centri a terra. Si stanno, inoltre, sviluppando sempre più spinte capacità di distruzione di satelliti condotte da terra, al momento impiegate per la distruzione di propri satelliti obsoleti o esausti, ma potenzialmente in grado di colpire i satelliti avversari.
E qui sorge un altro problema, che potenzialmente interessa tutti. I satelliti finora distrutti da cinesi, russi e indiani hanno, infatti, prodotto migliaia di frammenti che si aggiungono ai rottami vaganti e mettono in pericolo le altre strumentazioni orbitanti, diventate ormai fondamentali in moltissimi settori, e ciò contribuisce a rendere tutto il traffico locale ancora più caotico. Secondo alcune previsioni questa fascia di quota potrebbe un giorno essere talmente piena di satelliti e detriti da accrescere il pericolo di collisioni e di rientro incontrollato dei rottami in atmosfera, oltre che rappresentare un vero e proprio muro, in grado di rendere estremamente difficoltoso (o anche impossibile) il passaggio verso quote più alte e verso lo spazio. Una sorta di carcerazione autoinflitta.
Un pò più in quota si arriva nel congestionato “regno” del geostazionario, ovvero dove trovano sistemazione i satelliti (prevalentemente per intelligence e telecomunicazioni) che mantengono fissa la loro posizione sopra l’equatore. A 36.000 km di quota ciò permette di “illuminare” circa il 50% della superficie terrestre. Una quota talmente ambita che alcuni paesi della fascia equatorialeiv nel 1976 si sono auto dichiarati proprietari di quella fascia di spazio “ … in quanto Stati equatoriali della porzione di orbita geostazionaria su cui il loro territorio si proietta verticalmente…”v. Inutile dire che tali avventurose rivendicazioni non hanno avuto alcun riconoscimento internazionale.
Si arriva poi alla Luna, sempre più oggetto del desiderio di USA, Cina e oggi anche India, con la Russia che vorrebbe tornare a giocare un ruolo rilevante su quello scacchiere. Come detto, il nostro satellite rappresenta sia una piattaforma strategica per gestire gli equilibri (e il primato) sulla Terra sia un naturale trampolino di lancio verso nuovi obiettivi (leggi Marte, per ora).
Da parte sua, la NATO ha ufficialmente riconosciuto lo spazio come quinto dominio strategico-operativo, affiancandolo a quelli terrestre, marittimo, aereo e cyber. Ciò comporta la possibilità di attivare la clausola di difesa collettiva, prevista dall’articolo 5 del Trattato, anche in caso di attacchi verso, da o all’interno dello spazio. Dal 2019 la NATO ha, inoltre, adottato una specifica Space policy, il cui approccio mira a considerare lo spazio tra gli interessi fondamentali dell’Alleanza e quasi tutti i suoi membri si sono dotati di organismi militari dedicati alla gestione del settore.
In estrema sintesi, la futura egemonia planetaria si giocherà anche nello spazio, e ciò induce a una crescente militarizzazione oltre l’atmosfera, con tentativi di appropriarsi di nuove zone di influenza. Il dominio spazio, con la costante crescita della sua importanza per i settori della difesa e della sicurezza, rappresenta una sfida non solo per l’ordine mondiale, ma anche per la nostra difesa nazionale, tant’è che il 7 luglio 2022 il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica ha approvato la “Relazione sul dominio aerospaziale, quale nuova frontiera della competizione geopolitica”. In tale ambito, la Strategia nazionale di sicurezza per lo Spazio mette insieme gli indirizzi del Governo e del “Documento strategico spaziale” ed è mirata al potenziamento delle capacità di protezione delle infrastrutture nazionali e all’acquisizione di capacità di prevenzione, dissuasione e difesa. L’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, partecipa alle sedute del “Comitato interministeriale per le politiche relative allo Spazio e all’Aerospazio” (COMINT), fornisce il supporto tecnico-scientifico sia al presidente del Consiglio dei ministri (o al suo delegato) che al COMINT.
Renato Scarfi
pubblicato originariamente su DIFESAONLINE
Spazio: Geopolitica, Economia e Difesa – Difesa Online
se non diversamente attribuito, credito immagini NASA
Note
ii Veronica Moronese, Il salvataggio degli astronauti nello scenario della new space economy, su Rivista Coelum
iii ibidem
iv Colombia, Brasile, Ecuador, Indonesia, Kenya, Uganda e Repubblica Democratica del Congo (allora Zaire).
vSpace oddities, su Limes 12/2021
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è un ufficiale pilota della Marina Militare della riserva. Ha frequentato il corso Normale dell’Accademia Navale e le scuole di volo della Marina Statunitense dove ha conseguito i brevetti di pilotaggio d’areo e d’elicottero. Ha ricoperto incarichi presso lo Stato Maggiore della Difesa, il Comando Operativo Interforze, lo Stato Maggiore della Marina, la Rappresentanza militare italiana presso la NATO a Bruxelles, dove si è occupato di strategia marittima e di terrorismo e, infine, al Gabinetto del Ministro della Difesa, come Capo sezione relazioni internazionali dell’ufficio del Consigliere diplomatico. E’ stato collaboratore della Rivista Marittima e della Rivista informazioni della Difesa, con articoli di politica internazionale e sul mondo arabo-islamico. È laureato in scienze marittime e navali presso l’Università di Pisa e in scienze internazionali e diplomatiche presso l’Università di Trieste e ha un Master in antiterrorismo internazionale. È autore dei saggi “Aspetti marittimi della Prima Guerra Mondiale” e “Il terrorismo jihadista”
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